1. DOPO IL “COLPO DI MANO” DELLA (S)VENDITA DEL PALAZZO DI VIA SOLFERINO, SEDE STORICA DEL CORRIERONE AL FONDO SPECULATIVO BLACKSTONE I GIORNALISTI MINACCIANO DI TRASCINARE IN TRIBUNALE IL PRESIDENTE BOCCONIANO ANGELO PROVASOLI, E L’AMMINISTRATORE DELEGATO CARO AL COMANDO DI KAKY ELKANN, PIETRO SCOTT JOVINE 2. E PARLANO DI UNO “SFREGIO INACCETTABILE” ALL’IMMAGINE DEL GIORNALE SOLLECITANDO UNA PRESA DI POSIZIONE “FORTE” AL DIRETTORE FLEBUCCIO DE BORTOLI (CIAO CORE!) 3. SECONDO IL CDR "SVENDERE UN IMMOBILE DI PREGIO NEL CENTRO DI MILANO PER POI RIAFFITTARLO A UN PREZZO CHE IN POCHI ANNI RESTITUISCE GRAN PARTE DEL CAPITALE INCASSATO, È ESATTAMENTE CIÒ CHE NON FAREBBE QUALUNQUE PERSONA DI BUON SENSO" 4. UN INTRICO DI CONFLITTI DI INTERESSE CHE TOCCA SOGGETTI AZIONISTI DI GIORNALI CONCORRENTI (FIAT-“STAMPA”) E SOCIETÀ NELLO STESSO TEMPO AZIONISTI E CREDITORI DI RCS (INTESA SANPAOLO). E L'ADVISOR DELL’AFFARE, BANCA IMI, FA PARTE PROPRIO DI INTESA

DAGOREPORT

Dopo trent'anni l'ufficiale giudiziario è tornato a bussare al portone di via Solferino nel giorno della ratifica da parte del consiglio d'amministrazione della (s)vendita della sede storica del "Corriere della sera".
Perché di svendita al ribasso si tratta, non di altro.

Così, su iniziativa (tardiva) del sindacato dei giornalisti, ai consiglieri "liquidatori" del patrimonio Corriere ieri è stata fatta notificare, per vie legali, una diffida formale a non alienare un "patrimonio della società".

E' stato questo il primo passo, secondo il comitato di redazione, per l'avvio in tribunale di un'azione di responsabilità nei confronti degli attuali amministratori presieduti dal solito bocconiano "à la carte" , Angelo Provasoli.

La minaccia non ha fermato, però, l'azione "rottamatrice" (di uomini e cose) dell'amministratore delegato, Pietro Scott Jovine, che tra l'altro non godrebbe più della fiducia di alcuni ex "pattisti" e agirebbe solo in combutta con la Fiat del nipote Elkann.

Nella redazione che ha incassato l'ennesimo schiaffone aziendale, si può raccogliere allora tanta rabbia e dolore dopo il "colpo di mano" posto in atto dall'azienda. E si sollecita una presa di posizione, stavolta davvero "forte", del direttore Flebuccio de Bortoli. In un comunicato diffuso dal Comitato di redazione si ribadisce che la vendita degli immobili è: "un atto folle dal punto di vista finanziario e uno sfregio inaccettabile all'identità del Corriere della Sera".

Secondo il Cdr "svendere un immobile di pregio nel centro di Milano per poi riaffittarlo a un prezzo che in pochi anni restituisce gran parte del capitale incassato, è esattamente ciò che non farebbe qualunque persona di buon senso".

La vendita, inoltre, costituisce "un danno permanente allo stato patrimoniale del gruppo" che peserà - prosegue la nota sindacale - nel medio-lungo periodo sulla solvibilità del gruppo. Di qui la decisione di continuare a percorrere tutte le strade per promuovere un'azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri che hanno approvato la delibera, senza escludere anche eventuali esposti alla magistratura.

Per poi concludere: "Fin d'ora è chiaro che l'operazione mette in luce un intrico di conflitti di interesse che tocca soggetti azionisti di giornali concorrenti (ed è il caso della Fiat) e società nello stesso tempo azionisti e creditori di Rcs (ed è il caso di Intesa Sanpaolo). Senza contare il fatto che l'advisor dell'operazione, Banca Imi, fa parte proprio di Intesa SanPaolo".

Dunque, i giornalisti del Corriere non sembrano desistere dal portare i propri azionisti in tribunale. Ma anche il sindaco di Milano il silente (e convivente?) Giuliano Pisapia dovrebbe far conoscere qual è il suo parere nel vedere uno dei luoghi storici della città abbandonato al suo destino (urbanistico) proprio alla vigilia dell'Expo.
Anche perché le vie legali non sono di quelle strade che si prendono a cuor leggero e tutti i giorni.

Era l'agosto dall'agosto del 1982, scandalo Rizzoli-P2, quando per la prima volta nella sua storia centenaria la prestigiosa testata fu costretta a portare i libri in tribunale e a ricorrere all'amministrazione controllata.

Il paragone con il passato sicuramente è improprio e azzardato, ma la cessione degli immobili annunciati dal Cda dell'Rcs in zona San Marco-Solferino che ospitano Corriere-Gazzetta è destinata a non risolve neppure gli urgenti problemi di liquidità dell'azienda. Che già si è "mangiata" il sostanzioso aumento di capitale sottoscritto dagli azionisti (in rotta) nell'estate scorsa. E finito in gran parte alle banche azioniste-creditrici.

Nella fotografia scattata recentemente dall'ufficio studi di Mediobanca (secondo azionista del gruppo) dopo le disastrate Telecom e Finmeccanica, l'Rcs occupa il terzo posto tra le società più esposte nei rapporto perdite-fatturato (-831 milioni di euro).

La (s)vendita del "mattone Corriere", come sostengono anche alcuni azionisti di riferimento (Cairo e Pandette) finirebbe per essere solo l'ultimo atto di tante altre scelte e gestioni irresponsabili, se non peggio: investimenti sbagliati (Recoletos in Spagna); ampliamento faraonico della sede nobile di via Solferino all'inizio anni Novanta (studio Gregotti); realizzazione della Torre Boeri a Crescenzago (finora una cattedrale nel deserto) nel 2008.

E anni e anni di sprechi (oltre 100 milioni di euro ai manager in uscita) con una governance che fino all'anno scorso pesava sul bilancio (in rosso) per oltre 10 milioni di euro.

Per dare un'idea della sciagurataggine degli amministratori e dei "pattisti" (tutti) che ne hanno suggerito le imprese: da Abramo Bazoli a Dieguito Della Valle, la sede vecchia e nuova del Corrierone di via Solferino-San Marco (oltre 2.300 metri quadrati) oggi viene ceduta al fondo speculativo americano Blackstone per 120 milioni di euro.

Una cifra che è pari (se non inferiore) a quanto l'Rcs ha pagato solo per l'ampliamento e il restyling della sua gloriosa fabbrica.

 

 

 

 

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