NON C’E’ FUSIONE SENZA SPINE – QUELLE DI UNIPOL-SAI SI CHIAMANO UNIPOL BANCA, GRAVATA DALLE SOFFERENZE, E DAI CONTI DI ATAHOTELS, CHE VENIVA USATA DAI LIGRESTI COME “COSA LORO” IN BARBA AGLI AZIONISTI

Carlotta Scozzari per Dagospia

Dopo l'iscrizione di ieri nel registro delle imprese, il braccio assicurativo di Unipol e il gruppo Fondiaria-Sai sono finalmente convolate nozze, nella fusione assicurativa, condotta sotto la regia di Mediobanca e Unicredit, più chiacchierata e travagliata della storia della finanza italiana.

Basti pensare ai vari filoni di inchiesta delle Procure, alle prese di posizione delle authority di vigilanza (da Consob all'Isvap poi diventata Ivass), alle iniziative promosse dalle associazioni di consumatori e così via. Da lunedì, dunque, spariranno da Piazza Affari le azioni Fonsai, Milano Assicurazioni e Premafin e sbarcheranno sul mercato i titoli Unipol-Sai, nelle tre versioni ordinaria e risparmio A e B.

Tutto è bene quel che finisce bene? Fino a un certo punto. Il fatto è che la fusione trascina con sé, e al momento ancora non risolve, due dei principali problemi con cui Unipol e Fonsai dovevano già fare i conti prima dell'integrazione. Due problemi che hanno un nome ben preciso: Unipol Banca, l'istituto di credito che il gruppo bolognese si è creato in casa una volta appurato che non sarebbe riuscito ad "avere una banca" esterna (il riferimento è a Bnl e alla storica telefonata tra Giovanni Consorte e Piero Fassino); e Atahotels, la catena di alberghi che la Fonsai dell'era Ligresti, nel 2009, aveva comprato e strapagato dalle società della famiglia di "Don Salvatore".

Per rendersi conto di come Unipol Banca e Atahotels continuino a rappresentare una mina nei conti del nuovo gruppo assicurativo guidato da Carlo Cimbri è sufficiente dare uno sguardo al prospetto informativo di fusione.

Innanzi tutto va precisato che l'istituto di credito di via Stalingrado è controllato per il 67,74% dalla capogruppo Unipol gruppo finanziario (Ugf) e per il restante 32,26% dalla società nata dalla fusione Unipol-Sai (a sua volta controllata al 63% da Ugf). Nel capitolo del prospetto dedicato ai "fattori di rischio" si legge che è stato avviato il progetto di integrazione tra Unipol Banca e con Banca-Sai, istituto di credito, quest'ultimo, portato in dote dalla Fondiaria dei Ligresti.

E soprattutto si sottolinea la necessità, molto concreta, di ricapitalizzare la banca nata dalla compagnia bolognese: "Si evidenzia, in relazione all'andamento della gestione di Unipol Banca, che, sulla base dei risultati economico - patrimoniali dell'esercizio 2013 (...), sarà valutata l'adozione di eventuali misure di rafforzamento dei coefficienti di patrimonializzazione. Non si può - prosegue il prospetto - pertanto, escludere che la società risultante dalla fusione (Unipol-Sai, ndr) sia chiamata a effettuare investimenti in relazione alle sopra richiamate finalità di rafforzamento patrimoniale in Unipol Banca".

A riguardo, nell'ultima conference call del 14 novembre, l'ad del gruppo bolognese Cimbri aveva dichiarato che con la chiusura dell'esercizio del 2013 sarebbe stato presentato il nuovo piano industriale dell'istituto di credito. "In quella sede - aveva detto Cimbri - valuteremo di quanto sarà necessario integrare patrimonialmente la banca. Il gruppo è pronto a fare la sua parte per sostenere questa azione incisiva e profonda di risanamento. Abbiamo la capacità di produrre reddito su tutte le altre componenti e questo consentirà di assorbire anche una cifra più importante di quella che la banca ha fino a ora evidenziato senza sconvolgere i programmi del gruppo".

A far penare Unipol Banca è soprattutto la voce "sofferenze": l'ammontare lordo, al 30 settembre, si attestava a 1,65 miliardi di euro, pari al 15,7% degli impieghi totali lordi. Per Banca Sai, invece, le sofferenze lorde sono pari ad "appena" 96,3 milioni, ossia il 12,8% degli impieghi. Ma sui crediti deteriorati, la vera bestia nera delle banche italiane di questi tempi, l'istituto di credito di Unipol può dormire sonno relativamente tranquilli.

Sì, perché su una parte di tale portafoglio, la banca ha stipulato un contratto di indennizzo con il quale ha trasferito in capo a "mamma Ugf", già quotata in Borsa (e tale resterà lunedì, indipendentemente dall'avvio delle negoziazioni per Unipol-Sai), il relativo rischio di credito. E al 30 settembre, la holding bolognese, per coprire i prestiti deteriorati della controllata, ha già aperto il portafoglio per poco più di 200 milioni.

C'è poi il nodo Atahotels, società che al 30 settembre ha contribuito alla perdita di 24,3 milioni realizzata dai business del gruppo Fonsai diversi da quelli assicurativo e immobiliare. L'andamento della gestione della catena alberghiera, spiega il prospetto informativo di Unipol-Sai, "si è rivelato, successivamente all'acquisizione, negativo, tra l'altro, a causa della crisi del mercato alberghiero".

Oltre alla congiuntura, non va dimenticata la gestione "allegra" della famiglia Ligresti, che utilizzava Atahotels più che come l'asset di una società quotata in Borsa, come una propria dimora dove invitare fiumi di ospiti (tanto pagavano, indirettamente, i piccoli azionisti).

"Tale circostanza - prosegue il prospetto - ha comportato, nell'immediato, la necessità di interventi di ricapitalizzazione della società alberghiera da parte dei soci (Fonsai e Milano Assicurazioni). Successivamente, il Gruppo Fonsai ha avviato iniziative finalizzate alla ristrutturazione della gestione e della situazione debitoria pregressa di Atahotels, nell'ottica di una possibile valorizzazione della partecipazione detenuta nella società di gestione alberghiera".

In particolare, aggiunge ancora il documento, è in corso "una revisione in diminuzione dei canoni di locazione che Atahotels è tenuta a corrispondere alle società proprietarie degli immobili a uso alberghiero". La situazione della società controllata è tuttora "gravata da una situazione debitoria, derivante dalla precedente gestione, per la quale il Gruppo Fonsai prevede la necessità di una ripatrimonializzazione, adeguata per assicurare il rientro della posizione debitoria nei confronti delle diverse società del Gruppo Fonsai e la copertura delle perdite generate nella prima fase dell'anno 2013, anche per effetto della ristrutturazione in corso".

Unipol-Sai punta a raggiungere l'equilibrio economico nella catena alberghiera entro il 2015, così da cedere l'asset, che peraltro nulla ha a che vedere con le assicurazioni. Ma in ogni caso, al momento, non si può escludere "che i tempi di tale valorizzazione si rivelino più lunghi di quelli previsti e che, in tale ipotesi, si rendano necessari ulteriori interventi di ricapitalizzazione della società partecipata, con conseguenti possibili effetti negativi sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società risultante dalla fusione", cioè Unipol-Sai. Gli azionisti sono avvisati.

 

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