NON E’ PIU' L’ORA DELL’ORO - I COLOSSI DELL’OROLOGERIA SVIZZERA DI LUSSO (ROLEX, OMEGA, CARTIER) SI LECCANO LE FERITE: -3,3% DI FATTURATO NEL 2015 - LA CINA E’ FERMA E LORO LICENZIANO I DIPENDENTI E PUNTANO SULL’ACCIAIO: MENO COSTOSO E A PORTATA DELLE CLASSI MEDIE
Augusto Veroni per “Corriere Economia - Corriere della Sera”
CINDY CRAWFORD CON IL PRESIDENTE DI OMEGA STEPHEN URQUHART
Nel 2015 la Svizzera ha esportato circa 28 milioni d' orologi per un fatturato complessivo di 21,5 miliardi di franchi svizzeri (quasi 20 miliardi di euro). Di questi 28 milioni, circa 22 montano movimenti al quarzo e 6 movimenti meccanici, quelli più costosi e pregiati. Non a caso l' 80% del fatturato nasce proprio dagli orologi meccanici.
Dei 6 milioni d' orologi meccanici circa 3 vengono esportati dalle tre marche su cui, di fatto, l' industria orologiera svizzera si fonda: Rolex, Omega e Cartier, in ordine (presunto, dal momento che nessuno rilascia cifre precise) di «peso».
LE CIFRE
Il 2015 è stato un anno durissimo per le esportazioni svizzere d' orologi: le cifre secche (-3,3% di fatturato complessivo, -2% per i meccanici) nascondono il fatto che a crollare è stata Greater China: Hong Kong, il maggior mercato, ha subito un calo del 22,9%, e la Cina (terzo mercato) del 4,7%.
Ma il vero problema nasce dal fatto che i negozi di Greater China sono pieni d' orologi invenduti, il che vuole dire enormi cifre immobilizzate che impediscono qualunque ripresa. Non a caso i primi due mesi dell' anno confermano il calo e fanno dire a persone come Stephen Urquhart, presidente di Omega, che la tendenza al ribasso è ben lontana dall' arrestarsi.
Servirà, del resto, almeno un anno per «ripulire» i negozi dagli invenduti, ritirandoli per poi spedirli nelle più grandi città di provincia, presumibilmente nella stessa Cina e in Russia.
Le prime reazioni dell' industria svizzera sono quelle già sperimentate in occasione di altre crisi: taglio della produzione e licenziamenti di personale, intorno al 10%, per far fronte alla situazione.
A questi si aggiungono altre misure, come il taglio drastico delle boutique monomarca nei Paesi in maggior sofferenza. Nelle prime due fiere dell' anno si è poi notato un taglio netto del numero di nuovi orologi presentati: serve a non aggravare la situazione già asfittica dei negozi, ma al tempo stesso costituisce un' ulteriore causa di rallentamento del mercato.
LE PROPOSTE
Osservando il comportamento dei tre maggiori attori si nota un importantissimo elemento in più: sta iniziando la «guerra dell' acciaio». Già in gennaio Cartier aveva presentato Drive, un bel maschile che, contrariamente al solito, viene subito offerto nella versione d' acciaio a circa 6mila euro.
A Basilea arriva la vivacissima risposta di Rolex: Air King e il nuovo Explorer (rispettivamente poco meno e poco più di 6mila euro), cui si aggiungono la versione in acciaio del cronografo Daytona e quella in acciaio e oro di un Oyster con il nuovo movimento di manifattura: vuol dire che Rolex è già pronta a produrre grandi numeri del nuovo movimento e potrebbe, magari il prossimo anno - se lo ritenesse opportuno - proporlo anche nella versione tutto acciaio.
Per quanto riguarda Omega, il marchio del gruppo Swatch aveva già anticipato questa tendenza concentrandosi proprio sui modelli con cassa d' acciaio o materiali comunque non particolarmente preziosi.
È chiaro, quindi, che l' obiettivo non è più tanto il mercato di vertice (del resto la lotta alla corruzione, in Cina, ha portato a un drastico ridimensionamento degli orologi maschili con brillanti, così amati dai mercati orientali) quanto la middle class da cui i tre grandi marchi evidentemente prevedono un positivo ritorno.
Una middle class che solo in Cina vale circa 600 milioni di persone, cui si potrebbero aggiungere gli almeno 300 milioni dell' Occidente, fino ad oggi bastonati dai governi e dal mercato.
La «guerra dell' acciaio» è destinata a condizionare il mercato dell' orologeria svizzera per i prossimi anni e lascerà sul campo morti e feriti perché non tutti sono pronti a combatterla: alcune marche hanno troppo puntato sul desiderio cinese di lusso e già si preparano a una non incruenta ritirata.
timothy drake con orologio cartier
Almeno in questo caso, però, sarà facile capire chi vince e chi perde: basterà tener d' occhio gli investimenti in promozione per rendersi conto di chi ha fieno in cascina e chi no. D' altra parte, l' orologeria, come tutti i settori che producono oggetti di non prioritaria essenzialità, si è sempre fondata sulla comunicazione. C' è già chi affila le armi.
Jean-Claude Biver (cui è delegato il settore orologeria del gruppo Lvmh) avverte di voler incrementare gli investimenti perché proprio in periodi come questo è possibile conquistare nuove quote di mercato ai danni di chi è costretto a tagliarli.
E nello studio di Nick Hayek, amministratore delegato di Swatch, campeggia, fin da quando nello studio era insediato il padre, la massima di Henry Ford: «Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come fermasse l' orologio per risparmiare tempo».