vincent bollore

COSA BOLLORE’ IN PENTOLA? “UNA PLUSVALENZA ILLEGALE DA OLTRE MEZZO MILIARDO DI EURO” NELLE CARTE DEI PM L’ACCUSA AL PRIMO AZIONISTA DEL COLOSSO VIVENDI INDAGATO PER AGGIOTAGGIO IN RELAZIONE ALLA SCALATA MEDIASET - I FRANCESI, SECONDO LE ACCUSE DEGLI AVVOCATI DI BERLUSCONI, AVREBBERO DELIBERATAMENTE AFFOSSATO L’AFFARE PREMIUM PER DEPREZZARE IL TITOLO MEDIASET E ASSICURARSI A PREZZO DI SALDO UNA COSPICUA PARTECIPAZIONE NEL BISCIONE

Paolo Colonnello per la Stampa

 

BOLLORE BERLUSCONIBOLLORE BERLUSCONI

Una plusvalenza illegale di oltre mezzo miliardo di euro realizzata con una compravendita di titoli avvenuta in buona parte all’estero attraverso misteriosi investitori, tra il luglio e il dicembre dell’anno scorso, approfittando prima del crollo (pilotato) e poi del rialzo quasi al doppio delle azioni Mediaset.

 

Secondo le accuse presentate dai legali di Silvio Berlusconi in una recente memoria ora agli atti dell’inchiesta sulla scalata del gruppo televisivo da parte francesi di Vivendi - costata l’iscrizione sul registro degli indagati con l’accusa di aggiotaggio del presidente della società parigina Vincent Bolloré e del suo amministratore delegato Arnaud de Puyfontaine - sarebbe stato questo il vero motivo della disdetta nel luglio scorso dell’accordo per la vendita di Mediaset Premium ai francesi.

 

L’altro motivo sarebbe da ricercarsi addirittura in una speculazione (call option) realizzatasi tra l’aprile del 2016, quando venne firmato l’accordo tra i due players, e il 26 luglio dello stesso anno, quando l’accordo venne ripudiato da Bolloré («Pensavamo di aver comprato una Ferrari, ci stavano vendendo una Fiat Punto»): in quel periodo qualcuno avrebbe comprato azioni Mediaset scommettendo sul loro ribasso, poi puntualmente avvenuto.

 

E poi flussi di acquisiti costanti sempre appena al di sotto della soglia del 3 per cento (per evitare controlli Consob) fino a dicembre. In sostanza, il 70 per cento delle azioni poi finite in mano a Vivendi per realizzare quel pacchetto di titoli pari al 28 per cento di Mediaset, sarebbe stato contrattato all’estero, approfittando del crollo del titolo del Biscione (oltre il 20 per cento) causato proprio dalle dichiarazioni della società francese.

BOLLORE' VIVENDIBOLLORE' VIVENDI

 

Dunque non è solamente “un atto dovuto” la decisione della procura di Milano di iscrivere sul registro degli indagati Bolloré e de Puyfontaine, ma riguarda qualcosa di più concreto: un guadagno enorme realizzato illecitamente e il sospetto di un concerto occulto per arrivare ad ottenere posizioni di forza dentro il Biscione.

 

Non è escluso a questo punto che i magistrati procedano anche con delle rogatorie all’estero per scoprire i beneficiari dei massicci acquisti di azioni al ribasso poi rivendute a Vivendi che a fine novembre scorso annunciò di voler aumentare la sua quota azionaria in Mediaset, facendo schizzare il prezzo dei titoli.

 

BOLLORE'BOLLORE'

Per una volta, il Cavaliere sarebbe davvero una vittima: i francesi, secondo le accuse dei suoi avvocati, avrebbero deliberatamente affossato l’affare Premium per deprezzare il titolo Mediaset e assicurarsi a prezzo di saldo una cospicua partecipazione nella società di Cologno Monzese. Stando ai comunicati analizzati dai pm, Vivendi inoltre sarebbe salita in un solo giorno, tra il 13 e il 14 dicembre, dal 12,32 per cento al 20 per cento acquistando 90 milioni e 718 mila azioni quando sul mercato non erano disponibili più di 83 milioni di titoli.

 

Una differenza di 7 milioni di titoli che non trova spiegazioni e che potrebbero essere state negoziate in forza di precedenti accordi. Ora bisogna capire come reagirà Bolloré, la cui linea difensiva prevede di attestarsi su un acquisto di titoli che si sarebbe realizzato solo a partire da novembre. La Procura sta lavorando su documenti acquisiti in Vivendi per capire chi sarebbe il reale beneficiario dell’enorme plusvalenza. Tra i testimoni richiesti dai legali Mediaset, risulta anche Pier Silvio Berlusconi. Ma non si esclude che sia lo stesso Cavaliere un giorno a dover tornare in Procura e, ancora una volta, come “parte lesa”. Scherzi del destino.

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