L'EUROPA VA ALLA GUERRA DEL GAS A MANI NUDE – NELLA BOZZA STILATA DALLA COMMISSIONE EUROPEA SUL "PRICE CAP" SI DA' PER SCONTATO CHE PUTIN REAGIRA' CHIUDENDO DEL TUTTO LE FORNITURE DI GAS – BRUXELLES IPOTIZZA DUE STRADE: IMPORRE A MOSCA UN PREZZO MOLTO PIÙ BASSO DI QUELLO DI MERCATO, SENZA ALCUNA TRATTATIVA, OPPURE DIVIDERE IL CONTINENTE IN ZONE ROSSE E VERDI PER PROTEGGERE DA RIALZI ECCESSIVI LE ECONOMIE EUROPEE PIÙ DIPENDENTI DALL'ENERGIA RUSSA. COMUNQUE VADA, L'ITALIA (INSIEME ALLA GERMANIA) È TRA I PAESI PIÙ A RISCHIO
Alessandro Giorgiutti per “Verità & Affari”
L'Europa sembra voler combattere la guerra del gas a mani nude, "imponendo" alla Russia un prezzo molto più basso di quello di mercato e mettendo apertamente in conto che Vladimir Putin reagirà tagliando del tutto le forniture (e quindi danneggiando in particolare l'Italia, che dopo la chiusura a tempo indeterminato di Nord Stream, il gasdotto che rifornisce la Germania, continua a ricevere il gas russo che transita attraverso l'Ucraina).
Un documento redatto dagli uffici della Direzione generale energia della Commissione di Bruxelles, e ancora non approvato dal vertice politico, propone due possibili strumenti per introdurre il tanto discusso "price cap".
Nel documento si dà praticamente per scontato che la Russia reagirà chiudendo i flussi ma si esclude lo stanziamento di risorse che aiutino le economie dei paesi che, in questo modo, verrebbero a trovarsi in maggiore difficoltà (tra i più a rischio viene citata l'Italia).
Come si diceva, gli strumenti per introdurre un tetto ai prezzi sono due, sovrapponibili l'uno con l'altro. Il primo prevede semplicemente d'imporre alla Russia un prezzo predeterminato. Si potrebbe fare per legge (modello sanzioni) oppure creando un'unica centrale di acquisti, incaricata di andare a "negoziare" le nuove condizioni con Mosca. In entrambi i casi, gli europei si direbbero disposti a pagare ai russi il prezzo necessario a «coprire i costi di estrazione e un margine minimo di profitto».
Concretamente, il prezzo del gas russo non dovrebbe essere troppo più alto di 35 euro a megawattora (ieri alla borsa di Amsterdam il gas si scambiava a 240 euro). «Dato che nel decennio precedente (2010/2020), i prezzi del gas russo si sono assestati tra i 5 e i 35 euro/MWh, qualsiasi tetto superiore a questo livello garantirebbe alla Russia di essere al di sopra dei suoi costi marginali di produzione», si legge nel documento partorito negli uffici della Commissione.
Nello stesso testo, tuttavia, si riconosce che «la misura potrebbe essere utilizzata dalla Russia per giustificare ulteriori interruzioni» della fornitura di gas. Ecco, allora, l'avvertenza dei burocrati di Bruxelles che hanno ideato il piano: «L'offerta europea sarebbe credibile solo se l'Ue fosse disposta a rinunciare completamente al gas russo fin dal primo giorno». Peraltro, nel documento in questione si sostiene che questo tetto al prezzo, anche ammesso che i russi lo accettino, «avrebbe un impatto più indiretto, se non nullo, sui prezzi del gas, poiché il gas dei gasdotti russi non è sempre il fattore che determina il prezzo nel mercato europeo».
La sua introduzione servirebbe a «ridurre le entrate russe e la potenziale volatilità dei prezzi, piuttosto che abbassare i prezzi interni del gas dell'Ue (Ttf) e dovrebbe quindi essere considerata come una misura quasi sanzionatoria contro la Russia».
L'altra forma di "price cap" proposta dalla Commissione poggia invece su un complicato e farraginoso meccanismo, destinato nelle intenzioni a proteggere da rialzi eccessivi le economie europee più dipendenti dall'energia russa.
Infatti, viene sottolineato, «i prezzi dei diversi hub regionali in Europa hanno iniziato a divergere in modo significativo, tenendo conto delle diverse strozzature infrastrutturali e delle prospettive del mercato regionale. Per la consegna a settembre, il gas viene scambiato in Spagna e Francia con uno sconto di circa 60 euro/MWh (!) rispetto al Ttf, mentre lo sconto per il Belgio è di circa 40 euro/MWh. La Germania, l'Italia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l'Austria scambiano con un leggero premio rispetto al Ttf (presumibilmente a causa dei costi di trasporto)».
Siccome le difficoltà non sono uguali per tutti, il continente verrebbe diviso in una zona verde e in una zona rossa, dove confluirebbero i paesi in cui i prezzi salgano «molto al di sopra» di quelli della borsa olandese.
La zona rossa «molto probabilmente riguarderebbe in misura diversa i paesi dell'Europa centrale e orientale. A seconda della gravità della situazione (dell'ampiezza dell'interruzione delle forniture), potrebbe estendersi ad altri paesi come Germania e Italia e oltre».
MARIO DRAGHI URSULA VON DER LEYEN
Gli Stati della zona rossa dovrebbero concordare un limite massimo al prezzo del gas, che sarebbe comunque più alto della soglia con cui il gas viene scambiato nella zona verde, e anche «leggermente superiore al prezzo Ttf».
Un sistema, riconosce lo stesso documento della Commissione, «complesso da gestire» e che non annullerebbe il rischio che i paesi in zona rossa alla fine non trovino venditori. «Sono esercizi di laboratorio, anche molto confusi», taglia corto Gianclaudio Torlizzi, esperto di materie prime e fondatore della società di consulenza T-Commodity.
mario draghi charles michel ursula von der leyen
«Alla fine, per salvare il tessuto produttivo europeo si dovrà arrivare a un Pnrr sull'energia, che costerà svariate decine di miliardi di euro e servirà a compensare il caro bollette finché non ci saremo del tutto emancipati da Mosca. Finché non si metteranno sul piatto quei soldi, insieme a una sospensione a tempo indeterminato del Green deal, tutte le altre proposte saranno destinate a fallire».
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