PEPSI ALLA TRICOLORE - MAURO PORCINI E' IL PRIMO “CHIEF DESIGNER OFFICER” DELLA MULTINAZIONALE USA - MENTRE GLI AMERICANI TORNANO A BERE PIU’ ACQUA CHE BEVANDE GASSATE LA MISSIONE DEL MANAGER DI GALLARATE E’ DI RILANCIARE IL BRAND - ECCO “SPIRE”, IL DISTRIBUTORE INTELLIGENTE PER PERSONALIZZARE LA PROPRIA BIBITA
Maria Teresa Cometto per Corriere Economia - Corriere della Sera
È un italiano, Mauro Porcini, il designer che sta reinventando le bollicine. Il problema per la sua azienda, la Pepsi, come per la sua storica rivale Coca-Cola, è che i consumatori si stanno disamorando delle bibite gasate, preferendo alternative salutiste. Persino gli americani, l' anno scorso, hanno bevuto più acqua che bevande zuccherate. Ricatturare l' attenzione della gente è quindi una delle missioni del centro di Design innovazione creato da Porcini, primo chief designer officer in PepsiCo dal luglio 2012. «Nelle grandi aziende finora non esisteva la funzione del cdo: di solito si affidavano a consulenti, soprattutto sull' immagine dei prodotti», racconta Porcini a L' Economia , mostrando il suo quartier generale newyorkese a Soho, zona di riferimento per i designer di mezzo mondo.
Negli spazi dove lavorano un centinaio di persone, c' è un laboratorio per fabbricare prototipi con le stampanti 3D e anche una stanza con le tecnologie per la realtà virtuale. «Ci serve per disegnare nuovi prodotti e per sottoporre i clienti a nuove esperienze e, grazie a software avanzati, studiare le loro reazioni emotive: cosa provano davanti a un distributore di bibite o in un ristorante come il Kola house?». Quest' ultimo è stato aperto da PepsiCo poche settimane fa a Manhattan per testare nuovi gusti e marchi del gruppo. «Stiamo aprendo anche una casa da tè con il nostro brand Pure leaf - aggiunge -. Venderemo tazzine di Murano disegnate da Luca Nichetto».
Qui nel Design innovation center è nata Spire, distributore «intelligente» di bevande Pepsi che permette di personalizzare la propria bibita: «Il primo frutto dell' approccio "design thinking" che ho portato in PepsiCo e che significa immaginare i prodotti e brand del futuro», racconta Porcini. Grazie a Spire, Pepsico è riuscita a tornare in un Disneyland park, quello di Shanghai, spodestando Coca-Cola per la prima volta nell' ultimo quarto di secolo. Anche HersheyPark, l' enorme luna park associato alla omonima fabbrica di cioccolato in Pennsylvania, ha adottato le Spire e fra poco aprirà un' attrazione firmata Pepsi: F!zz, una grande installazione dove, al ritmo di un dj, baristi combinano bollicine, sapori, acqua e guarnizioni in un soft drink che sta in una bolla, assomiglia a un dolce, ma ha solo 70 calorie. «Dopo aver studiato la reazione dei clienti all' HersheyPark, pensiamo di farne un prodotto per la casa».
Spire e F!zz sono esempi dell' innovazione secondo Porcini necessaria nell' era dei social media: «Per realizzarla è necessario il lavoro di un designer a 360 gradi, che s' intenda di grafica, mondo digitale e design industriale. Una figura ancora rara, soprattutto in America, dove prevale la ultra specializzazione». Nato a Varese 42 anni fa Porcini si è laureato in Design industriale al Politecnico di Milano; ha studiato per un anno a Dublino e ha iniziato a lavorare sull' innovazione dell' immagine di Philips, sperimentando le tecnologie indossabili. È poi passato al mondo della musica, occupandosi di design digitale e multimediale con l' imprenditore-dj Claudio Cecchetto.
Entrato in 3M nel 2002, ha ideato la nuova funzione di cdo, innovando in disparati settori, dall' aerospazio alla nautica, dalla salute alla pulizia della casa. In PepsiCo per la prima volta è alle prese con bevande e cibo. «In primis ho modificato il logo Pepsi, l' ho ingrandito, ho scelto un blu più brillante e l' ho reso uguale in tutto il mondo - ricorda Porcini -. Così l' ho trasformato in un asset, un patrimonio globale che ha un impatto importante, con forti tagli dei costi e aumento dell' efficienza».
Poi Porcini ha creato il Design innovation center a New York, che ora ha satelliti-lab - con altri 70 designers - a Dallas, Chicago, Mosca, Londra, Shangai e Città del Messico. E l' Italia? «Non ho scelto Milano, perché i lab devono essere vicini a grandi clienti o grandi impianti produttivi. Ma lavoro spesso con designer italiani. E Pepsi ha una collaborazione con il Master in Food beverages del Politecnico di Milano». Oltre alle bibite, Porcini è impegnato sull' acqua, come quella purificata con elettroliti LifeWTR, il marchio premium della casa. «L' innovazione qui è nel significato del brand: chi la beve "aiuta il mondo degli artisti emergenti", perché ogni tre mesi sulla bottiglia appare il lavoro di creativi diversi.
Così la bottiglia diventa uno status symbol: in America, dove è diventata quasi un accessorio e chi ce l' ha in mano mostra di essere alla moda perché beve in modo sano». Un altro prodotto high-tech ideato dal team di Porcini è Drinkfinity, per ora in prova solo in Brasile: è una bottiglia riciclabile, a cui si applica una capsula con ingredienti che le danno sapori (una dozzina fra cui scegliere) e vitamine: basta riempirla d' acqua e scuotere ed ecco una bevanda personalizzata, poco calorica (15 calorie per un quarto di litro contro le 100 di una Pepsi) e sostenibile, perché consuma meno energia per essere prodotta.
Una versione ancor più sofisticata di Drinkfinity è stata sviluppata con l' Istituto scientifico sportivo di Gatorade: si tratta di un sistema di monitoraggio sull' idratazione degli atleti. Un cerotto applicato al corpo rileva quantità e composizione chimica del sudore, diverso da persona a persona; il medico sportivo analizza i risultati con una app per stabilire i sali minerali e vitamine più adatti a soddisfare la sete dell' interessato. Gli ingredienti sono in capsule personalizzate di Gatorade, che vengono mischiate all' acqua in una bottiglia tipo Drinkfinity, dove c' è un chip, collegato alla app del medico per monitorare quanto beve l' atleta.
«Stiamo testando questo sistema con campioni testimonial di Gatorade come Serena Williams e Usain Bolt, e con squadre di giocatori di football nei college americani - conclude Porcini -. Forse in seguito ne proporremo una versione per il largo pubblico: un po' come se la Ferrari trasferisse le innovazioni tecnologiche delle auto da corsa a quelle di massa».