I VELENI IN ITALIA E IL “GRANO” IN LUSSEMBURGO: LA FUSIONE PERFETTA DELL’ACCIAIO ILVA - EMILIO E FABIO RIVA HANNO NASCOSTO MILIARDI DI EURO DI PROFITTI IN UN VORTICOSO GIRO DI SOCIETA’ ESTERE - PER I PM CHE MIRANO AL “SEQUESTRO PER EQUIVALENTE” SARA’ DURISSIMA SCARDINARE I FORZIERI - SPUNTANO 50 MILIONI “SCUDATI” - CONTROLLORI E CONTROLLATI? IL CASO DELLO STUDIO BISCOZZI-NOBILI - LA PROCURA DI MILANO INDAGA PER FRODE FISCALE…

Vittorio Malagutti per "l'Espresso"

Padrone delle ferriere a chi? L'aria del rude industriale padano non deve ingannare. Il milanesissimo Emilio Riva sarà pure un duro tutto casa e azienda, tanto che anni fa qualcuno gli attribuì (sbagliando) simpatie leghiste. Di sicuro, però, il meccanismo finanziario messo a punto nel tempo dai padroni dell'Ilva non teme confronti con le più sofisticate alchimie studiate dai grandi banchieri internazionali. Ne sanno qualcosa gli investigatori che da mesi stanno cercando di ricostruire i flussi di denaro che in qualche modo fanno capo all'ottuagenario Emilio Riva insieme a figli e nipoti.

I forzieri di famiglia stanno all'estero, ben protetti al riparo di paradisi fiscali come l'Olanda e il Lussemburgo. Del resto il patron Emilio è uomo di mondo. E non solo per lo splendido villone di Cap Ferrat, in Costa Azzurra, da decenni frequentato dalla famiglia. Più di vent'anni fa, alla caduta del Muro, l'imprenditore milanese fu il primo a precipitarsi in Germania Est per rilevare a prezzi di saldo alcune grandi acciaierie del posto.

Un affarone. Ma c'è dell'altro, molto altro. I documenti ufficiali raccontano di movimenti per miliardi tra le società oltrefrontiera targate Riva. Questo denaro serve in buona parte ad alimentare un colosso industriale come l'Ilva, ma risalendo controcorrente il gran fiume dei soldi non è escluso che possano emergere nuove sorprese.

A Torino, per esempio, i controlli dell'Agenzia delle entrate si sono concentrati su un'operazione di rimpatrio che in qualche modo sembra ricondurre ai Riva. Una somma importante, una cinquantina di milioni di euro, è rientrata dall'estero in Italia grazie allo scudo fiscale varato negli anni scorsi dalla premiata coppia Berlusconi-Tremonti.

Quel denaro, anche se formalmente gestito da un professionista, sarebbe in realtà riconducibile ai padroni dell'Ilva. Questo almeno è il sospetto degli ispettori del Fisco nostrano, che nelle settimane scorse hanno messo nel mirino quel movimento anomalo. Resta da vedere se le indagini verranno davvero a capo di qualche irregolarità. In generale, però, l'individuazione del patrimonio dei Riva può rivelarsi fondamentale per quello che in termini giuridici viene definito "sequestro per equivalente".

E cioè le somme che eventualmente potrebbero servire per far fronte al risarcimento per i danni ambientali causati dallo stabilimento di Taranto. Per non parlare dei quattro miliardi che in base al decreto legge varato dal governo saranno necessari per mettere il gigantesco impianto pugliese nelle condizioni di non inquinare.

Intanto però lo scandalo dei veleni che ha travolto l'acciaieria, con gli arresti e il sospetto di mazzette a funzionari pubblici, bastano (e avanzano) per proiettare una luce sinistra sull'impero finanziario di una delle grandi famiglie del capitalismo italiano, imprenditori che negli anni scorsi sono stati in prima linea nel finanziamento a partiti e uomini politici, da Forza Italia a Pier Luigi Bersani, e che ai tempi del governo Berlusconi non si sono fatti pregare per intervenire nel salvataggio di Alitalia, di cui il gruppo Riva (con un investimento di 120 milioni di euro) è di fatto il terzo azionista dopo Air France e il gruppo di società riconducibili a Banca Intesa.

Sarà un caso, ma l'istituto fino a un anno fa guidato dal ministro Corrado Passera si è distinto come uno dei più importanti finanziatori della galassia d'attività della famiglia milanese. Una galassia in continua evoluzione, come dimostrano le novità di queste ultime settimane.

Difficile non notare, infatti, che a partire dalla scorsa estate i Riva hanno messo mano al sistema delle loro holding d'oltreconfine. Scissioni, scorpori, fusioni varate proprio nelle settimane calde dell'inchiesta giudiziaria sull'acciaieria di Taranto, con l'arresto, tra gli altri, di Emilio (ai domiciliari vicino a Varese) e del figlio Fabio, che è fuggito all'estero per evitare il carcere.

La lussemburghese Stahlbeteiligungen holding (d'ora in poi, per semplicità, Stahl holding) ha girato la propria quota nell'Ilva (il 25,3 per cento) alla Siderlux, un'altra società lussemburghese creata in quei giorni dai Riva. Poche settimane prima, invece, a fine luglio, la stessa Stahl holding si era fusa con la controllata Parfinex, anche questa con base nel Granducato.

In cima alla catena societaria troviamo la Utia. Cioè la finanziaria che controlla la quota più rilevante del capitale della Riva fire, la holding italiana della famiglia. Utia ha formalmente sede in Lussemburgo, ma in pratica ha i connotati di una società svizzera. Il suo bilancio è espresso in franchi e lo statuto si basa sulle leggi della Confederazione. Ebbene, il 3 agosto scorso, nel pieno della bufera, Utia ha rafforzato il capitale di 20 milioni di franchi, circa 16,5 milioni di euro.

Chi ha messo i soldi? Risposta: la Monomarch, un'altra finanziaria, questa volta olandese, che fa capo alla famiglia dei padroni dell'Ilva. Come si spiegano queste operazioni? Va detto che anche in passato i Riva hanno più volte rimescolato le carte nel mazzo del loro impero.

E i riassetti sono sempre stati spiegati con l'esigenza di semplificare l'organigramma, nel senso di rendere più agevoli i flussi finanziari (dividendi e altro) verso i piani alti della catena di controllo. Certo che con l'aria che tira, e la minaccia di sequestri giudiziari sulle quote della famiglia, ogni passaggio azionario finisce per apparire di per sé non proprio casuale.

Indagini a parte, per i Riva l'obiettivo numero uno è sempre stato quello di pagare meno tasse possibile. E allora, per ridurre al minimo indispensabile il carico fiscale, conviene tenere all'estero le casseforti e giocare di sponda sui finanziamenti alle controllate. La Stahl holding, per dire, a fine 2011 vantava un attivo di bilancio di 4,8 miliardi di euro con prestiti alle consociate per 1,8 miliardi.

Ma c'è una cifra che più di tutte dà un'idea dell'enorme ricchezza parcheggiata all'estero dai Riva. Conti alla mano si scopre che la Stahl holding custodisce qualcosa come 1,6 miliardi alla voce "utili degli esercizi precedenti". Cioè i profitti non distribuiti ai soci che sono andati a rafforzare il patrimonio della holding.

A volte, però, il gioco a rimpiattino con il Fisco finisce male. L'anno scorso il gruppo Riva ha patteggiato con l'agenzia delle Entrate il pagamento di 97 milioni per sanare una serie di irregolarità che riguardano, recita il bilancio della holding Riva Fire, l'impiego di liquidità. La somma sarà versata all'Erario in tre rate annuali. Ma c'è anche un capitolo penale.
Come ha rivelato nei giorni scorsi il "Corriere della Sera", il pm milanese Carlo Nocerino ha appena chiuso un'inchiesta per frode fiscale che vede indagati Emilio Riva e alcuni manager dell'Ilva. In pratica sarebbero state costruite alcune operazioni all'estero al solo scopo di produrre perdite e quindi ridurre il carico d'imposte. Risultato: secondo l'accusa l'azienda siderurgica sarebbe così riuscita a risparmiare, in modo fraudolento, almeno 52 milioni sulle tasse. Il colpo grosso però è un altro. Un affare da 400 milioni.

Un affare fiscale, anche questo. In estrema sintesi, nei conti dell'anno scorso i Riva sono riusciti a guadagnare qualcosa come 478 milioni grazie a una capriola contabile. Nel bilancio consolidato della holding Riva Fire è spuntata la voce "imposte anticipate su perdite fiscali". In pratica, gli amministratori del gruppo hanno utilizzato da subito i risparmi d'imposta che prevedono di avere nei prossimi esercizi.

Et voilà, ecco che tirando le somme il bilancio 2011 si chiude con profitti per 327 milioni. Senza quel provvidenziale paracadute fiscale, però, i conti sarebbero in rosso per una trentina di milioni. Tutto regolare, per carità, almeno fino a prova contraria. Questo tipo di manovra sulle imposte è consentito dalla legge quando ricorrono particolari circostanze. E i Riva, a quanto pare, hanno pensato bene di cogliere al volo l'occasione. Un'occasione, come detto, che vale 400 milioni di euro.

Del resto un motivo ci sarà se ormai da molti anni la famiglia ora sotto inchiesta per i veleni dell'Ilva figura ormai tra i migliori clienti dello studio Biscozzi Nobili, ovvero una delle griffe più rinomate della consulenza tributaria. I collegi sindacali delle principali società del gruppo Riva sono presidiati da professionisti targati Biscozzi Nobili. E dallo stesso studio spesso provengono anche i fiduciari che prendono parte alle assemblee societarie per conto della famiglia.

Insomma, i commercialisti pagati dai Riva per rappresentare la famiglia e quelli che, secondo la legge, dovrebbero vigilare sui conti del gruppo fanno capo al medesimo studio professionale. Un servizio completo. Consulenti, rappresentanti e controllori. Quando si dice un pacchetto chiavi in mano. Conflitto d'interessi incluso.

 

fabio riva EMILIO RIVA - ILVAFABIO ED EMILIO RIVA ILVA TARANTOr ILVA huge ILVA DI TARANTO jpegIMPIANTO ILVA A TARANTO ILVA DI TARANTO PIERLUIGI BERSANIPROTESTA DEGLI OPERAI DELL ILVA ilvaCorrado Passera IL MINISTRO CORRADO CLINI NICHI VENDOLA

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…

veneto luca zaia matteo salvini giorgia meloni elly schlein giuseppe conte

DAGOREPORT – SCAZZO DOPO SCAZZO, IL BIG BANG PER IL CENTRODESTRA SARÀ IN AUTUNNO, CON LE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA, TOSCANA, PUGLIA E MARCHE – SE ZAIA E LA SUA LIGA VENETA SI PRESENTASSERO DA SOLI, SPACCHETTEREBBERO IL VOTO DI DESTRA RENDENDO LA REGIONE CONTENDIBILE: BASTEREBBE SOLO CHE PD E M5S SMETTESSERO DI FARE GLI EGO-STRONZI E CONVERGESSERO SU UN CANDIDATO “CIVICO” (COME DAMIANO TOMMASI A VERONA NEL 2022) – LA PROPOSTA DI MELONI AL "TRUCE" MATTEO: FDI È DISPOSTA A LASCIARE IL VENETO ALLA LEGA, MA A QUEL PUNTO LA REGIONE LOMBARDIA TOCCA A NOI (A FORZA ITALIA, IL SINDACO DI MILANO) - SE SALVINI SI IMPUNTA? S'ATTACCA! E FRATELLI D'ITALIA SI PRENDE TUTTO (MA LE CONSEGUENZE SULLA MAGGIORANZA POTREBBERO ESSERE FATALI PER IL PRIMO GOVERNO MELONI…)

donald trump dazi tadazi

DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...

gianfranco zinzilli silvia calandrelli giampaolo rossi rai

FLASH - GRANDE INCAZZATURA NEL CENTRODESTRA, IN PARTICOLARE TRA I FRATELLINI D’ITALIA: TRA OGGI E DOMANI IN RAI DEVONO DECIDERE IL PRESIDENTE DI RAI PUBBLICITÀ E L’AD ROSSI VUOLE NOMINARE SILVIA CALANDRELLI, IN QUOTA PD, COME PRESIDENTE  DELLA CASSAFORTE PUBBLICITARIA DELLA RAI (IL FILOSOFO DI COLLE OPPIO LE AVEVA PROPOSTO LA DIREZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ, MA LEI HA RIFIUTATO) - LA LEGA VORREBBE PIAZZARE GIANFRANCO ZINZILLI, ATTUALMENTE VICE DIRETTORE VICARIO DELLA DIREZIONE OFFERTA ESTERO RAI ITALIA...