QUANTE ROTTURE DI PALLE PER LE AZIENDE PUBBLICHE PER COLPA DI PUTIN - L'EFFETTO GUERRA STA AVENDO PESANTI RIPERCUSSIONI SUI GRUPPI CONTROLLATI DAL TESORO E DA CASSA DEPOSITI E PRESTITI: C'È LA GRANA DEL CONTO IN RUBLI PER ENI, GLI ACQUISTI SFUMATI DI ENEL DOPO CHE È INIZIATO IL CONFLITTO IN UCRAINA, I PROGETTI CONGELATI DI SAIPEM, LE OPPORTUNITÀ MANCATE DI LEONARDO...
Carlotta Scozzari per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Sul pagamento del gas in rubli, «l'Eni è stata molto trasparente rispetto a tantissime società europee che avevano già aperto i conti» in valuta russa senza dirlo. Con queste parole, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha indirettamente confermato quanto già sostenuto dal gruppo petrolifero partecipato al 26% da Cdp e al 4,4% dal Tesoro. E cioè che la decisione di aprire un secondo conto in rubli per il gas acquistato da Mosca era stata condivisa «con le istituzioni italiane».
A ben vedere, la vicenda di Eni racconta solo una delle tante difficoltà incontrate dalle aziende pubbliche o partecipate statali che a diverso titolo operano in Russia. Il gruppo dell'energia Enel, per esempio, ha pagato a caro prezzo la decisione del Paese di Vladimir Putin di aprire il fuoco in Ucraina: il conflitto ha fatto sfumare la vendita delle tre centrali elettriche a gas e dei due impianti eolici russi a cui stava lavorando all'inizio del 2022.
Non bastasse, come evidenziato anche dal Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), la partecipazione dell'ad Francesco Starace alla videoconferenza con Putin di fine gennaio, quando già tirava qualche vento di guerra, ha incrinato i rapporti con Draghi, il quale aveva domandato ai manager pubblici di boicottare l'evento.
Così, da una parte, Starace ha ribadito l'intenzione di uscire dalla Russia. Dall'altro lato, il gruppo partecipato dal ministero dell'Economia al 23,6% ha messo in piedi una «task force - spiega l'ultima trimestrale - per monitorare l'evoluzione dell'attuale situazione e gestire potenzialmente i rischi».
Nel frattempo, Enel sta per acquistare da Erg (entro settembre e Antitrust permettendo), per 188 milioni, la società Erg Power, proprietaria dell'impianto termoelettrico che fornisce energia alla raffineria Isab di Priolo della russa Lukoil. Tuttavia, l'embargo europeo sul petrolio di Mosca potrebbe avere ripercussioni pesanti sul business di Isab e, a cascata, su quello di Erg Power.
Tra i progetti russi a cui lavora Saipem c'è la raffineria di Gazpromneft, Moscow Refinery. Mentre per conto del gruppo locale Novatek la società, per il 43% in mano a Eni e Cdp, è impegnata in due operazioni legate all'impianto per il gas naturale liquefatto, Arctic Lng 2.
Se si considera che il direttore generale, Alessandro Puliti, ha annunciato l'interruzione delle attività in Russia «nel quadro sanzionatorio», si può immaginare che Saipem sia uscita o stia uscendo dal Paese.
Poi c'è Leonardo, che nell'ultima trimestrale sottolinea che «il processo di integrazione e realizzazione di una Difesa e sicurezza europea e l'incremento della spesa per la difesa stanno creando opportunità per le aziende del settore».
Intanto, però, l'azienda partecipata al 30,2% dal Tesoro ha subito il congelamento di beni per 150 milioni della Superjet International, società in comune con la russa Sukhoi.
In generale, il bilancio del 2021 della Cassa depositi e prestiti aiuta a mettere a fuoco i possibili impatti del conflitto ucraino sulle aziende in portafoglio.
Oltre a Eni e Saipem, si parla di Snam, che «non è attiva» a Mosca ma partecipa a «società con esposizione verso forniture tramite contratti pluriennali per il trasporto del gas russo». O di Ansaldo energia, che opera nel Paese con una propria controllata. Soprattutto, però, Cdp menziona i casi di Sace e Simest, la prima appena tornata sotto il cappello del Tesoro e la seconda rimasta invece nel perimetro della Cassa.
In merito a Sace, che assicura crediti e fornisce garanzie, Cdp fa sapere che, «in uno scenario di blocco Swift (circuito di pagamenti) complessivo, l'impossibilità di ricevere flussi dalla Russia comporterebbe escussioni delle esposizioni erogate in Russia.
Tali escussioni - precisa sempre la Cassa - non avverrebbero tutte immediatamente, ma presumibilmente su un orizzonte temporale esteso, con una stimata maggiore incidenza fino al 2024». Un anno fa, l'allora ad Pierfrancesco Latini aveva dichiarato che il portafoglio di operazioni di Sace in Russia valeva 3,2 miliardi.
A dicembre poi l'azienda pubblica ha partecipato alla garanzia da 2,6 miliardi di dollari per il progetto Amur Gas Chemical Complex di Gazprom. Data la situazione, è verosimile che la neo ad di Sace, Alessandra Ricci, stia analizzando l'esposizione russa, con la possibilità di operare svalutazioni.
E se Sace è ormai un problema del Tesoro, l'andamento di Simest riguarda ancora da vicino Cdp. La società che sostiene le aziende italiane oltre confine con finanziamenti e capitale, particolarmente cara al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel bilancio puntualizza di non avere attività produttive in Russia e Ucraina.
Ma segnala, nel contempo, di possedere «sei partecipazioni in Russia per un valore di 6,6 milioni, con garanzie bancarie per circa 1,5 milioni»: un «possibile impatto marginale ulteriormente mitigato dalla presenza del partner italiano», cui spetta il «subentro nelle obbligazioni delle società».
Tra queste joint venture di Simest, si segnalano quella autostradale Aie Rus, in condivisione con Anas International (Ferrovie dello Stato), e quella nel settore metallurgico Maccaferri Gabions Cis, accanto al partner in concordato preventivo Officine Maccaferri.