L'EUROPA LITIGA, LE IMPRESE NO (PER ORA) - LA CONFINDUSTRIA TEDESCA SCRIVE A QUELLA ITALIANA: RIAPRITE LA PRODUZIONE, CON CAUTELA, MA RIAPRITE - LA BUONA NOTIZIA È CHE ALLA GERMANIA ORA SERVE UN'ITALIA CHE RIPARTE, VISTO CHE MOLTE SUE IMPRESE SONO CONNESSE ALLE NOSTRE NELLE FILIERE INTERNAZIONALI. LA CATTIVA È CHE SE NON CI SBRIGHIAMO, TROVERANNO ALTRI FORNITORI E IL DANNO SARÀ IMMENSAMENTE PIÙ PESANTE
Gianluca Zapponini per www.formiche.nett
A volte l’economia viaggia su frequenze diverse alla politica. Può accadere, per esempio, che mentre l’Europa litiga fino a mettere in discussione sé stessa, sulle risposte da dare all’emergenza coronavirus, le imprese di due diversi Paesi nemmeno tanto amici, decidano di darsi la mano nel nome del bene comune. Succede tra Italia e Germania, due sistemi industriali in realtà profondamente legati tra loro: la Germania è il nostro primo sbocco Ue per l’export e la meccanica tedesca, auto in primis, vive grazie alla nostra componentistica. A discapito di due governi che tra eurobond e Mes di mezzo, non sono mai così lontani.
vincenzo boccia e marcella panucci
L’EUROPA LITIGA, LE IMPRESE NO
Proprio oggi, mentre certa stampa tedesca ha rivolto accuse assurde al nostro Paese, gli industriali tedeschi hanno preso carta e penna e scritto ai vertici di Confindustria. Per dire cosa? Che è l’ora di ripartire e di farlo insieme. In due missive indirizzate al presidente Vincenzo Boccia e alla dg Marcella Panucci, la Bdi, la Confindustria tedesca e le tre principali associazioni dell’industria meccanica (Vdma) hanno rivolto un appello a riprendere gradualmente, tutelando la salute dei lavoratori e in maniera coordinata, l’attività delle imprese, per uscire dalla crisi economica generata dal blocco delle produzioni.
BERLINO CHIAMA ROMA
L’industria tedesca e quella italiana “nel tempo sono diventate sempre più un modello virtuoso di integrazione economica e i relativi sistemi di produzione sono fortemente interconnessi nelle catene globali del valore”, si legge nella missiva della Bdi. Infatti, “le economie dei due Paesi principali realtà manifatturiere d’Europa, pur specializzate in fasi di produzione diverse, sono complementari nelle filiere internazionali. Proprio per questo, il mancato rapido riavvio del maggior numero di settori produttivi in entrambi i Paesi potrebbe generare danni economici incalcolabili a livello globale”.
RIAPRIAMO (INSIEME)
Gli imprenditori tedeschi sanno fin troppo bene che nel secondo trimestre del 2020 il Pil tedesco crollerà di quasi il 10%, mentre a fine anno la contrazione della ricchezza teutonica sarà del 4%, almeno. Una recessione vera e propria, che ha spinto l’industria tedesca a cercare la sponda italiana. Con un messaggio perfettamente allineato a quello della sua omonima italiana: riaprire gradualmente, ma riaprire. “Anche la Germania”, sottolinea la Bdi, “sta prendendo in considerazione gli sviluppi dell’Italia, un’Italia che guarda avanti. Ci aspettiamo che i nostri rispettivi governi consentano alle imprese di tornare al lavoro dopo Pasqua”.
Stesso messaggio anche dall’industria meccanica tedesca, il cuore pulsante dell’intera economia europea. Nella lettera a Viale dell’Astronomia, la Vdma parla chiaro. “La nostra gentile richiesta è che all’industria Italiana sia consentito di riprendere l’attività nella sua interezza, seppur in modo graduale, per poter supportare con successo la ripresa della produzione”.
La crisi relativa al coronavirus”, scrivono i vertici della Vdma Carl Martin Welcker, Karl Haeusgen e Henrik Schunk, “rappresenta una grande sfida per l’industria in Europa. In molti casi, le fabbriche hanno dovuto chiudere e di conseguenza le filiere di fornitura sono state interrotte. Ora che è giunto il momento di guardare di nuovo avanti, la sfida è quella di rimettere in funzione le fabbriche europee, proteggendo al contempo i dipendenti dai rischi di infezione”.
All’atto pratico “si tratterà di una ripresa graduale, ma che dovrà coinvolgere il maggior numero possibile di settori industriali contemporaneamente, in modo da garantire gli approvvigionamenti necessari alle persone, fermo restando che i danni economici diventeranno incalcolabili se non si riuscirà a trovare rapidamente un buon equilibrio tra la tutela della salute e la ripresa dell’attività economica”.
L’AMMISSIONE TEDESCA
La lettera della Vdma a Confindustria, si chiude con una sorta di ammissione. Non è concepibile pensare a un’Europa priva del tutto o in parte, delle sue due maggiori industrie: la meccanica tedesca e la manifattura italiana. L’industria meccanica tedesca “ha un rapporto molto stretto con i suoi clienti e fornitori italiani e viceversa. Le aziende metalmeccaniche tedesche e italiane non solo svolgono un ruolo economico insostituibile, ma necessitano dei loro rispettivi fornitori e partner, in quanto fulcro del valore europeo”. Tradotto: no Italia, no Germania. E no Europa.