MALEDETTO VENERDÌ 13 - LE GRAVISSIME ACCUSE DEI PASSEGGERI: “QUELLI DELL'EQUIPAGGIO, LA MAGGIOR PARTE FORMATA DA INDIANI, CINGALESI, FILIPPINI, SE NE SONO FREGATI ALTAMENTE DI PENSARE PRIMA A SALVARE ANZIANI, BAMBINI E DISABILI E SONO CORSI PER PRIMI ALLE SCIALUPPE…” - “QUELLA NAVE ERA UNA BABELE DI LINGUE, GLI ADDETTI AL PERSONALE NON SI CAPIVANO MANCO TRA LORO, UNO DI NOI ADDIRITTURA S'È MESSO A GUIDARE UNA SCIALUPPA PERCHÉ IL MARINAIO INCARICATO NON ERA CAPACE DI FARLA PARTIRE”…

1- IL VARO SFORTUNATO E IL VENERDÌ 13 DELLA "CONCORDIA"
Armando Torno per il Corriere della Sera

Perché il «Venerdì 13», il giorno della tragedia dell'Isola del Giglio (con una nave che al varo non vide infrangersi la tradizionale bottiglia,), è considerato un giorno nefasto? Perché unisce due elementi considerati negativi, ovvero il venerdì e il numero 13. Anche se Cristoforo Colombo non ne tenne conto, in questo giorno della settimana gli antichi romani usavano eseguire le condanne a morte. Di venerdì muore Gesù: bastò per considerarlo infausto.

Anche il 13, soprattutto nel mondo anglosassone, è visto malamente. È un numero primo, viene dopo il 12 che nelle antiche culture patriarcali era ritenuto perfetto (non a caso gli apostoli di Cristo sono 12). Nella mitologia nordica Loki era il tredicesimo dio ed era una specie di maramaldo, da temere. Come se ciò non bastasse il 13 è stato associato a Satana ed è il preferito dei film thriller.

Pur con una serie di precisazioni, va aggiunto che tra gli arcani maggiori dei tarocchi il 13 è la carta della morte. Alcune compagnie aeree non prevedono il posto 13 a bordo; così come a molti ascensori manca il pulsante 13. E il connubio tra queste due negatività prese una forza particolare dopo che il 13 ottobre 1307 vennero arrestati in massa i templari, invisi a Filippo IV di Francia, e poi espropriati, processati, distrutti in ogni parte. Non si sta in 13 a tavola, meno che mai di venerdì. Il celebre precedente si individua nell'Ultima Cena del Signore, nella quale Giuda figura come tredicesimo commensale.

2- «S'INCLINAVA SEMPRE DI PIÙ E NEL BUIO ERAVAMO SOLI»
di Fabrizio Caccia per il Corriere della Sera

Nel naufragio hanno perso tutto, vestiti, documenti, soldi. «Ero nella cabina 1387, qualcuno mi può aiutare?», domanda senza più speranza una signora di Cuneo, Cristina Bordino, con l'abito della festa della sera prima. Erano più di quattromila a bordo e il mattino dopo sono ancora tutti impauriti, bagnati, infreddoliti. Vagano avvolti in coperte di fortuna per le classi della scuola media «Mazzini» di Porto Santo Stefano, che funziona da centro di raccolta dei superstiti.

Ai muri sono appese le carte geografiche destinate agli alunni, si vede bene che tra il Giglio e l'Argentario c'è appena uno sputo di mare: perché la Costa Concordia s'è voluta infilare per forza in quella cruna? I crocieristi scampati al disastro, riuniti in capannelli davanti a quelle carte, proprio non si capacitano. La notte è passata, la nave è lontana e sulla terraferma hanno trovato pane caldo e abbracci. Ma ora il terrore lascia il posto alla rabbia.

«Quando la Costa s'è incagliata, alle nove e mezzo di sera, è stato il caos - denuncia Antonella Cipriani, una giovane signora bionda fiorentina -. Ci dicevano di tornare in cabina, che era tutto sotto controllo, che c'era stato solo un guasto al generatore, per quasi due ore così nessuno ci ha saputo guidare. Ma intanto era mancata la luce, la nave s'inclinava sempre di più e nei corridoi al buio è scoppiato il panico, genitori coi bambini in braccio che correvano disperati verso le scialuppe di salvataggio, che però invece di cadere a perpendicolo nel mare, data l'inclinazione, piombavano su di noi come meteoriti giganti».

Le accuse dei passeggeri sono gravissime: «Quelli dell'equipaggio, la maggior parte formata da indiani, cingalesi, filippini, se ne sono fregati altamente di pensare prima a salvare anziani, bambini e disabili e sono corsi per primi alle scialuppe...», aggiunge scandalizzato Francesco Frontera di Crotone in viaggio con la fidanzata.

«Ma dov'era il comandante?», protesta Pietro Bologna di Lampedusa in vacanza con sua figlia Tiziana. «Forse a bordo non c'è mai stato, pensate che il 12 sera quando ci siamo imbarcati noi da Palermo, il personale ci aveva avvisato che bisognava fare la foto del brindisi tutti insieme col comandante Schettino. Lui però non c'era mica. Quelli così ci hanno spiegato che l'avrebbero aggiunto loro con un fotomontaggio».

Ancora racconti da brividi. Giulio Vango, da Asti: «Quella nave era una babele di lingue, gli addetti al personale non si capivano manco tra loro, uno di noi addirittura s'è messo a guidare una scialuppa perché il marinaio incaricato non era capace di farla partire». Elena Grisi, Crotone: «Poco prima dell'urto ci stavano facendo compilare un questionario coi nostri giudizi sulla navigazione e il consiglio da parte loro era quello di scrivere eccellente per poter vincere una crociera gratis...».

Lorenzo Barabba, direttore dei servizi alberghieri di bordo sulla Costa Concordia, scuote la testa: «Non è vero - dice - tanti di noi si sono buttati in mare per salvare la vita a dei passeggeri che si erano tuffati senza nemmeno aspettare le scialuppe. Un ufficiale di macchina, fratello di un assessore comunale di Bari, ha guidato in salvo da solo almeno cento persone».

Barabba, malgrado i morti e i dispersi, sembra ottimista per il futuro: «Adesso resteremo a terra per un po', ma io devo andare a Venezia perché il primo maggio ci attende il varo di un'altra supernave, la Costa Fascinosa...». Già, speriamo bene. A bordo, l'altra notte, c'erano pure centinaia di francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi. Anche i turisti stranieri sono furibondi: «Ringraziamo la gente dell'Isola del Giglio che subito dopo il naufragio ci ha accolto nelle loro case - dicono in coro Cyrille e Sylvie Bathuel e Maurice e Violette Paulet, tutti francesi -, però con le crociere abbiamo chiuso. Mai più».

 

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