GOVERNO TECNICO ANCHE PER IL CALCIO? - NEL 2011 SU 107 CLUB RAPPRESENTATI IN LEGA SOLO 19 HANNO CHIUSO IL BILANCIO IN UTILE - L’INTERA GALASSIA DEL PALLONE (SERIE A, SERIE B E LEGA PRO) HA PERSO LO SCORSO ANNO 428 MLN €, PORTANDO A 1,1 MLD IL BUCO DEGLI ULTIMI TRE ANNI - ALTRO CHE SPREAD, IL CALCIO È ZEPPO DI DEBITI E SE LE REGOLE SUL FAIR PLAY FINANZIARIO VOLUTE DA PLATINI FOSSERO ENTRATE IN VIGORE QUEST’ANNO IL 55% DELLE SQUADRE (INCLUSE BARCA E REAL MADRID) SAREBBE FUORI DA CHAMPIONS E EUROPA LEAGUE…

Ettore Livini per "Affari & Finanza - la Repubblica"

Debiti al livello di guardia. Conti in profondo rosso e sotto il faro delle istituzioni internazionali. Performance sul campo che ci fanno rischiare la maglia nera nel Vecchio continente. Il calcio è lo specchio della società. E la Serie A, tanto per non smentire i dogmi della sociologia, è l'immagine in fotocopia (governo tecnico a parte) dello stato di salute dell'Italia. Desolante. Su 107 club rappresentati in Lega solo 19 lo scorso anno sono riusciti a chiudere il bilancio in utile. Ci si riempie la bocca di buoni proposti, obbligatori visto che dal 2015 chi non ha i conti a posto non potrà partecipare alla Champions League.

Alla fine però - come nel Gattopardo - tutto cambia perché tutto resti come prima: Inter, Juve, Milano, Roma, Lazio e gli altri team della massima divisione hanno perso nel 20102011 poco più di 1,13 euro per ogni euro che hanno incassato.

Le entrate sono state pari a 2,03 miliardi, in lieve frenata (1,2%) per la prima volta dal 2006. E l'esercizio si è chiuso in rosso per 300 milioni. L'intera galassia del pallone (Serie A, Serie B e Lega Pro comprese) ha perso lo scorso anno 428 milioni, portando a 1,1 miliardi il passivo degli ultimi tre anni. Numeri che in Borsa avrebbero già costretto da tempo l'amministratore delegato dalla Calcio Spa a portare i libri in tribunale.

Mal comune mezzo gaudio, dicono i manager (o presunti tali) al timone di questo Titanic. A tappare il buco sostengono sono i libretti d'assegni dei presidenti e non i soldi dei contribuenti. E le casse dello Stato incassano ogni anno che Dio manda in terra qualcosa come 680 milioni in contributi previdenziali e tasse.

Di più: l'Europa non sta molto meglio. Il business del soccer cresce a vista d'occhio (i ricavi continentali sono arrivati a 12,7 miliardi con un rialzo medio del 9,1% nell'ultimo lustro), le tv si strappano di mano i diritti in aste miliardarie. Ma alla fine i conti non tornano per tutti: il 61% dei club censiti dalla Uefa è in rosso e il sistema calcio dal Portogallo a Mosca, dalle Far Oer all'Apoel Nicosia macina ogni anno 1,6 miliardi di perdite complessive.

Se le regole sul Fair play volute da Michel Platini fossero entrate in vigore quest'anno (chi ha i conti in rosso in modo significativo non partecipa alle competizioni europee) il 55% delle squadre sarebbe stato escluso da Champions e Europa League.

Il dramma dell'Italia è che sul Titanic del calcio il Belpaese viaggia in terza classe. Sul campo i risultati parlano da soli: non abbiamo più una squadra nelle competizioni internazionali e siamo scivolati dal nono al dodicesimo posto nel ranking della Uefa. Sul fronte finanziario e strategico, se possibile, siamo messi ancora peggio. La nuova legge per agevolare la costruzione degli stadi di proprietà (l'ancora di salvezza dei big spagnoli, tedeschi e inglesi) è da anni al palo e solo la Juventus è riuscita a mandare in porto il progetto. E senza i ricavi generati dalla gestione di queste strutture è ben difficile far quadrare i conti.

Guardiamo i numeri. Le vendite di biglietti e i servizi allo stadio sono ormai un business marginale per i club. Lo scorso anno sono state pari al 10% circa delle entrate, una percentuale ridicola rispetto al 33% generato da Manchester United & C., proprietari dei loro campi. Non solo. Tessera del tifoso, tornelli e stadi vetusti tengono lontano i tifosi dagli spalti.

Nel 2010-2011 gli spettatori paganti sono calati dell'8,2%, un segnale allarmante, e il tasso di riempimento medio degli stadi della Serie A si è fermato a un modesto 56%. Certo non è colpa dei prezzi visto che il costo medio di un biglietto per la nostra massima divisione è di 20 euro circa contro i 50 della Liga spagnola e i 48 della Premier League. Che possono permettersi di far pagare queste cifre grazie alla qualità dei servizi offerti.

Sul fronte delle entrate, dopo la corsa degli ultimi anni, segnano il passo anche i ricavi per diritti tv, che pure rappresentano ormai la metà del fatturato della Serie A. A far lievitare gli introiti fino a oggi è stata la sfida a colpi di rilanci tra Sky e Mediaset per aggiudicarsi l'onore di trasmettere le dirette delle partite.

Una concorrenza che aveva fatto bene alle casse dei club. Oggi però le cose stanno iniziando a cambiare. La redditività del Biscione perde colpi, l'esperimento della pay tv sul digitale segna il passo, almeno sotto il profilo dei risultati economici. E il rischio (per il nostro calcio) è che le aste del futuro possano essere al ribasso. Con una sorta di monopolista le tv satellitari di Rupert Murdoch a dettare le regole del gioco.

Un'azienda normale, davanti a una fotografia di questo tipo, sa cosa deve fare per far quadrare i conti: se le entrate non salgono, l'unica soluzione è tagliare i costi. Ridimensionando in particolare gli stipendi per i giocatori, di gran lunga la spesa più importante per una squadra di serie A. Anche qui da anni fioccano i buoni propositi. Ma risultati zero: lo scorso anno su ogni 100 euro incassati dai nostri club, ben 69 sono stati utilizzati per le buste paga della rosa.

Più o meno lo stesso livello degli ultimi cinque anni. In Europa (dove il 10% dei team paga più stipendi del suo fatturato) non va molto meglio, ma almeno siamo a quota 64. Non serve una laurea alla Bocconi per capire che con questo sbilancio dei conti non si va troppo lontano. E infatti oltre a 300 milioni di perdite, il massimo campionato tricolore è riuscito nel bel risultato di mettere assieme anche 2,6 miliardi di debiti. Una zavorra che prima o poi rischia di mandarlo definitivamente a fondo.

I nodi, come vaticina da tempo Platini, verranno al pettine nella stagione 2013-2014. Tra due anni i numeri di bilancio non saranno più un'opinione ma il biglietto da visita necessario per poter accedere all'Europa che conta. Quella dei tornei continentali che, oltre che a tanto prestigio, portano pure molti soldi. Allo stato l'Italia, al di là del declassamento subìto nel ranking, rischia di rimanere fuori da ogni torneo.

Ed è in buona compagnia. Barca e Real Madrid dominano la scena continentale sul campo. Ma quanto a stato di salute finanziario non sono poi messe molto meglio dei nostri club. I debiti della Liga, secondo uno studio dell'Università di Barcellona, viaggiano alla quota stratosferica di 3,5 miliardi. Troppi per sperare di riportare la barca a livello di galleggiamento entro il 2014. Tanto che il Governo di Madrid, impegnato in questi giorni nella terza manovra che chiederà sacrifici ai suoi cittadini, sta studiando un condono fiscale da 680 milioni di euro in favore delle squadre di calcio per non rompere uno dei pochi giocattoli rimasti agli spagnoli.

Il calcio italiano invece potrà contare solo sulle sue forze. E il problema è che anche i Paperoni di una volta, quei presidente pronti a spendere decine di milioni per la passione del pallone, ormai non esistono più. Moratti deve fare i conti con i guai della Saras, Silvio Berlusconi ha già le sue belle gatte da pelare con Mediaset, la Juve che pure con lo stadio di proprietà è anni luce davanti agli altri non può permettersi colpi di testa come Lazio, Napoli e Roma.

E il futuro prossimo venturo allora ha le carte segnate. O un percorso di decrescita del calcio tricolore (magari finalmente farà emergere qualcuno dai vivai) o l'arrivo nella penisola di quei nuovi ricchi, russi, cinesi e arabi in testa, che già hanno cambiato il volto proprietario del soccer nel resto del continente

 

MASSIMO E GIANMARCO MORATTI DA L ESPRESSODIEGO DELLA VALLE E FRATELLO ANDREA pallotta thorne marra foto mezzelani gmt agnelli lotito foto mezzelani gmt lotito dibenedetto foto mezzelani gmt andrea agnelli foto mezzelani gmt berlusconi galliani MILAN lapBERLUSCONI TRA GALLIANI E BARBARAJAMES E RUPERT MURDOCHSUPERCOPPA BARCELONA REAL MADRIDflorentino perezplatini michel

Ultimi Dagoreport

ursula von der leyen giorgia meloni elon musk donald trump

DAGOREPORT – IL CAMALEONTISMO DELLA DUCETTA FUNZIONA IN CASA MA NON PAGA QUANDO METTE I BOCCOLI FUORI DAI CONFINI NAZIONALI - MELONI PRIMA SI VANTAVA DELL’AMICIZIA CON MUSK E STROPPA E DELLA “SPECIAL RELATIONSHIP” CON TRUMP, ORA È COSTRETTA A TACERE E A NASCONDERSI PER NON PASSARE COME "AMICA DEL GIAGUARO" AGLI OCCHI DELL'UE. E, OBTORTO COLLO, E' COSTRETTA A LASCIARE A STARMER E MACRON IL RUOLO DI PUNTO DI RIFERIMENTO DELL'EUROPA MENTRE SALVINI VESTE I PANNI DEL PRIMO TRUMPIANO D’ITALIA, L'EQUILIBRISMO ZIGZAGANTE DELLA GIORGIA DEI DUE MONDI VIENE DESTABILIZZATO ANCOR DI PIU' DAL POSIZIONAMENTO ANTI-TRUMP DEL PROSSIMO CANCELLIERE TEDESCO MERZ CHE FA SCOPA COL POLACCO TUSK, E LEI RISCHIA DI RITROVARSI INTRUPPATA CON IL FILO-PUTINIANO ORBAN - IL COLPO AL CERCHIO E ALLA BOTTE DEL CASO STARLINK-EUTELSAT...

elly schlein luigi zanda romano prodi - stefano bonaccini goffredo bettini dario franceschini

DAGOREPORT – PD, UN PARTITO FINITO A GAMBE ALL'ARIA: LA LINEA ANTI-EUROPEISTA DI SCHLEIN SULL’UCRAINA (NO RIARMO) SPACCA LA DIREZIONE DEM ED ELETTORI - SOLO LA VECCHIA GUARDIA DI ZANDA E PRODI PROVANO A IMPEDIRE A ELLY DI DISTRUGGERE IL PARTITO – LA GIRAVOLTA DI BONACCINI, CHE SI È ALLINEATO ALLA SEGRETARIA MULTIGENDER, FA IMBUFALIRE I RIFORMISTI CHE VANNO A CACCIA DI ALTRI LEADER (GENTILONI? ALFIERI?) – FRANCESCHINI E BETTINI, DOPO LE CRITICHE A ELLY, LA SOSTENGONO IN CHIAVE ANTI-URSULA - RISULTATO? UN PARTITO ONDIVAGO, INDECISO E IMBELLE PORTATO A SPASSO DAL PACIFISTA CONTE E DAL TUMPUTINIANO SALVINI CHE COME ALTERNATIVA AL GOVERNO FA RIDERE I POLLI…

ursula von der leyen elisabetta belloni

FLASH – URSULA VON DER LEYEN HA STRETTO UN RAPPORTO DI FERRO CON LA SUA CONSIGLIERA DIPLOMATICA, ELISABETTA BELLONI – SILURATA DA PALAZZO CHIGI, “NOSTRA SIGNORA ITALIA” (GRILLO DIXIT) HA ACCOMPAGNATO LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NEL SUO VIAGGIO IN INDIA, SI È CIRCONDATA DI UN PICCOLO STAFF CHE INCLUDE GLI AMBASCIATORI MICHELE BAIANO E ANDREA BIAGINI – URSULA, PER FRONTEGGIARE L’URAGANO TRUMP, HA APPIANATO LE TENSIONI CON IL NEO-CANCELLIERE TEDESCO, FRIEDRICH MERZ (LEI ERA LA COCCA DELLA MERKEL, LUI IL SUO PIÙ ACERRIMO RIVALE). PACE FATTA ANCHE CON LA NEMESI, MANFRED WEBER…

emmanuel macron donald trump keir starmer xi jinping elon musk

DAGOREPORT – COME MAI LA GRAN BRETAGNA, PAESE STORICAMENTE GEMELLATO CON GLI STATI UNITI, SI E' RIAVVICINATA DI COLPO ALL'EUROPA, DIMENTICANDO LA BREXIT? DIETRO LA SORPRENDENTE SVOLTA DI KEIR STARMER CI SONO STATI VARI INCONTRI TRA I GRANDI BANCHIERI ANGLO-AMERICANI SPAVENTATI DAL CAOS ECONOMICO CREATO DAI DAZI DI TRUMP E DALLE CRIPTOVALUTE DI MUSK - DI QUI, SONO PARTITE LE PRESSIONI DEL CAPITALISMO FINANZIARIO SU KEIR STARMER PER UNA SVOLTA EUROPEISTA SULL'ASSE PARIGI-LONDRA CHE OPPONGA STABILITÀ E RAGIONEVOLEZZA ALLE MATTANE DELLA CASA BIANCA – ANCHE LA CINA, CHE HA RIPESCATO I VECCHI CAPITALISTI COME IL FONDATORE DI ALIBABA JACK MA, SI STA PREPARANDO A RISPONDERE ALLA DESTABILIZZAZIONE TRUMPIANA (XI JINPING HA NELLA FONDINA UN'ARMA MICIDIALE: 759 MILIARDI DI TITOLI DEL DEBITO USA. UNA VOLTA BUTTATI SUL MERCATO, SALTEREBBE IN ARIA TUTTO...)

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - ZELENSKY? VATTELA PIJA ‘NDER KURSK! LA CONTROFFENSIVA RUSSA NELLA REGIONE OCCUPATA DAGLI UCRAINI È IL FRUTTO DELLO STOP AMERICANO ALLA CONDIVISIONE DELL’INTELLIGENCE CON KIEV: SENZA L’OCCHIO DELLO ZIO SAM, LE TRUPPE DI ZELENSKY NON RESISTONO – IL TYCOON GODE: I SUCCESSI SUL CAMPO DI PUTIN SONO UN’ARMA DI PRESSIONE FORMIDABILE SU ZELENSKY. MESSO SPALLE AL MURO, L’EX COMICO SARÀ COSTRETTO A INGOIARE LE CONDIZIONI CHE SARANNO IMPOSTE DA USA E RUSSIA A RIAD…

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…