GLI “ARSENALI” DELLE GRANDI BANCHE D’AFFARI USA PUNTANO DI NUOVO I LORO MISSILI “TOSSICI” SUL MONDO

Morya Longo per Il Sole 24 Ore

Le grandi banche d'affari americane sono tornate a fabbricare «Cdo»: quelle obbligazioni "salsiccia" che nel 2007 per prime si meritarono l'appellativo di «titoli tossici». Gli investitori che si indebitano per comprare azioni a Wall Street sono aggressivi come nel 2007. I fondi di private equity mondiali sono tornati a strapagare le aziende per comprarle. I mercati finanziari - secondo i calcoli del Sole 24 Ore - valgono oggi circa 740mila miliardi di dollari: circa 20mila miliardi in più rispetto ai picchi del 2007.

Dieci volte più del Pil mondiale. Insomma: la finanza speculativa, gigantesca, prorompente è tornata. Anzi, non se n'è mai andata. Quel mostro che nel 2007 si mangiò l'economia reale ruggisce ancora. Il problema è che oggi, se scoppiasse una crisi sistemica, gli Stati non avrebbero più molte munizioni per combatterla: sono pieni di debiti.

Finanza ruggente
Sono i numeri a parlare. I derivati, quegli strumenti che il finanziere Warren Buffett definì «armi di distruzione di massa», sono oggi molti più di quelli che nel 2007 furono considerati con-cause della crisi: oggi - calcola la Bri - ammontano a 633mila miliardi di euro (valore nozionale), contro i 596mila miliardi del 2007.

Anche le cartolarizzazioni, che per anni sono state criminalizzate, sono oggi più voluminose rispetto agli anni "ruggenti": in Europa il loro volume - secondo i dati Afme - è cresciuto di quasi 500 miliardi di euro, come negli Usa. È vero che una grande parte di questi volumi è costituito da auto-cartolarizzazioni (cioè non vendute sul mercato), ma la crescita resta elevata. Anche le Borse sono quasi tornate, a livello globale, sui massimi del 2007.

Ma quello che più preoccupa sono i comportamenti. Non i numeri. Ieri il Wall Street Journal ha scritto che JP Morgan e Morgan Stanley stanno tornando ad assemblare i Cdo sintetici (Collateralized debt obligations). Si tratta di quelle obbligazioni costruite impacchettando titoli di varia natura (mutui, bond aziendali, titoli vari), che nel 2007 sparpagliarono i rischi americani in giro per il mondo.

Decine di Enti locali europei andarono vicini al fallimento per colpa dei Cdo. Persino un convento di frati italiano finì gambe all'aria per i Cdo. Ebbene: stanno tornando. Per un motivo desolante: siccome sono ad alto rischio e offrono buoni rendimenti, gli investitori sono tornati a chiederli. E le banche d'affari stanno pensando di riaprire le fabbriche.

Non solo. I fondi di private equity - secondo i dati calcolati da Advanced Capital per il Sole 24 Ore - sono tornati a strapagere le aziende che acquistano. In Europa per rilevarle sborsavano nel 2007 mediamente un prezzo pari a 9,7 volte il margine operativo lordo. Troppo, si diceva allora. Una bolla. Ebbene: oggi il prezzo medio delle acquisizioni in Europa è 9,5 volte il mol. Praticamente identico.

Si è un po' ridotto il livello di debito di queste operazioni, ma per il resto tutto è uguale. «La possibilità di ottenere credito per realizzare acquisizioni, i tassi molto bassi e le condizioni generali sono tornate simili a quelle del 2007», spiega Gregg Lemkau, co-responsabile M&A di Goldman Sachs.

Eppure nel 2007 tutti giuravano che tale esuberanza non sarebbe mai tornata.
Per non parlare degli investitori che si indebitano per comprare azioni a Wall Street: sono tanti quanti nel 2007. Tutto sembra come nel 2007. Quelli che sembravano errori, oggi sono tornati "virtù". Quelli che erano «titoli tossici», oggi sono «titoli con rendimenti appetibili».

Rischio sistemico o no?
Ma qualche differenza rispetto al 2007 c'è. Ben più ridimensionato, rispetto al 2007, è il settore bancario. Bersagliate da normative sempre più stringenti, le banche oggi sono ben più "sobrie": così "sobrie" che in Europa non riescono più a erogare crediti. La leva finanziaria (indicatore che mostra la loro rischiosità) è dimezzata in America e ridotta notevolmente in Europa. Il problema è che mentre dimagriscono le banche, imbrigliate dalle nuove regole, si ingrassa il sistema finanziario non-bancario. In gran parte esente da regole. O soggetto a norme ancora troppo lasche.

È il cosiddetto «shadow banking»: tutto quel marasma composto da titoli quotati fuori-Borsa, da fondi speculativi, da veicoli strutturati e da tutti i soggetti non bancari che operano sui mercati. Un mondo che nel 2007 - secondo il Financial Stability Board - valeva 62mila miliardi di dollari e che oggi (a fine 2011 in realtà) vale 67mila miliardi. «Se un giorno dovesse scoppiare una nuova crisi - osserva Patrick Artus, global chief economist di Natixis - difficilmente nascerà dal settore bancario. A preoccupare è invece la finanza non bancaria». Quel mondo opaco che l'Unione europea e gli Usa ora vogliono regolamentare maggiormente. Forse con un "pizzico" di ritardo...

Se tutto questo possa portare a crisi sistemiche, come quelle vissute nel 2007, nessuno può saperlo. Tanti pensano di no. Quello che sappiamo, però, è che se qualcosa accadesse, gli Stati non avrebbero più molte munizioni per combattere gli effetti che potrebbero prodursi sull'economia reale. I debiti pubblici ammontavano infatti nel mondo a 28.974 miliardi di dollari nel 2007, e oggi sono arrivati a 50.731 miliardi. Insomma: le cartucce sono state tutte sparate. E anche le banche centrali, che non sanno più cosa inventare, ne hanno sparate tante. Restano solo cornetti e amuleti.

 

DERIVATIDERIVATIWALL STREET wallstreet

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni daniela santanche galeazzo bignami matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ, LA PATATA BOLLENTE DEL MINISTRO DEL TURISMO RINVIATO A GIUDIZIO È SUL PIATTO DELLA DUCETTA CHE VORREBBE PURE SPEDIRLA A FARE LA BAGNINA AL TWIGA, CONSCIA CHE SULLA TESTA DELLA “SANTA” PENDE ANCHE UN EVENTUALE PROCESSO PER TRUFFA AI DANNI DELL’INPS, CIOÈ DELLO STATO: UNO SCENARIO CHE SPUTTANEREBBE INEVITABILMENTE IL GOVERNO, COL RISCHIO DI SCATENARE UN ASSALTO DA PARTE DEI SUOI ALLEATI AFFAMATI DI UN ''RIMPASTINO'', INDIGERIBILE PER LA DUCETTA - DI PIU': C’È ANCORA DA RIEMPIRE LA CASELLA RESA VACANTE DI VICE MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, OCCUPATA DA GALEAZZO BIGNAMI…

donald trump joe biden benjamin netanyahu

DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI ECONOMICA, POTERI TRADIZIONALI E GUERRA VANNO A SCIOGLIERSI DENTRO L’AUTORITARISMO RAMPANTE DELLA TECNODESTRA DEI MUSK E DEI THIEL, LA SINISTRA È ANNICHILITA E IMPOTENTE - UN ESEMPIO: L’INETTITUDINE AL LIMITE DELLA COGLIONERIA DI JOE BIDEN. IL PIANO DI TREGUA PER PORRE FINE ALLA GUERRA TRA ISRAELE E PALESTINA È SUO MA CHI SI È IMPOSSESSATO DEL SUCCESSO È STATO TRUMP – ALL’IMPOTENZA DEL “CELOMOLLISMO” LIBERAL E BELLO, TUTTO CHIACCHIERE E DISTINTIVO, È ENTRATO IN BALLO IL “CELODURISMO” MUSK-TRUMPIANO: CARO NETANYAHU, O LA FINISCI DI ROMPERE I COJONI CON ‘STA GUERRA O DAL 20 GENNAIO NON RICEVERAI MEZZA PALLOTTOLA DALLA MIA AMMINISTRAZIONE. PUNTO! (LA MOSSA MUSCOLARE DEL TRUMPONE HA UN OBIETTIVO: IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA, MOHAMMED BIN SALMAN)

giorgia meloni tosi matteo salvini luca zaia vincenzo de luca elly schlein

DAGOREPORT - MENTRE IL PD DI ELLY, PUR DI NON PERDERE LA CAMPANIA, STA CERCANDO DI TROVARE UN ACCORDO CON DE LUCA, LEGA E FRATELLI D’ITALIA SONO A RISCHIO DI CRISI SUL VENETO - ALLE EUROPEE FDI HA PRESO IL 37%, LA LEGA IL 13, QUINDI SPETTA ALLA MELONI DEI DUE MONDI - A FAR GIRARE VIEPPIÙ I CABASISI A UN AZZOPPATO SALVINI, IL VELENO DI UN EX LEGHISTA, OGGI EURODEPUTATO FI, FLAVIO TOSI: ‘’IL TERZO MANDATO NON ESISTE, ZAIA NON HA NESSUNA CHANCE. TOCCA A FDI, OPPURE CI SONO IO”

emmanuel macron ursula von der leyen xi jinping donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT – PER TRUMP L'EUROPA NON E' PIU' UN ALLEATO MA SOLO UN CLIENTE PER IMPORRE I SUOI AFFARI - ALL’INAUGURATION DAY CI SARÀ SOLO GIORGIA (QUELLA CHE, TRUMP DIXIT, "HA PRESO D'ASSALTO L'EUROPA") MA NON URSULA VON DER LEYEN - CHE FARE DI FRONTE ALL'ABBANDONO MUSK-TRUMPIANO DI UNA CONDIVISIONE POLITICA ED ECONOMICA CON I PAESI DELL'OCCIDENTE? - CI SAREBBE IL PIANO DRAGHI, MA SERVONO TANTI MILIARDI E VOLONTÀ POLITICA (AL MOMENTO, NON ABBONDANO NÉ I PRIMI, NÉ LA SECONDA) - L’UNICA SOLUZIONE È SPALANCARE LE PORTE DEGLI AFFARI CON PECHINO. L'ASSE EU-CINA SAREBBE LETALE PER "AMERICA FIRST" TRUMPIANA

giancarlo giorgetti francesco miller gaetano caltagirone andrea orcel nagel

DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET  SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER AVVANTAGGIARE IL LEONE DI TRIESTE NEL RICCO MERCATO DEL RISPARMIO GESTITO. MA LA JOINT-VENTURE CON I FRANCESI IRRITA NON SOLO GIORGETTI-MILLERI-CALTAGIRONE AL PUNTO DI MINACCIARE IL GOLDEN POWER, MA ANCHE ORCEL E NAGEL - PER L'AD UNICREDIT LA MOSSA DI DONNET È BENZINA SUL FUOCO SULL’OPERAZIONE BPM, INVISA A PALAZZO CHIGI, E ANCHE QUESTA A RISCHIO GOLDEN POWER – MENTRE NAGEL TEME CHE CALTA E MILLERI SI INCATTIVISCANO ANCOR DI PIU' SU MEDIOBANCA…

papa francesco spera che tempo che fa fabio fazio

DAGOREPORT - VOCI VATICANE RACCONTANO CHE DAL SECONDO PIANO DI CASA SANTA MARTA, LE URLA DEL PAPA SI SENTIVANO FINO ALLA RECEPTION - L'IRA PER IL COMUNICATO STAMPA DI MONDADORI PER LA NUOVA AUTOBIOGRAFIA DEL PAPA, "SPERA", LANCIATA COME IL PRIMO MEMOIR DI UN PONTEFICE IN CARICA RACCONTATO ''IN PRIMA PERSONA''. PECCATO CHE NON SIA VERO... - LA MANINA CHE HA CUCINATO L'ENNESIMA BIOGRAFIA RISCALDATA ALLE SPALLE DI BERGOGLIO E' LA STESSA CHE SI E' OCCUPATA DI FAR CONCEDERE DAL PONTEFICE L'INTERVISTA (REGISTRATA) A FABIO FAZIO. QUANDO IL PAPA HA PRESO VISIONE DELLE DOMANDE CONCORDATE TRA FABIOLO E I “CERVELLI” DEL DICASTERO DELLA COMUNICAZIONE È PARTITA UN’ALTRA SUA SFURIATA NON APPENA HA LETTO LA DOMANDINA CHE DOVREBBE RIGUARDARE “SPERA”…