1. SCOPPIA UN NUOVO BUBBONE DELL’EX AD DELLE GENERALI PERISSINOTTO SU UN PRESTITO DA 500 MILIONI FINANZIATO DA MEDIOBANCA, PRIMA AZIONISTA DEL LEONE (13,27%) 2. L’EX AD PERISSINOTTO SI DIMENTICA DI INFORMARE IL CDA E L’IVASS, L’AUTORITÀ DELLE ASSICURAZIONI, L’ATTUALE AD GRECO COMPRESO, DI UNA “CLAUSOLA DI RIMBORSO ANTICIPATO” 3. LO SCHERZETTO DI PERISSI-ROTTO ORA COSTA AL LEONE UN INDEBOLIMENTO PATRIMONIALE

Carlotta Scozzari per Dagospia

Dopo la lunga serie di "operazioni irregolari" realizzate con gli azionisti veneti, spunta un'altra "marachella" compiuta dall'ex amministratore delegato delle Generali, Giovanni Perissinotto, uscito dal gruppo dopo la cacciata dei soci di fine primavera del 2012 e ad agosto di quell'anno sostituito dall'attuale numero uno, Mario Greco.

Solo che questa volta la controparte di Perissi-rotto non è né la Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago, né la Finint di Enrico Marchi e Andrea De Vido, né, ancora, la famiglia Amenduni. Ma la Mediobanca guidata da Alberto Nagel, che del gruppo triestino è prima azionista con una partecipazione del 13,27 per cento.

Al centro della questione c'è una obbligazione, risalente alla fine del 2008, da 500 milioni e di tipo "ibrido", vale a dire uno strumento complesso di finanziamento che si trova un po' a metà strada tra il debito puro e il capitale, sottoscritta da Piazzetta Cuccia a favore delle Generali.

In sostanza, Mediobanca alla fine del 2008 finanzia per 500 milioni la controllata del Leone, che non a caso, a bilancio, inserisce l'obbligazione ibrida tra le posizioni passive "con parti correlate".

Dunque un'operazione interamente riconducibile all'era Perissi-rotto. Che questa volta sembra essersi dimenticato di informare il consiglio di amministrazione e, soprattutto, l'autorità assicurativa, che allora si chiamava Isvap e oggi è Ivass, di alcune importanti caratteristiche dell'obbligazione in questione.

In particolare, come ha scoperto Dagospia, l'omissione del manager riguarda una clausola di rimborso anticipato dello strumento in virtù della quale il Leone avrebbe potuto decidere di restituire a Mediobanca, in anticipo rispetto alla scadenza dell'obbligazione, i 500 milioni ricevuti in prestito.

Tale clausola era stata tenuta nascosta sia al cda sia allo stesso Greco, al momento del passaggio di consegne avvenuto nell'estate del 2012. Si capisce dunque perché l'amministratore delegato delle Generali, 55 anni a giugno, sia caduto dalle nuvole quando, nell'ultimo trimestre del 2013, ha scoperto l'ennesima marachella combinata dal suo predecessore.

A farla venire fuori è la stessa Mediobanca, che a ottobre, in virtù dei cambiamenti alla normativa sul calcolo del patrimonio delle banche, chiede, come da contratto, alle Generali di modificare alcune condizioni del prestito da 500 milioni. Una mossa che per il Leone si sarebbe tradotta in costi più salati.

A Trieste parte allora quella che nell'ultimo bilancio del 2013 viene definita una "analisi accurata della documentazione" relativa allo strumento, che per l'appunto fa venire fuori "l'esistenza di un contratto di opzione che avrebbe consentito ad Assicurazioni Generali di estinguere anticipatamente il finanziamento e che tale contratto non era stato comunicato da parte della compagnia all'autorità di vigilanza". Un'opzione di riacquisto della passività che "non era stata comunicata al cda, né era stata resa nota al nuovo management", ossia a Greco.

Alla luce di tutto questo, la compagnia triestina "ha tempestivamente inviato" all'Ivass tutta la documentazione del caso e ha avviato una "estesa" indagine interna (in gergo "audit"). Su richiesta dell'autorità assicurativa, poi, il gruppo del Leone ha passato al setaccio tutti gli altri strumenti analoghi all'ibrido con Mediobanca per capire se ci fossero altre "omissioni" risalenti alla vecchia gestione.

"Non è stata rilevata alcuna ulteriore carenza informativa", spiegano le Generali nel bilancio del 2013. In ogni caso, "la compagnia sta valutando attentamente i costi di rifinanziamento, legali e reputazionali derivanti da questa situazione". L'omissione di Perissi-rotto, scoperta alla fine del 2013, rientra comunque all'interno dell'azione di risarcimento contro l'ex manager e contro il suo ex braccio destro Raffaele Agrusti che il consiglio di amministrazione delle Generali ha deliberato il 19 febbraio.

Ma perché il gruppo del Leone parla di "costi di rifinanziamento"? Il motivo è presto detto: l'emergere di questa benedetta clausola di rimborso, di cui nessuno fuorché Perissi-rotto ed evidentemente Mediobanca era a conoscenza, ha spinto l'Ivass a inquadrare l'obbligazione in maniera diversa.

Nel dettaglio, il 4 febbraio l'autorità delle assicurazioni ha disposto che le Generali non potessero più conteggiare lo strumento come capitale all'interno del margine di solvibilità (l'indicatore di patrimonio delle compagnie assicurative, che in gergo viene definito Solvency 1).

Ed ecco spiegato il perché, nel comunicato odierno con cui il Leone ha annunciato i numeri del 2013, si legge che alla fine del 2013 l'indicatore di patrimonio Solvency 1 è sceso al 141% dal 145% di inizio anno anche per via della "mancata ammissibilità di un finanziamento subordinato di natura ibrida di 500 milioni sottoscritto a fine 2008". In altri termini, lo scherzetto di Perissi-rotto è costato alle Generali un indebolimento dell'indicatore che sintetizza la robustezza del patrimonio.

E ora che faranno le Generali? Eserciteranno la clausola di rimborso anticipato dell'obbligazione in mano a Mediobanca "usando risorse finanziarie già disponibili" e provvederanno "alla sostituzione del finanziamento con un idoneo strumento di capitale", che perciò possa essere conteggiato all'interno del Solvency 1 come accadeva per l'ibrido con Piazzetta Cuccia prima di febbraio. In ogni caso, avvertono le Generali, "tale evento non avrà alcun impatto sulla capacità del gruppo di raggiungere il target di Solvency I del 160% entro il 2015".

 

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