ANCHE I TEDESCHI BARANO – LA RESA DELL’AD WINTERKORN: “VOLKSWAGEN HA BISOGNO DI UN NUOVO INIZIO” – “SONO SCIOCCATO DA IRREGOLARITÀ DI SIMILI PROPORZIONI, NON NE SAPEVO NULLA” – ANCHE IL GOVERNO DELLA MERKEL NEGA DI ESSERE STATO A CONOSCENZA DEL DIESELGATE
1.LE DIMISSIONI DI WINTERKORN
da “ilsole24ore.com”
Alla fine l'amministratore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, ha annunciato le dimissioni dopo un confronto durato ore con i membri del board della compagnia di Wolfsburg. «Volkswagen ha bisogno di un nuovo inizio e sto aprendo la strada a questo nuovo inizio con le mie dimissioni», si legge in una nota diffusa dal manager tedesco, le cui dimissioni sono state accettate dal Consiglio di sorveglianza delle casa automobilistica tedesca.
Winterkorn si dice «scioccato dagli eventi dei giorni scorsi» e «dal fatto che irregolarità di tali proporzioni siano state possibili nel gruppo Volkswagen». «Il processo di chiarificazione e trasparenza deve continuare», scrive ancora il manager, che da parte sua nega ogni coinvolgimento diretto nello scandalo della frode sulle emissioni che ha travolto la casa automobilistica tedesca.
MERKEL ENTRA IN UNA GOLF ELETTRICA CON WEN JIABAO E WINTERKORN CAPO DI VOLKSWAGEN
Winterkorn paga lo scandalo della frode sulle emissioni dei motori diesel Usa, che vede Vw sotto inchiesta negli Usa (rischia una supermulta fino a 18 miliardi di dollari) ed è costata all'azienda in Borsa 25 miliardi di euro in due sedute.
Il presidio del consiglio di sorveglianza di Volkswagen ha annunciato una commissione speciale esterna, che indagherà sui responsabili delle manipolazioni dei dati, ma intanto, anche in sede internazionale, resta altissima la tensione attorno alla vicenda: il governo tedesco nega di essere stato a conoscenza delle irregolarità emerse in queste ore, mentre l'Unione europea chiede a tutti i Paesi membri di aprire indagini sui loro mercati e riferire alla Commissione.
2. IL PROFESSORE-MANAGER CHE SOGNAVA DI SORPASSARE LA REGINA TOYOTA
Piero Bianco per “la Stampa”
Adesso che il trono vacilla sull’onda dello tsunami americano, c’è il rischio che il Professore passi alla storia più per lo scandalo e il grande sogno interrotto che per le straordinarie e vincenti campagne condotte finora al timone del colosso Volkswagen. Martin Winterkorn si sentiva invulnerabile dopo aver sconfitto e costretto all’esilio anche il più terribile dei rivali, l’ex amico e «padrino» Ferdinand Piëch.
A 68 anni compiuti, Winterkorn (Ceo del Gruppo dal 2007 al posto di Bernd Pischetsrieder, a sua volta cacciato da Piëch) si sentiva fino a due giorni fa padrone del proprio presente e del futuro universale: in attesa di proroga della leadership fino al 2018, come decretato dal comitato esecutivo del Consiglio di Sorveglianza (la ratifica del board sarebbe stata una formalità). Potente e determinato come mai prima, il re di Wolfsburg, senza più l’ombra ingombrante del supervisore e maxi-azionista nipote di Ferdinand Porsche. Un nemico che però conserva mille risorse e - dicono - si gusta in silenzio la vendetta.
WINTERKORN IPOTESI VOLKSWAGEN ALFA ROMEO
Il futuro Winterkorn lo aveva anticipato di fronte a duemila ospiti una settimana fa, alla vigilia del Salone di Francoforte: «Vetture elettriche, ibride, e connettività totale. Noi andiamo in questa direzione, cambieremo il mondo, dettiamo uno stile di vita». Applausi e la sfilata sul palco di prototipi avveniristici a emissioni zero (come Audi e-tron 4 e Porsche Mission E). Il giorno dopo il Professore aveva incassato il sostegno, che oggi pare imbarazzante, della cancelliera Merkel: «Daremo contributi all’auto pulita». Ora tutto torna in discussione. La leadership, a rischio, e il piano strategico. Come essere credibili se si promettono ricette e prodotti virtuosi dopo aver truffato i clienti proprio sul terreno ecologico?
Martin Winterkorn però non si è ancora arreso e chi gli sta vicino racconta di un manager pronto a rilanciare, se solo gliene daranno l’opportunità. Lui è il mastino che al Salone di Ginevra, due anni fa, si presentò con il metro dentro l’abitacolo di una Hyundai e poi apostrofò il codazzo di ingegneri al seguito: «Perché noi non siamo capaci a fare auto così spaziose?». Quello che nel febbraio 2013 dichiarò a Spiegel: «Guadagno troppo, tagliatemi lo stipendio». Il meccanismo dei compensi legati ai risultati avrebbe fatto lievitare la cifra da 18,3 a 20 milioni l’anno: «Ma sono eccessivi, la gente non capirebbe ...».
Lui, il Professore cattolico praticante, due figli, laurea a Stoccarda in fisica corredata da dottorati e molteplici lauree honoris causa (sulla sua carta intestata c’è scritto Dott. Prof. Prof - due volte - Multi, perché non ci stanno tutti i titoli accademici...) ora chiede la fiducia presentando i conti. Sotto la sua gestione il colosso di Wolfsburg ha raddoppiato il fatturato, passando da 100 a 202,5 miliardi di euro (+4,2% nel 2014, con utile operativo di 11,7 miliardi). I brand sono cresciuti a 12, con l’acquisizione di Porsche e Ducati, oltre all’Italdesign. Le consegne hanno superato l’anno scorso quota 10 milioni (10,14), tetto che Winterkorn aveva programmato scaramanticamente per il 2018.
Ma non è tutto oro. Winterkorn aveva soprattutto un grande sogno che alla luce della crisi americana rischia di svanire: il manager di Leonberg voleva a ogni costo battere la Toyota, salire sul tetto del mondo: la sua apoteosi, da re a imperatore. Sembrava avercela fatta già a fine 2014, poi i giapponesi rimontarono con un colpo di coda, confermandosi primi nelle vendite per sole 90mila auto. Una beffa che ha indotto Winterkorn a spingere ancora sull’acceleratore: «In Usa dobbiamo fare molto meglio».
Ripresa la corsa, Volkswagen è stato lo scorso giugno per la prima volta nella sua storia il gruppo leader nel semestre iniziale: 5,04 milioni di unità vendute contro 5,02 dei giapponesi. Poi Wolfsburg ha rallentato, e la mazzata ecologica può compromettere nuovamente l’esito finale. Sotto il profilo dei numeri, e ben più dell’immagine.