A MEDIASET LE COSE VANNO SEMPRE PEGGIO E ORA IL BANANA CERCA DISPERATAMENTE UN POLLO COMPRATORE O PARTNER POLLASTRELLI - C’È CHI DICE DI STACCARE UNA PARTE “PAY” E DI AFFIDARLA AL SULTANO DI TURNO, CHI DI USCIRE DALLA BORSA - SE TROVASSE UNA SOLUZIONE, IL BANANA POTREBBE ANCHE NON RIPRESENTARSI IN POLITICA - ECCO PERCHÉ RIGOR MONTIS HA SONDATO IL TERRENO FRA GLI INVESTITORI AMERICANI, MA NIENTE DA FARE...

Giovanni Pons per "Affari & Finanza - la Repubblica"

Bisogna trovare una soluzione per Mediaset. È questo il tema che già da qualche mese intrattiene sia i big della politica italiana che quelli della finanza. Poiché da Mediaset possono dipendere molte cose e in prospettiva molti equilibri nel variegato panorama dei poteri del Belpaese. La tesi più in voga tra i banchieri milanesi è che Berlusconi vuol scendere in campo per tutelare meglio - dall'alto di un possibile 20% di voti e un nugolo di parlamentari agguerriti - i suoi interessi economici.

E al momento giusto piazzare la zampata che salvi capra e cavoli, cioè l'onore e il futuro dell'azienda e il patrimonio della famiglia. Da mesi ormai diversi banchieri d'affari che in passato hanno assistito Berlusconi nelle sue avventure fanno la spola per proporre soluzioni finanziarie per aziende, Mediaset e Mondadori, che devono purtroppo fare i conti con un settore in rapida trasformazione. Tuttavia non siamo più negli anni '90 e offerte come quella che Rupert Murdoch (quasi diecimila miliardi di lire) aveva messo sul piatto nel 1997 sono quasi impossibili da replicare.

Oggi in Borsa il titolo Mediaset è in caduta libera e l'azienda è valutata solo 1,5 miliardi: la quota del 39% in mano alla Fininvest non arriva a 600 milioni, anche se dovrebbe incorporare un premio di maggioranza. E il 50% della Mondadori arriva a stento a superare i 100 milioni se si considerano soltanto le quotazioni di Borsa. Mentre al Milan, che non è quotato a Piazza Affari, Berlusconi assegna una valutazione stratosferica, un miliardo di euro, valore emerso nei sondaggi con alcuni investitori potenzialmente interessati a rilevarne il 30%.

Con una soluzione in tasca per Mediaset si dice che Berlusconi potrebbe anche non ripresentarsi alle elezioni, ecco perché, qualcuno mormora, anche Mario Monti ha sondato il campo presso i grandi tycoon americani incontrati qualche settimana fa al summit della Allen & Company a Sun Valley. Ma per il momento niente all'orizzonte. I rapporti con Murdoch si sono ormai raffreddati da tempo, da quando Sky è sbarcata in Italia (2003) e ha cominciato a far concorrenza al Biscione.

Il figlio Pier Silvio ha cercato di contenere i danni investendo centinaia di milioni nel lancio di Mediaset Premium, la pay tv sul digitale terrestre che ha raccolto inizialmente un buon numero di clienti. Ma la crisi finanziaria internazionale che negli ultimi due anni si è ribaltata pesantemente sui consumi, ha reso tutto più difficile. Il break even che era stato annunciato per la fine del 2011 ora è stato spostato nel 2014 e nel frattempo qualcuno ha suggerito l'idea di scorporare l'attività in "pay" in una società a parte per cercare di far entrare un partner al 30%.

Gli occhi sono caduti su colui che sta facendo una grande campagna acquisti in Europa, l'emiro del Qatar Hamad bin Kalifa al Thani, il maggiore azionista di Al Jazeera, la allnews con base nei paesi mediorientali che ha avuto un notevole successo. Ma la scintilla non è ancora scoccata, qualche analista dice che l'emiro si è invece dimostrato interessato a Canale 5. Ma è un controsenso poiché tutti sanno che ormai la tv generalista ha imboccato il viale del tramonto. L'audience è in un trend discendente ormai dal 2007 e si sta avvicinando pericolosamente alla quota del 30% di share.

Con la recessione in corso nel 2012 e probabilmente anche nel 2013 l'andamento della pubblicità è in continuo arretramento, con un meno 10,2% nel primo trimestre di quest'anno che dovrebbe ripetersi nel secondo per chiudere l'anno a meno 9%. Uno scenario mai sperimentato prima che ha indotto il management di Mediaset ad annunciare un programma di tagli dei costi da 250 milioni da realizzarsi entro il 2014 ma, secondo le ultime indiscrezioni filtrate da fonte sindacale, i risparmi alla fine del periodo potrebbero arrivare a 400 milioni.

Intanto l'azienda ha già cominciato a esternalizzare alcune produzioni, in particolare quelle di Videotime: dieci dei dodici centri di produzione del gruppo (in pratica tutti tranne Roma e Milano) verranno ceduti a un ex manager del gruppo, Renato Pizzamiglio, insieme a 75 dipendenti. Una mossa che ha fatto scattare lo sciopero, parola che suona strana dalle parti di Mediaset. E poi c'è il debito. Un recente studio di Intermonte segnala che le aziende media stanno entrando nella fase di recessione con molto più debito rispetto al 2008, quando era iniziata la crisi post fallimento Lehman Brothers.

Se nel bilancio Mediaset si tiene conto dell'ammortamento delle frequenze televisive il rapporto tra debiti e margine operativo lordo arriva al 3%. Il risultato sarà la non distribuzione del dividendo anche nel 2013 dato che la società ha dichiarato di voler abbattere il proprio debito del 25% entro un triennio, cioè da 1,8 miliardi di fine 2011 a 1,3 miliardi. La situazione è nettamente meno critica per Mediaset Espana, la società che controlla Telecinco, dove il calo della pubblicità nel 2012 dovrebbe limitarsi all'8% in una società che comunque non ha debiti.

Il quadro congiunturale negativo colpisce poi anche la Mondadori, il cui portafoglio prodotti è molto concentrato sui periodici - dove si stima una diminuzione della raccolta pubblicitaria a doppia cifra nel 2012 - e sui libri, un settore che nella prima parte dell'anno ha accusato una forte diminuzione delle vendite. Insomma Berlusconi si trova a dover giocare l'ultima sfida sia politica che di business, due campi che ha sempre incrociato con grande abilità. Ma questa volta è più difficile perché lo scenario macro entro cui si muove è estremamente difficile e nessuno in questo momento è in grado di fare regali.

Qualche consulente stile prima repubblica ha anche rispolverato il vecchio progetto di annegare Mediaset dentro Telecom, magari approfittando del possibile scorporo della rete con il supporto della Cassa Depositi e Prestiti, ma per ora tutto è ancora fermo. I banchieri d'affari, dal canto loro, consigliano una mossa stile Benetton: togliere Mediaset e Mondadori dalla Borsa approfittando delle basse quotazioni e procedere a una ristrutturazione lontano dai riflettori del mercato.

Per la casa di Segrate il costo dell'Opa potrebbe essere recuperato con la vendita di Mondadori France, un po' come ha fatto la Rcs cedendo la Flammarion. Può essere un'idea, in attesa che l'emiro del Qatar, dopo essersi aggiudicato Ibrahimovic e Thiago Silva per il Paris Saint Germain, la Costa Smeralda e Valentino decida che sia giunto il momento di entrare anche nelle televisioni italiane.

 

SILVIO E PIERSILVIO BERLUSCONI berlusconi silvio marina piersilvio MediasetRUPERT MURDOCH HAMAD BIN KHALIFA AL THANI CON LA MOGLIE MOZAHTHIAGO SILVAPalazzo_Mondadori

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