ECCO CHI INCARNA ANCORA IL VERO SPIRITO TEDESCO: L’ARROGANTE E SPIETATA BUNDESBANK - SOSTENUTA A SPADA TRATTA DAL TABLOID “BILD”, PREFERISCE METTERSI CONTRO LA MERKEL E TUTTE LE AUTORITÀ DELLO STATO PUR DI NON CEDERE SUGLI AIUTI A QUEI PEZZENTI DEGLI STATI DELL’EURO - QUANDO CADDE IL MURO DI BERLINO E IL GOVERNO AUMENTÒ LA SPESA PUBBLICA PER RISOLLEVARE LA GERMANIA EST, LA “BUBA” SI OPPOSE E GETTÒ L’EUROPA NELLA RECESSIONE…

Andrea Tarquini per “la Repubblica”

 

«Siamo arroganti perché siamo bravi». Così spiegarono a David Marsh, firma del

Financial Times che in “The Bank that rules Europe” scrisse la loro migliore storia. Poi un’amara ironia confidenziale di Helmut Kohl, padre della riunificazione e dell’Euro, la disse lunga. A Bonn ancora capitale Kohl, deciso a far entrare l’Italia di Prodi nell’euro, aveva ricevuto l’allora presidente del Consiglio. La tappa successiva di Prodi fu Francoforte, Kohl gli disse: «Lieber Romano, viel Spass da», caro Romano buon divertimento là da loro.

 Piccoli aneddoti sul superpotere monetario made in Germany che, appoggiato da media popolari e conservatori e da politici euroscettici d’ogni colore, ha lanciato l’ultima offensiva. Non esita contro nessuno, attacca Mario Draghi e noi Stati Piigs sudeuropei, ma non ha paura di Angela Merkel o di Wolfgang Schaeuble. Si sente scaricata da Angie e da quell’ultimo grande europeo suo ministro delle Finanze, ma non si arrende. Benvenuti a Wilhelm-Epstein-Strasse civico 14, cap 60431, Francoforte, Stato dell’Assia, Repubblica federale di Germania. Benvenuti nel nido dei falchi, santuario del rigore, la sede centrale della Deutsche Bundesbank.

 La vollero i vincitori angloamericani dopo la disfatta nazista del 1945 per vaccinare la Germania dal rischio inflazione stile Weimar e quindi da ogni nuovo Hitler. Il nido dei falchi salvò la democrazia tedesca (ma solo insieme a Piano Marshall, ombrello militare angloamericano, condono delle riparazioni di guerra), però secondo alcuni suoi critici oggi minaccia di affossare l’Europa.

 Â«Non esiste crescita finanziata da nuovi debiti, la Bce non può sostenere Stati deboli acquistando i loro titoli sovrani» Jens Weidmann, il giovanissimo ex consigliere di Angela Merkel divenuto l’ultimo presidente dei “Templari di Buba”, lo ripete quasi ogni giorno. Non gl’importa di essere in rotta di collisione con la cancelliera, con Draghi e Monti, con Hollande e Barroso. Fedeltà totale a principi e doveri istituzionali, anche contro tutti.

Ohne Ruecksicht auf Verluste, senza preoccuparsi delle perdite, come gridarono combattendo gli ufficiali prussiani e poi del Kaiser in secoli di guerre tra europei.

 Gli alleati non mancano, cominciando dalla stampa conservatrice, con Bild in testa. Quando si aprì la corsa alla successione di Jean-Claude Trichet alla Bce, il quotidiano più letto d’Europa sparò il mostro (e il presunto salvatore) in prima pagina: «Questo italiano, sprecone come il suo paese, non deve passare, questo tedesco, un vero Bundesbanker, deve salvarci». Gli andò male: con i suoi no alle pur lente ed esitanti scelte pro-euro governative, Weber si mise contro Merkel, Schaeuble, i big global player esportatori tedeschi.

 Gettò la spugna. Poco importa, Weidmann designato da ‘Angie’ al suo posto, da docile consigliere affrontò entusiasta la metamorfosi in capo dei Templari. Fanno il loro dovere, da quando nacquero come Bank deutscher Laender nel 1948, cioè un anno prima della Bundesrepublik. Primato della Buba sulle istituzioni democratiche, insomma. Primato difeso da una legge costitutiva (mutuata nello statuto Bce) che impone di difendere la stabilità dei prezzi, non congiuntura e occupazione come Fed o Bank of England.

 Protetti dallo scudo di 3401,8 tonnellate di riserve auree, più miliardi di riserve in valuta. Roba da far sognare Goldfinger risuscitandolo contro James Bond. Riserve custodite quasi tutte a Fort Knox negli Usa, o nei forzieri imprendibili della Bank of England, non si sa mai in Europa continentale con tanti spreconi inaffidabili.

 Un altro dettaglio difende il primato del breznevismo monetario di Wilhelm-Epstein-Strasse: il presidente Bundesbank è l’unico funzionario pubblico meglio pagato del cancelliere. Spesso l’unico più stimato del cancelliere dal tedesco medio, in decenni di sondaggi. «Il mondo è cambiato, loro non l’hanno capito, non hanno digerito la perdita di ruolo incassata con la nascita della Bce, e reagiscono dogmatici» ci ha detto giorni fa Karl Lamers, già uomo-chiave della Europapolitik di Kohl.

 Il rigore di decenni ha fatto una Germania forte e competitiva, ma oggi, non solo domani, è già un altro giorno. Sorridendo amaro Lamers ricordava sfide tremende. Quando con la riunificazione il suo cancelliere, Schaeuble e lui stesso decisero alte spese pubbliche per risollevare e salvare da fame e miseria la Germania Est schiacciata da mezzo secolo di colonialismo russo. «Bene, allora alzeremo i tassi», risposero Karl Otto Poehl, Helmut Schlesinger, Hans Tietmeyer, in sequenza presidenti di Buba.

 Gettarono così l’Europa, Germania compresa, in anni di recessione. Kohl, ricordano i suoi ancora oggi, sgomenti, spedì in corsa in elicottero blindato da Bonn a Francoforte il suo ministro delle Finanze Theo Waigel. Waigel pregò di impegnare le riserve auree in nome del diritto dei tedeschi al lavoro e a un’unità nazionale dignitosa. Tietmeyer quasi lo cacciò via a pedate. Bene così, loro sì che difendono i nostri portafogli, risparmi, pensioni e conti in banca dai Pleite-Griechen o da ogni Pleite-Suedlaender (greci bancarottieri, sudeuropei bancarottieri), tuona a raffica la Bild.

 E anche se Bmw e Vw, Daimler e Siemens o sindacati chiedono più aperture, temono per l’economia, avanti ancora. La fede dei Templari di Buba è sempre stata incrollabile. Anche quando furono accusati, Weber al comando, di aiutare l’Iran deciso a distruggere Israele ad aggirare le sanzioni. Siamo arroganti perché siamo bravi.

«Siamo arroganti perché siamo bravi». Così spiegarono a David Marsh, firma del
Financial Times che in "The Bank that rules Europe" scrisse la loro migliore storia. Poi un'amara ironia confidenziale di Helmut Kohl, padre della riunificazione e dell'Euro, la disse lunga. A Bonn ancora capitale Kohl, deciso a far entrare l'Italia di Prodi nell'euro, aveva ricevuto l'allora presidente del Consiglio. La tappa successiva di Prodi fu Francoforte, Kohl gli disse: «Lieber Romano, viel Spass da», caro Romano buon divertimento là da loro.

Piccoli aneddoti sul superpotere monetario made in Germany che, appoggiato da media popolari e conservatori e da politici euroscettici d'ogni colore, ha lanciato l'ultima offensiva. Non esita contro nessuno, attacca Mario Draghi e noi Stati Piigs sudeuropei, ma non ha paura di Angela Merkel o di Wolfgang Schaeuble. Si sente scaricata da Angie e da quell'ultimo grande europeo suo ministro delle Finanze, ma non si arrende. Benvenuti a Wilhelm-Epstein-Strasse civico 14, cap 60431, Francoforte, Stato dell'Assia, Repubblica federale di Germania. Benvenuti nel nido dei falchi, santuario del rigore, la sede centrale della Deutsche Bundesbank.

La vollero i vincitori angloamericani dopo la disfatta nazista del 1945 per vaccinare la Germania dal rischio inflazione stile Weimar e quindi da ogni nuovo Hitler. Il nido dei falchi salvò la democrazia tedesca (ma solo insieme a Piano Marshall, ombrello militare angloamericano, condono delle riparazioni di guerra), però secondo alcuni suoi critici oggi minaccia di affossare l'Europa.

«Non esiste crescita finanziata da nuovi debiti, la Bce non può sostenere Stati deboli acquistando i loro titoli sovrani» Jens Weidmann, il giovanissimo ex consigliere di Angela Merkel divenuto l'ultimo presidente dei "Templari di Buba", lo ripete quasi ogni giorno. Non gl'importa di essere in rotta di collisione con la cancelliera, con Draghi e Monti, con Hollande e Barroso. Fedeltà totale a principi e doveri istituzionali, anche contro tutti.
Ohne Ruecksicht auf Verluste, senza preoccuparsi delle perdite, come gridarono combattendo gli ufficiali prussiani e poi del Kaiser in secoli di guerre tra europei.

Gli alleati non mancano, cominciando dalla stampa conservatrice, con Bild in testa. Quando si aprì la corsa alla successione di Jean-Claude Trichet alla Bce, il quotidiano più letto d'Europa sparò il mostro (e il presunto salvatore) in prima pagina: «Questo italiano, sprecone come il suo paese, non deve passare, questo tedesco, un vero Bundesbanker, deve salvarci». Gli andò male: con i suoi no alle pur lente ed esitanti scelte pro-euro governative, Weber si mise contro Merkel, Schaeuble, i big global player esportatori tedeschi.

Gettò la spugna. Poco importa, Weidmann designato da ‘Angie' al suo posto, da docile consigliere affrontò entusiasta la metamorfosi in capo dei Templari. Fanno il loro dovere, da quando nacquero come Bank deutscher Laender nel 1948, cioè un anno prima della Bundesrepublik. Primato della Buba sulle istituzioni democratiche, insomma. Primato difeso da una legge costitutiva (mutuata nello statuto Bce) che impone di difendere la stabilità dei prezzi, non congiuntura e occupazione come Fed o Bank of England.

Protetti dallo scudo di 3401,8 tonnellate di riserve auree, più miliardi di riserve in valuta. Roba da far sognare Goldfinger risuscitandolo contro James Bond. Riserve custodite quasi tutte a Fort Knox negli Usa, o nei forzieri imprendibili della Bank of England, non si sa mai in Europa continentale con tanti spreconi inaffidabili.

Un altro dettaglio difende il primato del breznevismo monetario di Wilhelm-Epstein-Strasse: il presidente Bundesbank è l'unico funzionario pubblico meglio pagato del cancelliere. Spesso l'unico più stimato del cancelliere dal tedesco medio, in decenni di sondaggi. «Il mondo è cambiato, loro non l'hanno capito, non hanno digerito la perdita di ruolo incassata con la nascita della Bce, e reagiscono dogmatici» ci ha detto giorni fa Karl Lamers, già uomo-chiave della Europapolitik di Kohl.

Il rigore di decenni ha fatto una Germania forte e competitiva, ma oggi, non solo domani, è già un altro giorno. Sorridendo amaro Lamers ricordava sfide tremende. Quando con la riunificazione il suo cancelliere, Schaeuble e lui stesso decisero alte spese pubbliche per risollevare e salvare da fame e miseria la Germania Est schiacciata da mezzo secolo di colonialismo russo. «Bene, allora alzeremo i tassi», risposero Karl Otto Poehl, Helmut Schlesinger, Hans Tietmeyer, in sequenza presidenti di Buba.

Gettarono così l'Europa, Germania compresa, in anni di recessione. Kohl, ricordano i suoi ancora oggi, sgomenti, spedì in corsa in elicottero blindato da Bonn a Francoforte il suo ministro delle Finanze Theo Waigel. Waigel pregò di impegnare le riserve auree in nome del diritto dei tedeschi al lavoro e a un'unità nazionale dignitosa. Tietmeyer quasi lo cacciò via a pedate. Bene così, loro sì che difendono i nostri portafogli, risparmi, pensioni e conti in banca dai Pleite-Griechen o da ogni Pleite-Suedlaender (greci bancarottieri, sudeuropei bancarottieri), tuona a raffica la Bild.

E anche se Bmw e Vw, Daimler e Siemens o sindacati chiedono più aperture, temono per l'economia, avanti ancora. La fede dei Templari di Buba è sempre stata incrollabile. Anche quando furono accusati, Weber al comando, di aiutare l'Iran deciso a distruggere Israele ad aggirare le sanzioni. Siamo arroganti perché siamo bravi.

 

Jens Weidmann e Angela MerkelJens Weidmann Jens WeidmannBUNDESBANKBUNDESBANKMARIO DRAGHI wolfgang schaeuble e angela merkel Wolfgang Schaeublebild

Ultimi Dagoreport

giancarlo giorgetti francesco miller gaetano caltagirone andrea orcel nagel

DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET  SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER AVVANTAGGIARE IL LEONE DI TRIESTE NEL RICCO MERCATO DEL RISPARMIO GESTITO. MA LA JOINT-VENTURE CON I FRANCESI IRRITA NON SOLO GIORGETTI-MILLERI-CALTAGIRONE AL PUNTO DI MINACCIARE IL GOLDEN POWER, MA ANCHE ORCEL E NAGEL - PER L'AD UNICREDIT LA MOSSA DI DONNET È BENZINA SUL FUOCO SULL’OPERAZIONE BPM, INVISA A PALAZZO CHIGI, E ANCHE QUESTA A RISCHIO GOLDEN POWER – MENTRE NAGEL TEME CHE CALTA E MILLERI SI INCATTIVISCANO ANCOR DI PIU' SU MEDIOBANCA…

papa francesco spera che tempo che fa fabio fazio

DAGOREPORT - VOCI VATICANE RACCONTANO CHE DAL SECONDO PIANO DI CASA SANTA MARTA, LE URLA DEL PAPA SI SENTIVANO FINO ALLA RECEPTION - L'IRA PER IL COMUNICATO STAMPA DI MONDADORI PER LA NUOVA AUTOBIOGRAFIA DEL PAPA, "SPERA", LANCIATA COME IL PRIMO MEMOIR DI UN PONTEFICE IN CARICA RACCONTATO ''IN PRIMA PERSONA''. PECCATO CHE NON SIA VERO... - LA MANINA CHE HA CUCINATO L'ENNESIMA BIOGRAFIA RISCALDATA ALLE SPALLE DI BERGOGLIO E' LA STESSA CHE SI E' OCCUPATA DI FAR CONCEDERE DAL PONTEFICE L'INTERVISTA (REGISTRATA) A FABIO FAZIO. QUANDO IL PAPA HA PRESO VISIONE DELLE DOMANDE CONCORDATE TRA FABIOLO E I “CERVELLI” DEL DICASTERO DELLA COMUNICAZIONE È PARTITA UN’ALTRA SUA SFURIATA NON APPENA HA LETTO LA DOMANDINA CHE DOVREBBE RIGUARDARE “SPERA”…

giuseppe conte beppe grillo ernesto maria ruffini matteo renzi elly schlein

DAGOREPORT – ABBATTUTO PER DUE VOLTE BEPPE GRILLO ALLA COSTITUENTE, UNA VOLTA CASSATO IL LIMITE DEI DUE MANDATI,  LIBERO DA LACCI E STRACCI, GIUSEPPE CONTE POTRA' FINALMENTE ANNUNCIARE, IN VISTA DELLE REGIONALI, L’ACCORDO CON IL PARTITO DI ELLY SCHLEIN – AD AIUTARE I DEM, CONCENTRATI SULLA CREAZIONE DI UN PARTITO DI CENTRO DI STAMPO CATTOLICO ORIENTATO A SINISTRA (MA FUORI DAL PD), C'E' ANCHE RENZI: MAGARI HA FINALMENTE CAPITO DI ESSERE PIÙ UTILE E MENO DIVISIVO COME MANOVRATORE DIETRO LE QUINTE CHE COME LEADER…

alessandro sallusti beppe sala mario calabresi duomo milano

DAGOREPORT – CERCASI UN SINDACO A MISURA DUOMO - A DESTRA NON SANNO CHE PESCI PRENDERE: SALLUSTI PIACE A FRATELLI D’ITALIA MA NON AI FRATELLI BERLUSCONI, CHE LO CONSIDERANO UN “TRADITORE” (IERI AI PIEDI DEL CAVALIERE, OGGI BIOGRAFO DI MELONI) – A SINISTRA, C'E' BEPPE SALA CHE VUOLE IL TERZO MANDATO, CERCANDO DI RECUPERARE IL CONSENSO PERDUTO SUL TEMA DELLA SICUREZZA CITTADINA CON L'ORGANIZZAZIONE DELLE OLIMPIADI DI MILANO-CORTINA 2026 - SI RAFFORZA L’IPOTESI DI CANDIDARE MARIO CALABRESI (IN BARBA ALLE SUE SMENTITE)...

nancy pelosi - donald trump - joe biden - michelle e barack obama

DAGOREPORT – FINALMENTE UNA DONNA CON LE PALLE: MICHELLE OBAMA NON CEDE AI VENTI DI TRUMPISMO E SI RIFIUTA DI PARTECIPARE ALL’INAUGURATION DAY. L’EX FIRST LADY SI ERA GIÀ RIFIUTATA DI ANDARE AL FUNERALE DI JIMMY CARTER: UNA VOLTA SAPUTO CHE AVREBBE DOVUTO POSARE LE CHIAPPONE ACCANTO A QUELLE DI TRUMP, SI È CHIAMATA FUORI – UNA SCELTA DI INDIPENDENZA E FERMEZZA CHE HA UN ENORME VALORE POLITICO, DI FRONTE A UNA SCHIERA DI BANDERUOLE AL VENTO CHE SALGONO SUL CARRO DEL TRUMPONE. E CHE IN FUTURO POTREBBE PAGARE…

giorgia meloni daniela santanche matteo salvini renzi

CHE SUCCEDE ORA CHE DANIELA SANTANCHÈ È STATA RINVIATA A GIUDIZIO PER FALSO IN BILANCIO? NIENTE! PER GIORGIA MELONI UN RIMPASTO È INDIGERIBILE, E PER QUESTO, ALMENO PER ORA, LASCERÀ LA "PITONESSA" AL SUO POSTO - LA DUCETTA TEME, A RAGIONE, UN EFFETTO A CASCATA DAGLI ESITI INCONTROLLABILI: SE ZOMPA UN MINISTRO, LEGA E FORZA ITALIA CHIEDERANNO POLTRONE – IL DAGOREPORT DI DICEMBRE CHE RIVELAVA IL PIANO STUDIATO INSIEME A FAZZOLARI: IL PROCESSO DI SALVINI ERA DI NATURA POLITICA, QUELLO DELLA “PITONESSA” È “ECONOMICO”, COME QUELLO SULLA FONDAZIONE OPEN CHE VEDEVA IMPUTATO RENZI. E VISTO CHE MATTEONZO È STATO POI ASSOLTO IN PRIMO GRADO, COME DEL RESTO IL "CAPITONE" PER IL CASO "OPEN ARMS", PERCHÉ LA “SANTADECHÈ” DOVREBBE LASCIARE? – IL SUSSULTO DI ELLY SCHLEIN: “MELONI PRETENDA LE DIMISSIONI DI SANTANCHÈ”