jack ma

MAI METTERSI CONTRO XI JINPING – IL MILIARDARIO JACK MA, "LA VERSIONE CINESE DI JEFF BEZOS", HA CAPITOLATO SOTTO I COLPI DEL REGIME E ANNUNCIA UNA RADICALE RISTRUTTURAZIONE DEGLI ASSETTI DI 'ANT GROUP' CHE VERRÀ AMMINISTRATO DAL PARTITO COMUNISTA - FEDERICO RAMPINI: “L’AVVENTURA DI JACK MA SI PUÒ LEGGERE COME QUELLA DI UN IMPRENDITORE GENIALE NEL SUO MESTIERE MA INGENUO POLITICAMENTE, PERCHÉ NON HA CAPITO CHE ‘VOLARE TROPPO VICINO AL SOLE’ (CIOÈ A XI JINPING) È UN ERRORE IMPERDONABILE”

1. BIG TECH, ECCO CHE COSA CI INSEGNA LA CADUTA DI JACK MA, LA VERSIONE CINESE DI JEFF BEZOS 

Federico Rampini per “il Corriere della Sera”

 

jack ma

Per capire dove va la Cina di Xi Jinping è illuminante la vicenda dell’imprenditore Jack Ma, di fatto costretto a perdere ogni influenza da un’azienda che lui stesso aveva creato, la piattaforma di pagamenti digitali Ant-Alipay. Il geniale innovatore originario di Hangzhou era stato un mito per una generazione di cinesi, una figura iconica che nel suo paese cumulava il prestigio di personaggi americani come Bill Gates, Steve Jobs, Jeff Bezos o Elon Musk. 

 

La sua caduta in disgrazia si può considerare come un capitolo locale della crisi mondiale di Big Tech. In realtà è una storia diversa da quella che si svolge nella Silicon Valley, perché per molti aspetti è determinata dalla sterzata a sinistra di Xi Jinping, dal suo anti-capitalismo. La caduta di Ma era iniziata da tempo, ha preceduto di anni le difficoltà dei giganti digitali americani. Il suo è un declino preannunciato, che si accompagna sul piano personale ad un semi-esilio.

 

masayoshi son jack ma

È noto che da molti mesi Ma vive più a Tokyo che in Cina. Anche questo è significativo: l’anti-capitalismo di Xi, ancor prima dei suoi durissimi lockdown anti-Covid, aveva già causato un esodo di ricchi verso l’estero. Nessuno si intenerisce per questi miliardari che hanno sempre un piano B, un secondo passaporto o una residenza estera in cui ricostruirsi una vita altrove.

 

Però quella battaglia contro le mega-imprese digitali che Xi giustifica in nome della tutela dell’interesse pubblico, dei consumatori e dei lavoratori, rischia di privare la Cina di talenti imprenditoriali che avevano generato una formidabile ondata di innovazioni. Per tornare al parallelismo con la grande rivale: in America i capi di Big Tech vedono i propri patrimoni decurtati dai cali di Borsa, però non sono costretti a fuggire all’estero.

 

xu jiayin e jack ma

Jack Ma, l’imperatore decaduto del capitalismo cinese, per molti aspetti è soprattutto la versione cinese di Jeff Bezos. Alibaba iniziò emulando Amazon, la regina orientale del commercio online ha finito per superare quella occidentale in termini di volume d’affari e raggio di attività. I due colossi digitali, pur essendo simili, si fanno poca concorrenza. 

 

Quando in passato ci fu una vera gara, per lo più vinse Alibaba: dominando a casa sua, nel mercato più grande del mondo dove Amazon è quasi sparita. Per il resto la multinazionale con sede a Hangzhou (l’ex capitale della seta dove visse Marco Polo) e quella basata a Seattle sulla West Coast si sono spartite le zone d’influenza molti anni fa, prefigurando nell’universo digitale un bipolarismo da guerra fredda. Comunque la cinese è diventata più grossa dell’azienda americana che all’origine la ispirò.

 

xu jiayin con jack ma

L’avventura di Jack Ma si può leggere come quella di un imprenditore geniale nel suo mestiere ma ingenuo politicamente, perché non ha capito che «volare troppo vicino al sole» (cioè a Xi Jinping) è un errore imperdonabile: vedi la parabola di Icaro secondo gli antichi greci. Quella di Bezos si può interpretare, al contrario, come la sintesi perfetta di un’America dominata dal capitalismo privato, dove i multimiliardari si atteggiano a progressisti, abbracciano cause di sinistra, appoggiano il partito democratico e si spacciano per campioni di ambientalismo. 

 

Nel confronto tra i due sistemi è consigliabile evitare le forzature o le caricature. Visto con gli occhi del consumatore cinese, il «metodo Xi Jinping» può sembrare una garanzia contro lo strapotere dei monopoli digitali, e contro l’eccessiva concentrazione della ricchezza in poche mani.

 

Nella gara tra America e Cina, il verdetto è ancora aperto su chi riesca a controllare meglio l’abuso di posizioni dominanti da parte delle mega-imprese. Grazie a Jack Ma i giovani cinesi all’inizio del XXI secolo ebbero un idolo nazionale da emulare, invece di inseguire capitalisti americani come Bill Gates e Steve Jobs.

 

jack ma annoiato e in silenzio

Inoltre la formula Ma, il successo imprenditoriale attraverso il percorso della start-up, è un percorso interessante per dare una risposta alle ansie della generazione dei Millennial cinesi, alle prese con una disoccupazione intellettuale in aumento. Al tempo stesso però il regime diffida dell’uso che questi capitalisti possono fare del loro potere. 

 

Per molto tempo Ma Yun/Jack Ma è stato attento a non occuparsi di politica. Fino a un certo punto. Poi anche lui ha avuto le sue debolezze, incluso un delirio di onnipotenza che gli sta costando caro. La sua storia va osservata da vicino per capire i rapporti tra il potere politico – sempre dominante – e il potere economico nella Cina di oggi. 

 

jack ma in videoconferenza con vladimir putin

E dunque per decifrare la natura dell’economia cinese: in che misura si possa definire un’economia di mercato, e dove invece prevale il dirigismo pubblico, il capitalismo di Stato, l’economia «comandata» dal partito comunista. Sono questioni importanti per gli imprenditori cinesi – in certi casi è questione di vita o di morte – ma anche per tante imprese occidentali che operano in quel paese. All’inizio della sua ascesa il partito assecondava il culto della personalità di Jack Ma.

 

Il segretario comunista di Hangzhou, Wang Guoping, lo coprì di elogi a metà degli anni Duemila, con queste parole: «Una grande azienda di classe mondiale ha bisogno di un’anima, di un capo, di un imprenditore che abbia anche lui una statura mondiale. Jack Ma, io credo, soddisfa il requisito». Negli anni successivi, con il suo gigantismo Alibaba commette gli stessi abusi di posizione dominante di Amazon in Occidente: utilizza il proprio soverchiante potere contrattuale per imporre le sue condizioni ai fornitori, spuntando sconti feroci e imponendo dei rapporto esclusivi. 

 

Il modello Alibaba-Ant-Alipay è ancora più onnicomprensivo di Amazon, cattura il cliente in una relazione che tende a diventare totale, molti consumatori restano sempre all’interno di quell’universo che offre ogni servizio. In una visione che molti cinesi oggi sembrano condividere, l’altolà a Jack Ma è sacrosanto. La Cina riesce dove l’America finora ha quasi sempre fallito: nel piegare alla volontà del governo i big dell’economia digitale.

jack ma

 

L’esperimento cinese va osservato senza paraocchi, visto da Pechino infatti è la conferma che là prevale l’interesse collettivo mentre in Occidente il potere politico di Big Tech è soverchiante e spesso incontrollato. A partire dal veto contro la sua quotazione in Borsa nell’autunno 2020, l’offensiva di Xi Jinping prende di mira Ant-Alipay.

 

Costringe Ant a trasformarsi in una banca, come tale soggetta a tutti gli effetti alle stesse regole, controlli, vigilanza e requisiti di capitalizzazione. Gli argomenti usati dalla banca centrale per conto di Xi sono convincenti. Alipay, il sistema digitale di pagamento, ha un miliardo di utenti. 

 

Al culmine del suo successo, in un solo anno ha gestito transazioni equivalenti a un totale di 17.000 miliardi di dollari. Inoltre ha erogato prestiti a mezzo miliardo di cinesi, a cui ha anche venduto polizze assicurative e fondi comuni d’investimento.

 

jack ma

Formidabile macchina da guerra, partendo dalla semplice operazione del pagamento digitale, ha costruito una tale capacità di raccogliere e gestire informazioni sugli utenti, da diversificarsi con enorme successo nel microcredito e nella gestione del risparmio. 690 milioni di cinesi parcheggiano la loro liquidità nel fondo d’investimento monetario di Ant, che amministra 260 miliardi di dollari. Ant ha costruito un vasto «ecosistema» che cattura una quota consistente della popolazione cinese erogando prestiti, e amministrando i risparmi. Il suo fondo monetario è aperto a versamenti a partire da dieci centesimi di euro. 

 

Una delle accuse del governo suona familiare: questo sistema spinge i cinesi a consumare al di sopra delle loro risorse, e a indebitarsi. Insomma è un cavallo di Troia per una americanizzazione delle abitudini di spesa. Inoltre il governo accusa Alibaba-Alipay di abuso di posizione dominante, per il modo in cui controlla i dati degli utenti, e li cattura in un rapporto esclusivo con i suoi servizi.

 

xi jinping jack ma

Un esempio: le app di commercio online di Alibaba non accettano pagamenti con la moneta digitale delle piattaforme concorrenti come Tencent. (I concorrenti fanno la stessa cosa). È un sistema che in Cina viene chiamato «giardino murato», dove il consumatore non può scavalcare il muro di cinta.

 

Ant è diventata una mega-banca ma senza soggiacere alle stesse regole prudenziali delle altre aziende di credito. Pechino esige che sia trasferita dalle mani private di Alibaba-Ant-Alipay a quelle di un ente statale sotto il controllo della banca centrale. Altre 34 aziende del settore digitale, tra cui Tencent, vengono messe sotto pressione perché si adeguino alla lezione di Alibaba. Il carisma del fondatore non è del tutto scomparso. Però i tempi sono cambiati davvero, per lui e per altri miliardari del settore Big Tech. 

xi jinping con jack ma

 

Il governo e la banca centrale di Pechino ora hanno ottenuto che lui si faccia anche formalmente da parte, cedendo la guida dell’azienda a quadri del partito comunista. Jack Ma continuerà a vivere una vita agiata, più tranquillo a Tokyo che nel proprio paese. Il quesito più generale che riguarda il futuro dell’economia cinese è chiaro: i suoi successori “organici” alla nomenclatura di partito sapranno esprimere lo stesso dinamismo, la stessa creatività?

 

 

 

2. JACK MA CEDE IL CONTROLLO DI ANT GROUP: SVOLTA NELLA FINANZA CINESE 

Gian Micalessin per www.ilgiornale.it

 

«Nessun azionista, solo o con altre parti, avrà il controllo di Ant Group». Leggetele bene. E non sottovalutatene il significato. Quelle parole non sono soltanto un'arida regola societaria. Sono, al tempo stesso, l'epitaffio della via cinese alla Finanza e di quel Jack Ma, che per vent'anni ne ha rappresentato il simbolo. 

 

JACK MA RIAPPARE IN PUBBLICO DOPO DUE MESI

La frase è contenuta nel comunicato con cui Ant Group, il gruppo d'investimenti creato dallo stesso Jack Ma, annuncia una radicale ristrutturazione dei propri assetti. Una ristrutturazione che punta a sottrarre al fondatore il controllo del gruppo e del pacchetto di maggioranza. In pratica un'operazione suicida.

 

 

Un salto nel vuoto con cui l'ormai ex-magnate accetta sia di veder ridotta la propria quota societaria dal 50,5 al 6,2 per cento, sia di veder trasferito il potere decisionale nelle mani di un consiglio d'amministrazione legato al partito comunista e al presidente Xi Jinping. Del resto ai due estremi della transizione (o della guerra) che ridimensiona «Ant Group» e la trasforma da prototipo della nuova finanza cinese in mero strumento del potere centrale vi sono proprio il magnate e il presidente cinese. 

jack ma

 

 

Tutto inizia alla fine degli anni '90 quando l'oggi 58enne Jack Ma, al tempo semplice insegnante d'inglese, entra sul nascente mercato d'internet con la società Ali Baba e ne conquista il monopolio. Il controllo di quel mercato e degli acquisti in rete effettuati da un miliardo e 400 milioni di cinesi non fa certo piacere a Xi Jinping arrivato, nel 2013, ai vertici del paese. Controllare le compere di un popolo significa, in fondo, controllarne scelte e preferenze. E non solo.

 

 

Grazie ad acquisti e pagamenti Jack Ma si aggiudica anche l'accesso a cruciali pacchetti di dati personali. Finisce, insomma, con il compromettere quel controllo delle scelte individuali e collettive su cui un autarca di rigorosa matrice comunista come Xi Jinping punta ad esercitare un totale monopolio. Lo scontro si trasforma in guerra non appena Jack Ma decide di trasferire le proprie attività nel nascente settore della finanza cinese. 

 

zhang jack ma ceferin

Se controllare gli acquisti di un popolo equivale a controllarne i desideri indirizzarne gli investimenti significa muoverne le risorse sottraendo al potere comunista la gestione assoluta dell'economia. Ma l'ambizioso disegno si rivela l'errore fatale di Jack Ma. Un errore che nel 2020 lo spinge a lanciare «Ant Group» un gruppo d'investimenti pronto, secondo l'offerta iniziale, a muovere assetti per oltre 37 miliardi e a far concorrenza ai principali gruppi finanziari del mondo. Una dimensione economica intollerabile per Xi Jinping. 

 

 

Per un presidente-autarca una simile capacità di manovra, esercitata non solo sul risparmio e sugli investimenti interni, ma anche su quelli stranieri, rappresenta un'evidente minaccia all'integrità economica del capital-comunismo di matrice cinese. Una minaccia amplificata dalla mancanza di strutture statali capaci di arginare un Jack Ma che nel frattempo si è già messo in cassaforte il 50,5% di Ant Group.

jack ma

 

Il secondo evidente errore di Jack Ma è quello di criticare e attaccare pubblicamente le strutture di controllo che a metà 2020 incominciano a mettere i paletti al suo potere. Non a caso nell’ottobre di quell'anno il magnate scompare dalla scena per più di tre mesi. Un periodo durante il quale viene «convinto» ad accettare il ridimensionamento economico e finanziario sancito ufficialmente ieri dal comunicato di «Ant Group». 

 

 

E così - dopo la ricomparsa in pubblico del gennaio 2021 - Jack Ma si trasforma nel fantasma di se stesso abbandonando sia la scena economica sia quella pubblica. Scomparso dal palcoscenico della madre patria viene avvistato saltuariamente tra Macao, Tokyo e la Thailandia. Ma non è più né un profeta, né un magnate. È solo e soltanto uno sconfitto in esilio. Un esilio dal quale ha firmato, ieri, il definitivo atto di resa.

xi jinping

 

Ultimi Dagoreport

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…

veneto luca zaia matteo salvini giorgia meloni elly schlein giuseppe conte

DAGOREPORT – SCAZZO DOPO SCAZZO, IL BIG BANG PER IL CENTRODESTRA SARÀ IN AUTUNNO, CON LE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA, TOSCANA, PUGLIA E MARCHE – SE ZAIA E LA SUA LIGA VENETA SI PRESENTASSERO DA SOLI, SPACCHETTEREBBERO IL VOTO DI DESTRA RENDENDO LA REGIONE CONTENDIBILE: BASTEREBBE SOLO CHE PD E M5S SMETTESSERO DI FARE GLI EGO-STRONZI E CONVERGESSERO SU UN CANDIDATO “CIVICO” (COME DAMIANO TOMMASI A VERONA NEL 2022) – LA PROPOSTA DI MELONI AL "TRUCE" MATTEO: FDI È DISPOSTA A LASCIARE IL VENETO ALLA LEGA, MA A QUEL PUNTO LA REGIONE LOMBARDIA TOCCA A NOI (A FORZA ITALIA, IL SINDACO DI MILANO) - SE SALVINI SI IMPUNTA? S'ATTACCA! E FRATELLI D'ITALIA SI PRENDE TUTTO (MA LE CONSEGUENZE SULLA MAGGIORANZA POTREBBERO ESSERE FATALI PER IL PRIMO GOVERNO MELONI…)

donald trump dazi tadazi

DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...