1- A NOVEMBRE SI VA A VOTARE MA SENZA UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE: CHE ITALIA SGANGHERATA VERRA’ FUORI? CHE REAZIONE POTREBBERO AVERE I MERCATI E BRUXELLES? 2- MONTI E NAPOLITANO SANNO CHE UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE POTREBBE ESSERE LA SOLUZIONE PIÙ GRADITA A BRUXELLES E IN QUEGLI AMBIENTI INTERNAZIONALI CHE BATTENDO UN TASTO SU UN PAIO DI COMPUTER FANNO SCHIZZARE LO SPREAD ALLE STELLE 3- L’ULTIMA PIERFURBATA DI PASSERA: BEAUTY CONTEST MODIFICATO SENZA AVVISARE MONTI 4- UN COLPO DI MANO CHE SEMBRA SIA STATO CONCERTATO DA CORRADINO, IMPEGNATO NELLA SUA PARTITA PERSONALE PER ENTRARE DA PROTAGONISTA SULLA SCENA FUTURA, IN COMBUTTA CON BERSANI E CASINI, HA MANDATO FUORI DAI GANGHERI RIGOR MONTIS 5- BERLUSCONI HA SULLA SCRIVANIA SONDAGGI RACCAPRICCIANTI SULLA TENUTA DEL PDL

Oggi Monti non ha motivo di lamentarsi e forzando la rigidità dei muscoli facciali può anche sorridere per l'articolo pubblicato dal "Financial Times".

Il quotidiano inglese, che rappresenta la bibbia della finanza internazionale, apprezza la sua politica di austerità e con toni molto soft gli ricorda che adesso dovrebbe mettere "maggiore enfasi sulla crescita".

È un invito tutto sommato che SuperMario può anche accettare perché è ben diverso dalle critiche feroci apparse il 6 aprile sul "Wall Street Journal" dove fu accusato di essere in preda a un attacco di euro-follia e di non emulare la Tatcher. Ormai è chiaro che la sensibilità del Professore di Varese si eccita fino all'ira quando percepisce che il mondo della finanza internazionale tenta di tagliargli le gambe e di rimettere in discussione il consenso sul quale ha ricostruito la credibilità dell'Italia anche a costo di sobbarcarsi viaggi faticosi e forse inutili in giro per il mondo.

Fino a quando dal circuito della finanza mondiale non gli arriverà un messaggio esplicito sulla fine della sua esperienza, SuperMario potrà permettersi il lusso di ignorare gli starnuti e le lezioncine che gli arrivano ogni giorno dai colleghi economisti. Perché, diciamo la verità: questi Giavazzi, Alesina, Tito Boeri, Luca Ricolfi e perfino l'esile Paganetto, sono zanzare accademiche fastidiose, ma del tutto secondarie rispetto alla complessità dei problemi.

E per far capire che considera la strada ancora lunga, basta rileggere ciò che SuperMario ha detto due giorni fa presentando a Palazzo Chigi il documento di economia e finanza: "il lavoro è appena cominciato...all'Italia serve un programma di otto anni".

Nella stessa occasione ha ribadito ancora una volta che il "dopo" non lo riguarda e che non ha alcuna intenzione di candidarsi alle prossime elezioni in rappresentanza di qualche schieramento. Questo concetto pare che l'abbia ribadito anche nell'incontro di martedì sera a Palazzo Chigi con i segretari dei partiti ai quali ha lanciato un messaggio molto significativo: "lo spread non dipende solo dai dati della macroeconomia. I mercati guardano anche a cosa accadrà dopo".

I tre dell'Ave Maria, Alfano, Bersani, Casini, il cui profilo viene agglutinato nelle prime tre lettere dell'acronimo ABC che annulla la loro identità, hanno cercato di capire quale relazione intercorre tra lo spread, i mercati e l'evoluzione del quadro politico. Pare che Monti non sia andato oltre questo messaggio, ma non è difficile capire che di fronte a teatrino scomposto di una politica sgangherata la sua arma segreta rimane la reazione che i mercati e Bruxelles potrebbero avere di fronte alla prospettiva di una crisi anticipata rispetto al 2013.

Al tempo stesso il premier non può ignorare l'aria sempre più pesante che si sente intorno a questo governo dei professori che oltre a svuotare le tasche dei cittadini colleziona gaffes e furbizie in quantità industriale. L'ultimo tiro mancino gli è arrivato da Corradino Passera sul beauty contest, un colpo di mano che sembra sia stato concertato dall'ex-banchiere di Intesa con Bersani e Casini. A Palazzo Chigi dicono che di fronte a questa furbata del Superministro, che gioca la sua partita personale per entrare da protagonista sulla scena futura, Monti sia andato fuori dai gangheri fino al punto di perdere la flemma british che lo ha sempre distinto.

Ma quello di Passera è solo uno dei tanti segnali dello sfarinamento che rischia di far spirare prematuramente il governo, e va aggiunto alla fibrillazione dietro la quale si intravede la voglia della maggioranza di andare in autunno alle elezioni. Ed è probabile che anche il Quirinale, che rappresenta insieme allo spread il secondo asso nella manica di SuperMario, si stia lentamente convincendo che il conto alla rovescia è già cominciato.

Nessuno può pensare infatti che un uomo come Napolitano, prima di lasciare il Colle nel 2013, voglia assistere all'agonia prolungata di una Repubblica che rischia di essere travolta dall'antipolitica e dalle derive populistiche.

Il rischio di finire nella palude è troppo alto e può compromettere le sorti stesse della vita democratica sempre più minacciata dalla disaffezione dei cittadini-elettori e dalla crisi profonda dei partiti.

Ormai è chiaro che le principali forze politiche stanno difendendo la loro sopravvivenza. Lo spettacolo devastante della Lega (che inevitabilmente dovrà rifondarsi sull'asse Maroni-Tosi-Zaia) si accompagna all'angoscia di Berlusconi che ha sulla scrivania sondaggi raccapriccianti sulla tenuta del Pdl (alle amministrative la caporetto è sicura). E anche il partito di Bersani non può continuare a reggere il moccolo a un governo che usa il taglione fiscale come la ghigliottina della crescita.

Diceva Italo Calvino che "la fantasia è un posto dove ci piove dentro", ma oggi la fantasia dei partiti non sembra andare oltre l'idea di nuove e più grandi aggregazioni in nome di una più larga unità. Non è un caso se il concetto di unità nazionale viene evocato da Pierfurby Casini quando chiude l'esperienza dell'Udc e parla di "Partito della nazione". E non è nemmeno casuale l'ipotesi che circola nel cerchio magico di Arcore di una "Grande Lista Civica Nazionale".

In entrambi i casi viene a galla la consapevolezza che il passo successivo al governo dei professori è un contenitore politico di più larghe dimensioni. Per Casini questa cornice si identifica con un nuovo partito dei moderati capace di ampliare i confini del Terzo Polo e di recuperare le truppe allo sbando del Pdl e della Lega "rifondata".

Che poi questa ipotesi neo-centrista possa diventare una versione cristiana e tecnocratica, magari recuperando le ambizioni e le competenze di personaggi come Passera e Montezemolo, è una prospettiva plausibile ma difficile da conciliare con la logica delle primedonne (Fini, Rutelli, l'ex-banchiere e il presidente della Ferrari) che vorranno contendersi la leadership.

E non c'è solo il conflitto delle étoiles che vogliono ballare sul proscenio, ma c'è anche il macigno della legge elettorale che prima dell'autunno non potrà essere modificata e taglierà le gambe a qualsiasi velleità di rivoluzionare l'assetto dei partiti e delle maggioranze.

Una situazione così complessa rischia di non trovare soluzione nelle elezioni di novembre di cui si parla in queste ore, e di creare un nuovo terremoto in quei mercati pronti a scatenare l'arma dello spread se non si trova una soluzione di maggiore stabilità.

Questa prospettiva forse non è estranea a Monti e al suo padre putativo che siede al Quirinale. Entrambi sanno che un Governo di Unità Nazionale potrebbe essere la soluzione più gradita a Bruxelles e in quegli ambienti internazionali che battendo un tasto su un paio di computer fanno schizzare lo spread alle stelle.

Il discorso ritorna così curiosamente nelle mani di Monti, l'uomo che parla di otto anni necessari per realizzare un programma di riforme, e si fa scherno di quasiasi coinvolgimento personale nella politica.

Forse è il caso di non farsi ingannare da questo pudore, e non c'è bisogno nemmeno di ricordare la storia di Cincinnato che per due volte fu sottratto al lavoro dei campi per guidare la Repubblica Romana nel 400 a.C. La seconda volta aveva 80 anni. Monti ne ha soltanto 69, e a differenza del dittatore romano non ha le mani sull'aratro ma sullo spread, mentre alle sue spalle c'è sempre la coperta calda di Giorgio Napolitano.

 

 

MARIO MONTI GIORGIO NAPOLITANO DAVANTI A UNA STATUA DI CAVOURPIERLUIGI BERSANISILVIO BERLUSCONI CORRADO PASSERA LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO ALFANO E CASINIFINI FRANCESCO RUTELLI

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