SIAMO AI MATERASSI - MEDIASET SI PREPARA ALLA GUERRA CON VIVENDI - OGGI CONSIGLIO DI FAMIGLIA (SPACCATA) - BARBARA VUOLE USCIRE DALLE TV E CAMPARE DI RENDITA - PIERSILVIO E MARINA VOGLIONO BLINDARE IL CONTROLLO - BOLLORE’ HA L’OBBIETTIVO DI SALIRE FINO AL 20% DEL BISCIONE PER POI TRATTARE ESCLUSIVAMENTE CON SILVIO
1. GENTILONI: L’ITALIA NON E’ APERTA A SCORRIBANDE
Ettore Livini per la Repubblica
LA FAMIGLIA BERLUSCONI SU CHI MARINA PIERSILVIO ELEONORA LUIGI SENZA BARBARA
Silvio Berlusconi si prepara a riunire il gran consiglio di famiglia per decidere le prossime mosse nella delicatissima partita a scacchi contro Vivendi. La posta in palio, come ormai è chiaro a tutti, è altissima. I francesi proseguono a tappe forzate la scalata a Mediaset, servono decisioni rapide e l’ex-Cavaliere – memore delle frizioni del passato tra i figli sul futuro delle tv di Arcore – ha deciso di rompere gli indugi e serrare le fila sul fronte interno per difendere il cuore dell’impero dall’assalto francese. Marina, Piersilvio, Barbara, Luigi ed Eleonora, dopo essersi consultati più volte nelle ultime 24 ore, potrebbero trovarsi forse già oggi attorno a un tavolo assieme al padre per stabilire come muoversi.
confalonieri con marina e piersilvio berlusconi
Casa Berlusconi ha del resto di fronte un bivio decisivo: da una parte c’è l’ipotesi di metter mano al portafoglio per difendere Mediaset. Come già è stato fatto ieri spendendo 140 milioni per arrotondare la partecipazione al 38,2%. Dall’altra c’è la possibilità di seppellire l’ascia di guerra e venire a patti con Bollorè per creare quel “polo di media e produzione” che aveva convinto i due ex-partner a firmare l’intesa su Premium. Un’”accozzaglia” in cui potrebbero confluire Telecom Italia, Canal Plus e forse pure Orange. Il ruolo di Fininvest in questa partita però - per una banale questione di numeri - sarebbe di Serie B. I Berlusconi rischierebbero di essere ridimensionati a soci finanziari con il contentino, al limite, di uno strapuntino per Piersilvio. Due scenari diametralmente opposti che – come ovvio - richiedono unità in famiglia.
Il tam-tam in arrivo da Fininvest finora è chiaro: rullano i tamburi di guerra. I vertici del Biscione sono al lavoro con gli advisor per capire quali opzioni ci sono sul tavolo. La prima linea Maginot cui punta l’ex-Cav. è la difesa “politica” del Sistema paese contro l’imboscata francese.
E le parole di ieri di Paolo Gentiloni – «l’Italia è un’economia forte, non aperta a scorribande» – hanno acceso un lumicino di speranza in via Paleocapa. Tanto che Silvio, dice il tam-tam di Montecitorio, avrebbe contattato i vertici di Forza Italia chiedendo a tutti di non alzare troppo i toni con il premier incaricato.
L’idea però è che è meglio contare sulle proprie forze, anche se la strada è stretta. I soldi non sono un problema. Fininvest aveva a fine 2015 più di 330 milioni di liquidità e la cessione del Milan porterebbe altri 400 milioni, un tesoretto più che sufficiente per rintanarsi nel Fort Alamo di Cologno e resistere a lungo all’assedio di Bolloré. Un primo chip di questa somma è stato usato ieri per salire in Mediaset rastrellando quel 3,5% che il Biscione poteva comprare nel 2016 senza incorrere in obblighi d’Opa.
Un modo per provare a blindare la maggioranza cercando l’appoggio di altri soci (con garbo per evitare l’accusa di concerto) per poi trattare con Vivendi da una posizione di maggior forza. L’alternativa è alzare la posta alleandosi a Sky con un’operazione più aggressiva. Ipotesi però al momento poco credibile.
Il gran consiglio delle prossime ore servirà quindi a decidere quale strada imboccare preservando, se possibile, i fragili equilibri di famiglia. Il blitz di Bolloré, da questo punto di vista, è potenzialmente esplosivo. Marina e Piersilvio non paiono aver nessuna voglia di mollare la presa sulle televisioni.
Barbara Berlusconi invece potrebbe essere di un altro parere. Qualche anno fa ha criticato la decisione del padre e dei figli di primo letto di non vendere Mediaset a Rupert Murdoch. Cosa dirà adesso? Di acqua sotto i ponti da allora ne è passata tanta. Ma l’idea di metter mano all’argenteria di famiglia per difendere Mediaset potrebbe non trovare d’accordo nè la primogenita di Veronica Lario nè i fratelli Eleonora e Luigi. Più interessati magari a mollare la patata bollente di Canale 5 & C. in cambio di una tranquilla partecipazione in uno dei colossi del settore del futuro.
Quasi tutte le grandi dinastie imprenditoriali mondiali in fondo hanno mollato il timone delle loro imprese accontentandosi di raccogliere ricchi dividendi delle partecipazioni azionarie. Il Natale 2016 di casa Berlusconi ci aiuterà a capire se anche ad Arcore, complice Bolloré, finirà così.
2. MA VINCENT ACCELERA: VUOLE IL 20% PER POI TRATTARE SOLO CON SILVIO
Giovanni Pons per la Repubblica
«Questo sembra il modello tipico di Bolloré — hanno scritto gli analisti di Mediobanca stamattina per spiegare l’acquisto del 3% di Mediaset da parte di Vivendi — acquisire una piccola partecipazione, poi salire e quindi cercare di influenzare la direzione della società». Certo questa volta l’industriale- finanziere bretone si è mosso in fretta visto che già alla fine della seduta di ieri, con il titolo Mediaset impennato del 31%, Vivendi ha dichiarato di possedere il 12,3% del Biscione. Avendo già annunciato di voler salire fino al 20% ma non oltre, per il momento, c’è da immaginarsi che questa quota verrà raggiunta in tempi brevi, già prima di Natale. I movimenti sul titolo sono però sospetti, soprattutto per chi la scalata la sta subendo, e pensa che tutta l’operazione sia frutto di una grande speculazione.
cyrill vincent e yannick bollore
In effetti non è facile capire a quale Bolloré ci si trovi davanti: il raider o l’industriale? Se l’era chiesto anche il Financial Times non molto tempo fa, non arrivando a una risposta precisa. L’uomo d’affari bretone ha alle spalle una solida attività industriale di famiglia, che spazia dalla logistica, alle batterie elettriche alla pubblicità, ma proprio facendo leva su questo patrimonio consolidato nel tempo ha spesso colto l’occasione per incursioni finanziarie sempre andate a buon fine. Prima le faceva in proprio, come ai tempi della Lazard, adesso dal ponte di comando è Vivendi, colosso dei media che ha venduto tutte le partecipazioni telefoniche che aveva in pancia ed è restata con una grande liquidità in cassa.
vincent bollore dal financial times
Ma chi lo conosce bene assicura che Bolloré si comporta diversamente a seconda di dove opera: in Francia può permettersi di fare il dominatore nelle aziende che lo interessano, come Havas o la più recente acquisizione di Ubisoft, nella quale dall’alto dei suoi soldi ha surclassato la famiglia Gallimard. Mentre in Italia ha sempre usato un approccio più soft, più misurato.
La dimostrazione è Mediobanca, dove è entrato nel lontano 2002 per difendere Vincenzo Maranghi e poi è restato per quasi quindici anni con una quota dell’8%, mai superiore al primo azionista italiano. In Telecom Italia ha cominciato da un 8% ricevuto da Telefonica in cambio delle partecipazioni sudamericane e poi è salito fino al 25%, assicurandosi il quasi controllo della società, considerando che il mercato è padrone con il 75%.
VINCENT BOLLORE TARAK BEN AMMAR
In Mediaset la storia è un po’ diversa. Il rapporto di conoscenza tra Bolloré e Silvio Berlusconi è di lunga data ed è facilitato dai buoni uffici del comune amico Tarak Ben Ammar, mentre con i figli Pier Silvio e Marina il dialogo è molto più difficile. Soprattutto dal luglio scorso quando Vivendi ha ribaltato il tavolo dell’accordo che era stato raggiunto in grande armonia ad aprile e che prevedeva uno scambio di partecipazioni tra i due gruppi e l’accollo da parte dei francesi della patata bollente di Premium, la pay tv nel digitale terrestre che sta zavorrando tutta Mediaset.
berlusconi in tunisia con tarak ben ammar
Ora i rapporti tra i figli Berlusconi e i francesi si sono deteriorati fino al punto da spingere Bolloré a giocare la carta più aggressiva, pur un passo dietro al primo azionista. E cioè l’acquisto di azioni sul mercato, una semi scalata, fino al 20% con l’intento di conquistare voce in capitolo nella Mediaset allargata e cercare di riannodare i fili del dialogo con Berlusconi in persona, rincuorato dopo i problemi di salute della scorsa estate e rinvigorito politicamente dall’esito del referendum.
RECCHI ARANUD DE PUYFONTAINE CATTANEO
Il passo indietro di Renzi ha fatto piacere anche a Bolloré che mal aveva sopportato la discesa in campo dell’Enel contro Telecom nella partita della rete a banda larga. In questo contesto il fiuto del finanziere ha suggerito che fosse il momento buono per rompere gli indugi e cercare di far scendere a più miti consigli gli alleati-avversari. Da soci Mediaset quasi alla pari Berlusconi e Bolloré potrebbero sedersi a un tavolo e trovare facilmente una via per risolvere il malessere di Premium, che passa per un avvicinamento con Telecom ai danni di Sky.
E di disegnare anche il futuro di Mediaset, in un ambito più europeo e magari senza i figli al timone ma con una guida più manageriale. Tuttavia il rischio di passare per un raider puro è alto in questo momento così come la possibilità che il sistema italiano si compatti nel respingere lo straniero. Nei prossimi mesi si saprà se il Bolloré che sta puntando su Mediaset è il finanziere o l’industriale.