MPS, UN CETRIOLONE PER LO STATO - IL TITOLO MONTEPASCHI CROLLA E RENZI COLTIVA L'IDEONA: SALVARE LA BANCA CON UN INTERVENTO DELLA CASSA DEPOSITI PARTENDO DAL 4% DEL “MONTE” GIÀ IN MANO AL MINISTERO DELL'ECONOMIA
Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
L’ennesimo tonfo di ieri a piazza Affari (-6,67%) ha fatto alzare ancora di più il livello di guardia nei palazzi romani. Il Monte paschi di Siena è ormai da giorni in cima alla lista dei dossier caldi del governo, del Tesoro e della Banca d’Italia. Il premier, Matteo Renzi, teme che la discesa repentina del valore di Mps sui listini, con tutte le turbolenze che ne conseguono, possa avere impatti negativi sul consenso politico.
L’ad di Rocca Salimbeni, Fabrizio Viola, ha cercato di calmare le acque dicendo che il «valore del titolo va monitorato, ma non è determinante». Fatto sta che al Monte serve un partner. Viola ritiene che a questi prezzi non si faticherà a trovare un compratore, ma ha pure puntualizzato che deve essere adeguato.
E adesso in tanti si interrogano sulle effettive possibilità di andare a nozze con Ubibanca. L’istituto col quartier generale a Bergamo prende tempo: l’ad Victor Massiah insiste sulla necessità di ottenere garanzie pubbliche ulteriori sugli oltre 40 miliardi di euro di crediti deteriorati di Mps. Discorso, però, complesso. Così a Roma qualcuno prepara la carta di riserva: far tornare in campo lo Stato.
Potrebbe quindi essere Cassa depositi e prestiti (e non Poste) a entrare nell’azionariato della più antica banca del Mondo, partendo dal 4% già in mano al Tesoro. E sarebbero quindi due ex prodiani, ora al vertice di Cdp e Mps, Claudio Costamagna e Massimo Tononi, a risolvere la grana a Renzi.
Il filo rosso che lega i due banchieri all’ex premier, Romano Prodi, è Goldman Sachs, la banca d’affari americana che, tra altro, nella campagna elettorale del 2013, appoggiò apertamente il Partito democratico. C’è altro: Tononi lavorò all’Iri con Prodi negli anni ’90 e Costamagna fu coinvolto nel discusso progetto Telecom preparato da Angelo Rovati.
A chiamare in causa la Cdp, ieri, è stato pure Francesco Boccia (Pd), anche se per aspetti collaterali, vale a dire le sofferenze. In ogni caso, la discesa in campo della Cassa (ufficialmente «fuori dalle banche») per Mps non è agevole, ma un banchiere che preferisce restare anonimo sostiene che sia «l’unica alternativa possibile» e dice che le soluzioni francesi studiate per Siena, valide sul piano industriale (cioè Bnp Paribas e Crédit Agricole), sono state scartate dai diretti interessati.