LO SMEMORATO DI PORTA NUOVA - MANFREDI CATELLA DEFINIVA LIGRESTI “UNO DEI MIEI TRE MENTORI”. ORA DIMENTICA DON TOTÒ (“CON LIGRESTI UN RAPPORTO LIMITATO”) E SI BUTTA CON RENZI. PECCATO CHE LA SUA HINES FINISCA NEL ‘LUXLEAKS’ LUSSEMBURGHESE
1. IL LIGRESTINO VOLA DA SOLO E ATTERRA DA RENZI
DAGOREPORT
Con una forte intervista al Corriere del 6 novembre Manfredi Catella, il novello Ligresti di Milano dichiara la sua fede renziana di ferro, e come suo stile proclama ordine, trasparenza, legalita': dice inoltre che lui con il decotto Salvatore Ligresti ha avuto solo "un rapporto limitato e puntuale".
Peccato che il giorno dopo l’Espresso lo bolla tra coloro che, tramite tax ruling lussemburghesi, insieme a Ligresti avrebbe trovato modo di non pagare le tasse in Italia con la sua Coima, vero snodo dei suoi affari immobiliari.
L’Italia e’ un Paese dove la riconoscenza e’ il sentimento del giorno prima e il novello Ligrestino ne fa una ragione di vita: partito con Ligresti come socio piu' rilevante di lui della sua societa' finanziaria Hines SGR, per anni ha accompagnato Ligresti come un allievo desideroso di imparare e grazie al posto in CdA di Unicredit di Ligresti e alla gratitudine di Profumo verso l'ingegnere per avergli portato i soci libici, ha realizzato, sotto la regia di Salvatore, il gigantesco complesso di Porta Garibaldi dove e’ atterrata la nuova sede di Unicredit.
Appena Ligresti ha cominciato a scendere la china con la velocita' del razzo, il Ligrestino lo ha mollato scegliendo l’ala protettrice del finanziere Francesco Micheli, piu' presentabile di Ligresti da Paterno', ma ora considera Micheli un po' "passato", quindi si è dedicato al renzismo.
Intanto i suoi palazzi, che hanno deturpato la linea della vecchia Milano, sono perlopiu' vuoti, tranne quelli che riempie Unicredit.
2. IL COSTRUTTORE E LA CENA DEM: IO A FIANCO DI MATTEO
Andrea Senesi per il “Corriere della Sera” del 6 novembre 2014
Il padrone di casa non pagherà i mille euro come gli altri seicento commensali, ma come tutti gli altri è uno che a «Matteo» e alla sua rivoluzione ci crede davvero. Manfredi Catella, 46enne ad di Hines Italia, è il papà di Porta Nuova, il quartiere milanese con la torre dell’Unicredit e la nuova piazza Gae Aulenti che così tanto piace (ora) al Pd da volerci organizzare la festa dell’Unità dell’anno prossimo.
Quando ha conosciuto Renzi?
«Me lo hanno presentato un paio d’anni fa in un incontro alla fondazione Metropolitan. C’erano Francesco Micheli e Davide Serra. Con Renzi c’è sintonia umana prima ancora che politica. Mi è sembrato subito uno che ci crede, uno che lavora. Mi piace l’approccio, l’insistere sul tema della discontinuità culturale. Ha capito che questo Paese va cambiato dalle fondamenta».
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Il suo ex socio Salvatore Ligresti si faceva vedere a braccetto con La Russa. Gli immobiliaristi milanesi non sono più di destra?
«Con Ligresti c’è stato un rapporto limitato e puntuale. In Porta Nuova lui è entrato perché era il proprietario delle aree ma poi non ha costruito neanche un palazzo. Il nostro mestiere ha a che fare con gli spazi pubblici, la cura del territorio, del bene comune. Temi che dovrebbero essere cari alla sinistra. In un certo momento siamo invece diventati i “nemici” per definizione. Ora la mentalità, anche su questo punto, è cambiata».
3. RENZI, LIGRESTI E IL NUOVO CHE AVANZA
Da http://malagutti.blogautore.espresso.repubblica.it/
«Con Ligresti c’è stato un rapporto limitato e puntuale», dice al “Corriere della Sera” Manfredi Catella, il manager che guida in Italia il gruppo americano Hines, un colosso con una potenza di fuoco di miliardi di euro. Insomma, solo affari, «puntuali e limitati», ci mancherebbe, e niente più di questo. Adesso che Salvatore Ligresti e famiglia, un tempo potentissimi e influenti nelle stanze della politica, sono stati travolti dai debiti e dai processi, conviene prendere le distanze (...)
Non è successo niente. Il nuovo avanza e il passato non conta. Compresa questa frase consegnata alla cronaca dei giornali: «Dopo la scomparsa di mio padre , sei anni fa, mi sono rimasti tre mentori: mia moglie, Gerald Hines e Ligresti». Parola di Manfredi Catella. Quattro anni fa.
4. ECCO GLI ITALIANI COL FISCO SU MISURA
Estratti dall’articolo di Paolo Biondani, Vittorio Malagutti e Leo Sisti per “l’Espresso”
ha collaborato Alfredo Faieta
COPERTINA DE IL MONDO CON SALVATORE LIGRESTI
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Centinaia di pagine di documenti che riguardano il nostro Paese. Sono i patti segreti con il fisco del Granducato. Grazie a questi accordi, in gergo ruling, alcuni grandi investitori sono riusciti a ridurre al minimo le imposte da pagare in Italia su importanti operazioni. Affari miliardari tassati pochissimo grazie alla generosa legislazione lussemburghese.
Un nome su tutti: il colosso immobiliare Hines, che con i capitali raccolti in Lussemburgo ha ridisegnato, tra grattacieli, giardini e nuove strade, una fetta importante del centro di Milano, tra i quartieri Isola, Garibaldi, Porta Nuova e Varesine. Hines è guidata in Italia da Manfredi Catella, a lungo finanziato da Salvatore Ligresti, poi uscito di scena causa dissesto.
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Ma il risultato finale resta chiaro: le holding lussemburghesi che tirano le fila del grande intervento edilizio a Milano hanno visto ridursi a pochi spiccioli le tasse sui loro profitti. A tutto vantaggio degli investitori, a cominciare dalla stessa Hines e dal gruppo Ligresti. Senza contare che le società del Granducato controllano fondi immobiliari di diritto italiano, gli stessi che hanno gestito il grande business dei nuovi quartieri nella metropoli lombarda. E anche i fondi immobiliari, nel nostro Paese, sono soggetti a un particolare regime fiscale molto favorevole ai sottoscrittori.
Al vertice della costruzione targata Hines c'è un fondo americano collegato a una società anonima con base nel paradiso fiscale del Delaware. Da qui si diramano tre strutture di holding e sub-holding lussemburghesi, dove compaiono i soci italiani. La maggioranza è sotto il controllo di Hines.
Poi ci sono i Ligresti, tramite la holding Premafin o le compagnie di assicurazioni Fonsai e Milano, che all'epoca del ruling (2010) erano controllate dalla famiglia. Una quota minore (3,44 per cento) fa capo alla Coima, la società di famiglia di Catella. Le tre strutture societarie sono state finanziate (anche dai soci italiani, secondo il ruling) con speciali strumenti, chiamati "bond ibridi". Sono titoli con caratteristiche molto simili alle obbligazioni, cioè debiti da rimborsare con gli interessi. La legge lussemburghese permette però di considerare questi stessi bond come "equity", cioè capitale di rischio investito in azioni.
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Hines Italia, interpellata da"l'Espresso", dichiara di «occuparsi solo dei fondi italiani», per cui «non è coinvolta nelle questioni fiscali degli investitori esteri». Mentre Coima precisa di «non aver mai preso parte» ai ruling e comunque la sua «limitata partecipazione al fondo Isola» è «soggetta esclusivamente alla fiscalità italiana».