QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DEGLI EXTRA-PROFITTI – L’INCASSO DELLA SECONDA RATA DELLA TASSA SUGLI OPERATORI ENERGETICI È MOLTO LONTANO DAI 10,5 MILIARDI IPOTIZZATI DAL GOVERNO. TE CREDO: LA NORMA È STATA APPARECCHIATA CON I PIEDI DAL DUPLEX FRANCO-GAROFOLI, E LE AZIENDE, IN ATTESA DELLA PRONUNCIA DEL TAR, NON PAGANO. IL GOVERNO LA STA RIMODULANDO: L’ALIQUOTA POTREBBE ALZARSI DAL 25 AL 50%, MA SARÀ MIRATA SOLO SUI PROFITTI GENERATI DA GAS ED ENERGIA…
Fabio Savelli per il “Corriere della Sera”
roberto garofoli mario draghi daniele franco roberto cingolani
Colpire chi si sta arricchendo grazie ai prezzi impazziti di gas e petrolio. Il metano, rispetto all'anno scorso, ha toccato vette mai raggiunte con un multiplo di 28 volte rispetto al 2021. Il greggio è rincarato invece di due-tre volte.
Come intercettare i profitti però è tutt' altro che semplice: in Europa ognuno va in ordine sparso. In Gran Bretagna la tassa riguarda soprattutto i profitti da estrazioni di gas, che da noi però sono marginali. La Spagna ha fatto due provvedimenti che servono per limitare i profitti delle tecnologie come rinnovabili, carbone e nucleare nella generazione elettrica.
Anche la Germania si sta muovendo in questa direzione, simile alla misura introdotta dall'Italia nel decreto Sostegni-ter per mettere un tetto al prezzo dei rinnovabili con la differenza che la misura italiana colpisce solo alcuni impianti rinnovabili incentivati, mentre quella spagnola e tedesca colpiscono tutti gli impianti con bassi costi marginali che ora stanno guadagnando parecchio.
Le stime degli incassi
A Roma i tecnici del Tesoro stanno valutando l'incasso fiscale dalla seconda rata della tassa sugli extra-profitti degli operatori energetici scaduta il 31 agosto. Secondo fonti sarebbe lontana dai numeri dell'allegato tecnico con cui il governo ipotizzava 10,5 miliardi di contributo. Ma anche l'obiettivo di 4,2 miliardi di incassi previsti a giugno sarebbe irraggiungibile anche due mesi dopo. Solo l'Eni sembra arricchire le entrate, avendo appena annunciato di voler corrispondere all'erario 1,4 miliardi. L'Enel pagherà invece 70 milioni. Meno di quanto qualcuno al governo si attendeva. Ecco perché al ministero guidato da Daniele Franco stanno ragionando su alcuni accorgimenti.
Le rimodulazioni
Fonti spiegano che le strade percorribili sono due. Ma quella che sembra prevalere ipotizza un lieve ritocco al provvedimento di giugno firmato dall'Agenzia delle Entrate che però è stato già subissato dai ricorsi al Tar del Lazio, chiamato ad esprimersi l'8 novembre. Si punterebbe a mantenere l'ancoraggio alle operazioni Iva sterilizzando però l'impatto delle operazioni straordinarie come le fusioni societarie e le dinamiche infragruppo che nulla hanno a che fare con gli utili da inflazione energetica.
Al contempo però l'aliquota applicata, ora fissata al 25%, potrebbe alzarsi fino al 40-50% in modo da recuperare qualche soldo in più. La seconda strada - meno praticabile per le tempistiche del Tesoro - prevederebbe di ribaltare la base imponibile per agganciarsi al valore della produzione che determina il calcolo dell'Irap. Ma servirebbe tempo alle aziende per riconsiderare il contributo da versare e si finirebbe per sforare al 2023 quando si chiude l'esercizio fiscale.
C'è da registrare anche la levata di scudi dell'industria farmaceutica che replica a chi ipotizza un'imposta sui presunti utili eccedenti di questi mesi. «Il nostro settore - dice il presidente di Farmindustria Marcello Cattani - si confronta con aumenti dei costi dell'energia del 600% rispetto a un anno fa e con prezzi al consumo dei farmaci con prescrizione scesi dell'1%».
Dinamica delle entrate
Ieri il Tesoro ha comunicato le entrate tributarie nei primi sette mesi 2022. Le imposte indirette sono salite di 16,3 miliardi. All'andamento positivo ha contribuito l'Iva, con il prezzo del petrolio che ha alzato i proventi. Così quello che non sta riuscendo sugli extra profitti si sta determinando con l'inflazione.
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