MA PERCHE’ TUTTI I GIORNALONI RACCONTANO DEL DEBITO FCA AZZERATO DA MARCHIONNE? IL DEBITO C’È ECCOME E VALE 16,3 MILIARDI E PAGA FIOR DI INTERESSI OGNI ANNO AL PUNTO CHE FCA STORICAMENTE SI VEDE ASSEGNATO UN VOTO “JUNK”, CIOÈ SPAZZATURA, DALLE AGENZIE DI RATING (MA CI SONO ANCHE 13,5 MILIARDI DI LIQUIDITÀ CON CUI SI POTREBBE ABBASSARE IL DEBITO. A MENO CHE…)
Estratto dell’articolo di Fabio Pavesi per “Il Fatto Quotidiano”
MARCHIONNE E TRONCHETTI PROVERA
Quel mantra del “debito zero” ha finito per contagiare tutti. Giornali e opinionisti hanno rimarcato con grande enfasi il traguardo raggiunto del cosiddetto azzeramento del debito di Fca […] Un’azienda senza debiti, un’azienda forte e sana quindi nella facile e semplicistica traduzione della vulgata comune […]
Certo nel facile entusiasmo collettivo mancava quell’esplicitazione fondamentale per capire che di zero debiti proprio non si tratta. Quel traguardo riguardava, come del resto ha sempre specificato nella sua comunicazione la società, il debito netto industriale.
Che non è altro che la sommatoria tra debiti e liquidità. Il debito c’è ed eccome.
SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN
È solo che nel caso di Fca, come in altri casi analoghi, la liquidità è più alta del valore dei debiti. Può apparire una questione di lana caprina, ma non è così. Fca infatti a dispetto della retorica propagandistica siede su un bella montagna di debiti. Ben 16,3 miliardi a giugno del 2018. Non certo bruscolini. E che pagano fior di interessi ogni anno dato che Fca storicamente si vede assegnato un voto junk, cioè spazzatura, dalle agenzie di rating […]
E se hai una pagella da non investment grade non puoi certo avere “debito zero”. Tra l’altro quel voto infimo nella pagella del merito di solvibilità di un’azienda, influenza il tasso chiesto dal mercato. E così Fca solo nel 2017 ha pagato ben 1,46 miliardi di interessi sul suo debito. E in passato pagava oltre 2 miliardi l’anno di oneri sull’indebitamento che era ancora maggiore […]
Nel 2016, come documenta con la solita accuratezza R&S Mediobanca, l’indebitamento finanziario di Fca era di 24 miliardi e nel 2015 sfiorava i 28 miliardi e addirittura nel 2014 segnava oltre 33 miliardi. Che Marchionne abbia dato una bella sforbiciata ai debiti (dimezzandoli in tre anni) è indubbio. Ma il debito zero industriale sa molto di efficace comunicazione finanziaria […]
Già vediamo come si arriva a calcolare quel debito netto industriale che da zavorra è divenuta virtù. Lo spiega la stessa Fca in una tabella del suo bilancio. In cassa della società, accanto al debito […] ci sono 13,3 miliardi di liquidità immediatamente disponibile più altri 600 milioni di disponibilità. Il debito netto industriale per Fca è 13,5 miliardi e voilà ecco che si arriva a quel debito netto positivo per oltre 400 milioni che è stato magnificato nei giorni scorsi.
Peccato che dal conteggio vengano stralciati 2,7 miliardi di debiti dell’area servizi finanziari. Se venissero aggiunti dato che comunque di debiti si tratta ecco che avremmo non quegli oltre 400 milioni positivi ma ancora 2,2 miliardi di debito netto consolidato negativo. Ecco che il rebus è risolto.
Il debito c’è eccome, ma c’è anche tanta liquidità che viene a compensarlo. In più Fca non include i debiti della sua area dei servizi finanziari. Nulla di illegittimo per carità. E’ solo una modalità di rappresentazione che però non dice tutto della reale situazione patrimoniale del gruppo che invece ha tuttora debiti netti per 2,2 miliardi […]
SERGIO MARCHIONNE E DONALD TRUMP
Il che pone almeno una domanda. Perché Fca avendo del debito finanziario per oltre 16 miliardi, di cui 6,3 miliardi con le banche e 9,7 miliardi in bond, non utilizza parte della pur consistente cassa per abbassare quel debito? Otterrebbe più di un vantaggio. Con meno debito potrebbe riacciuffare il merito di credito da investment grade entrando così anche nei portafogli dei fondi comuni e spenderebbe meno in oneri al servizio del debito. Inoltre quando la cassa è così abbondante e non viene utilizzata per investimenti tenerla a giacere immobilizzata sui conti correnti non è la scelta di allocazione più efficiente delle risorse.
richard palmer sergio marchionne john elkann
L’obiezione è che per un’azienda capital intensive, che opera in un mercato fortemente competitivo ed esposto a ogni genere di choc esterno (leggi in particolare rischio sanzioni sul fronte ambientale) un solido cuscinetto di cassa serve a tamponare emergenze di ogni tipo. Sarà anche vero e in fondo tenere fieno in cascina è sempre buona cosa.
Ma quella cassa che rimane per anni in giacenza sui conti è anche un ghiotto boccone da conquistare con facilità per chi volesse dare l’assalto al gruppo. Conquisti la società e con essa ti porta a casa la cassa. In fondo è già accaduto. Si pensi a Parmalat che è finita in mani francesi anche per il suo tesoretto liquido lasciato lì inutilizzato per anni. Una lusinga in più per un eventuale compratore. Chissà che non sia lasciata lì anche per questo.