MARPIONNE, SGANCIA IL LINGOTTO - IL SINDACATO DEI METALMECCANICI CHRYSLER TIRA LO SCHERZETTO ALL’IMPULLOVERATO: VUOLE METTERE SUL MERCATO LE SUE AZIONI DELLA CASA DI DETROIT (16,6%) PER RIFINANZIARE IL FONDO PENSIONE DEGLI EX LAVORATORI - SE QUELLE QUOTE FINISSERO A TERZI, LA FUZIONE CON FIAT ENTRO IL 2015 SI COMPLICHEREBBE - MA LA MOSSA È SOLO UN MODO PER COSTRINGERE IL LINGOTTO A COMPRARLE A “PREZZO EQUO”…
Salvatore Cannavò per il "Fatto quotidiano"
à una guerra sottile e invisibile quella che si gioca tra la Chrysler, l'azienda automobilistica controllata dalla Fiat e di cui Sergio Marchionne è amministratore delegato, e il sindacato dei metalmeccanici Usa, Uaw. Oltre a essere la controparte sindacale di Marchionne, infatti, l'Uaw attraverso il suo fondo sanitario, Veba, detiene una importante quota minoritaria della Chrysler, il 41,5%, immobilizzata dal 2008, quando l'organizzazione diretta da Bob King spalleggiò il salvataggio dell'automobile da parte di Barack Obama intervenendo con fondi propri per salvare Chrysler e General Motors.
Da tempo l'Uaw ha bisogno di far rientrare quel capitale per tenere in equilibrio i conti del fondo e garantire ai suoi assistiti, che sono esclusivamente i lavoratori in pensione, i costi sostenuti per benefit assicurativi, sussidi di disoccupazione, cure mediche e altro ancora.
IERI la Fiat ha reso noto che il fondo Veba ha presentato una domanda di registrazione del 16,6% delle proprie azioni. La registrazione è un passaggio tecnico-amministrativo propedeutico alla offerta pubblica delle azioni medesime (Ipo) cioè al collocamento sul mercato. Non la rende automatica, dipende cioè dalle deliberazioni della Sec, la Consob americana, ma secondo i commentatori statunitensi di autonews.com la mossa Uaw è stata una forma di pressione affinché la Fiat riacquisti le quote in mano al sindacato a un prezzo equo.
E, come vedremo, la questione della valutazione di Chrysler è la variabile decisiva di questa storia.. Va anche detto che la vendita ad azionisti terzi di una quota della Chrysler, spiega ancora il giornale online statunitense, complicherebbe il piano di Marchionne "di fondere la Fiat e la Chrysler entro il 2015". La questione è molto complessa e valutazioni tecniche si mescolano alle strategie aziendali e finanziarie.
Quando firmò l'accordo con il sindacato la Fiat sottoscrisse un lunghissimo contratto in cui, tra mille dettagli, siglava un accordo di "call option" con l'Uaw. "Call option", cioè diritto ad acquistare prioritariamente una parte delle azioni possedute dal fondo Veba (il 40 per cento del 41,5 nelle mani dell'Uaw, pari al 16,6% totale) tra il 1 luglio 2012 e il 30 giugno 2016. L'accordo prevedeva ancora che la Fiat può acquistare una quota definita, il 3,32 per cento, ogni sei mesi.
La prima opzione è stata esercitata nel 2012 e attorno a questa opzione è nato il primo contenzioso. Per quella quota, infatti, la Fiat ha offerta al fondo Veba 139,7 milioni di dollari stimando così il valore totale della compagnia in 4,2miliardi di dollari. Il fondo Veba, invece, ne ha chiesti 343 milioni, più del doppio, per una valutazione complessiva di 10,3 miliardi (parliamo sempre di dollari). Riportata sul 41,5% detenuto dal sindacato si tratta di una differenza di 2,5 miliardi a svantaggio dei lavoratori capeggiati da Bob King. Ecco perché le parti hanno deciso di ricorrere al tribunale del Delaware che si pronuncerà entro il primo trimestre 2013.
Con il nuovo anno, però, è scattata l'opzione per una seconda tranche, sempre del 3,32%, acquistabile da Fiat. Stavolta, però, il Lingotto ha alzato la posta e ha offerto al sindacato 198 milioni di euro. Da Veba non c'è stata alcuna risposta ma ieri, a sorpresa, è venuta la richiesta della registrazione delle azioni e quindi della possibile vendita sul mercato di. Nel caso di risposta positiva da parte delle autorità di controllo le azioni collocabili sul mercato da parte del fondo sanitario potrebbero arrivare al 24,5% della Chrysler, tenuto fermo il 16,6 su cui Fiat esercita l'opzione e che non può essere venduto.
In Fiat minimizzano la vicenda sostenendo che si tratta del semplice esercizio di diritti sanciti dagli accordi siglati nel 2009: "Non c'è nessuna lotta all'ultimo sangue" commentano al Lingotto. A spiegare però il senso dell'operazione è il Wall Street Journal che motiva la domanda di registrazione come un modo per "forzare la Chrysler a cercare una valutazione sul mercato" in modo che l'Uaw possa avere una leva a proprio favore.
Il quotidiano finanziario riporta due differenti valutazioni di Chrysler: la prima, di Morningstar, che valuta l'azienda di Auburn Hills in 13,5 miliardi di dollari e la seconda della Ubs (la banca svizzera di cui Marchionne è stato vicepresidente) che offre una stima di 9 miliardi di dollari. Cifre più simili a quelle del sindacato che a quelle della Fiat.
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