MAZZETTE AL CURRY E MAZZATE IN BORSA – DOPO CHE GLI STATI UNITI HANNO SPICCATO UN MANDATO D’ARRESTO PER IL MILIARDARIO INDIANO GAUTAM ADANI, I TITOLI DELLE SUE SOCIETÀ SONO CROLLATI, BRUCIANDO 27 MILIARDI DI CAPITALIZZAZIONE – IL MAGANTE, SECONDO UOMO PIÙ RICCO D’ASIA, È ACCUSATO DI CORRUZIONE CON TANGENTI PER 265 MILIONI DI DOLLARI PER LA CREAZIONE DEL PARCO SOLARE PIÙ GRANDE DELL’INDIA. PARTE DEI PRESUNTI REATI SAREBBERO STATI COMMESSI NEGLI USA...
Estratto dell’articolo di Marco Masciaga per “Il Sole 24 Ore”
I titoli della galassia Adani – una delle conglomerate più grandi, tentacolari e politicamente influenti dell’India – hanno perso decine di miliardi di dollari di capitalizzazione in Borsa a Mumbai, dopo che il presidente del gruppo, Gautam Adani, è stato formalmente accusato di corruzione dalle autorità statunitensi ed è stato spiccato un mandato d’arresto nei suoi confronti.
A fine seduta, le società del gruppo avevano «bruciato» circa 27 miliardi di dollari con Adani Green Energy sprofondata del 19% e la capofila Adani Enterprises in calo di oltre 10 punti percentuali.
[…] Adani Green Energy ha cancellato un piano per collocare obbligazioni per 600 milioni di dollari, mentre il presidente kenyano William Ruto ha invalidato una gara per dare in concessione l’aeroporto di Nairobi in cui il Gruppo Adani era dato per favorito. Altri contratti già siglati potrebbero essere cancellati.
Nelle 54 pagine del capo d’imputazione si legge che il tycoon, il secondo uomo più ricco dell’Asia, avrebbe preso parte a un piano per distribuire circa 265 milioni di dollari di tangenti a funzionari di società pubbliche statali indiane. Benché i progetti in questione fossero sparsi tra Stati come l’Andhra Pradesh e il Tamil Nadu, le accuse sono state formulate in una Corte Federale americana perché alcuni dei presunti reati sarebbero stati commessi negli Usa.
Il gruppo indiano ha definito «prive di fondamento» le accuse. Ma da una lettura dell’ordinanza sembrano invece molto circostanziate, dando la netta impressione che molte delle prove siano state raccolte penetrando nei telefoni e nei computer degli interessati e ascoltando le loro conversazioni, comprese quelle in presenza.
Secondo la Corte distrettuale dell’Eastern District di New York, le tangenti sarebbero legate alla creazione e gestione del parco solare più grande dell’India, un’operazione che avrebbe dovuto fruttare al Gruppo Adani profitti ingenti, stimati in 2 miliardi di dollari nell’arco di 20 anni.
Più precisamente, le dazioni sarebbero state finalizzate a convincere i vertici di alcune utilities locali che operano nella distribuzione elettrica ad acquistare energia a caro prezzo da una società statale (la Solar Energy Corporation of India, o Seci) che a sua volta se la sarebbe procurata attraverso il parco solare gestito da Adani Green Energy e da un’altra società del settore: Azure Power Global. Nell’indagine è coinvolta anche la Caisse de Depot et Placement du Quebec, un fondo pensione canadese che detiene più del 50% delle azioni di Azure Power Global.
Contro i top manager del gruppo c’è anche un procedimento civile portato dalla Securities and Exchange Commission (Sec) americana. Gautam Adani, suo nipote Sagar Adani (anche per lui è stato spiccato un mandato d’arresto) e l’ex Ceo di Adani Green Energy Vneet Jaain sono accusati di frode finanziaria, cospirazione per commettere una frode finanziaria e cospirazione per commettere una frode telematica.
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Per chi segue le vicende di Adani, le accuse formalizzate dalla giustizia americana sono sì clamorose, ma non sorprendenti. Poco meno di due anni fa lo short seller americano Hindenburg Research pubblicò un dettagliato report sulle attività del gruppo che accusava Adani e alcuni membri della sua famiglia di una serie di gravi frodi finanziarie perpetrate attraverso una serie di società domiciliate in paradisi fiscali.
In quel caso si sarebbe trattato di operazioni orchestrate per gonfiare il valore dei titoli delle società del gruppo. In passato Adani è anche stato accusato di gonfiare il prezzo del carbone che importa in India, attraverso alcune società di comodo domiciliate all’estero. Mentre lo scorso settembre è emerso che 311 milioni di dollari depositati su cinque conti svizzeri riconducibili al gruppo indiano sarebbero congelati dal 2021 per iniziativa della procura di Ginevra.