cavi fibra tim telecom ottica rete unica

ROGNE PER IL GOVERNO CHE VERRÀ - LA PRIMA GRANA DA RISOLVERE E’ QUELLA DELLA RETE UNICA, CON IN BALLO IL FUTURO DI TIM (CHE HA 40 MILA DIPENDENTI DI CUI FORSE 20 MILA DI TROPPO) E OPEN FIBER - L’EX MONOPOLISTA IN DIECI ANNI HA PERSO QUATTRO QUINTI DEL SUO VALORE. IL DEBITO NON È STATO ABBATTUTO NONOSTANTE SIANO STATE CEDUTE MOLTE ATTIVITÀ: LE BUONUSCITE DEGLI ULTIMI CINQUE AMMINISTRATORI DELEGATI SONO COSTATE IN TOTALE 70 MILIONI - POI C’E’ ITA AIRWAYS, COSTATA 14,5 MILIARDI DAL 1974 A OGGI AI CONTRIBUENTI E AGLI AZIONISTI - E POI C’E’ MPS, CHE IN QUESTI ANNI HA PERSO 20 MILIARDI…

Ferruccio De Bortoli per “l’Economia - Corriere della Sera”

 

GUIDO CROSETTO GIORGIA MELONI

Partite aperte e fiato sospeso. Anzi, con il fiato corto. Avvicinandosi la data del voto è tutto un rincorrersi di voci sulle scelte del futuro governo. In particolare su alcuni dei dossier più spinosi dell'economia italiana, quelli nei quali la mano dell'azionista pubblico è presente.

E poi c'è la tornata di nomine della prossima primavera che riguarderà Eni, Enel, Terna, Poste e Leonardo, per una capitalizzazione complessiva di circa 120 miliardi.

 

A giudicare dai rumors, la leader di Fratelli d'Italia sarebbe impegnata in così tanti colloqui da dubitare sul fatto che riesca contemporaneamente a fare la campagna elettorale. Forse ha una sosia. Tra i suoi luogotenenti, i più ascoltati sono Guido Crosetto, Giovanbattista Fazzolari e Raffaele Fitto.

 

open fiber 2

Ovviamente in Italia, come scriveva Ennio Flaiano, è difficile resistere alla tentazione di andare in soccorso al vincitore. Ma è del tutto naturale, e persino saggio ed augurabile, che chi ha la responsabilità di guidare grandi gruppi quotati in Borsa, e in particolare quelli con seri problemi di bilancio e di mercato, si muova per tentare di capire la direzione del vento, anticipare decisioni ed eventualmente condizionarle con informazioni più precise e dettagliate.

SALVATORE ROSSI - TIM

 

Del resto, non è un mistero che sia stata la stessa Giorgia Meloni a chiedere consigli a Mario Draghi sui temi economici e finanziari. E il presidente del Consiglio non si è sottratto. In coerenza con quanto aveva detto in agosto al Meeting dell'Amicizia di Rimini: l'Italia ce la farà con qualsiasi governo uscirà dalle urne. Sono in gioco migliaia di posti di lavoro, la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il risparmio degli italiani, la stabilità del Paese sui mercati. Tutti (siamo ottimisti) hanno interesse a far sì che la transizione sia la più semplice e regolare.

 

open fiber 3

Nessuno (anche qui speriamo) si augura che dopo il 25 settembre l'Italia sia percepita più debole e fragile di quello che è. Il dossier più spinoso e urgente (ma da quanti anni è sul tavolo?) è quello della rete unica delle telecomunicazioni, del futuro di Tim e Open Fiber (Of), entrambe partecipate da Cassa depositi e prestiti (Cdp). Non è un mistero che i due gruppi siano, per usare un eufemismo, in forte difficoltà.

 

Il memorandum of understanding firmato da Cdp, Tim, Open Fiber, MacQuarie e Kkr, prevedeva che un'offerta non vincolante venisse presentata entro il 31 agosto. Si è preferito aspettare il voto.

 

PIETRO LABRIOLA

Spetterà al consiglio presieduto da Salvatore Rossi (l'amministratore delegato è Pietro Labriola) valutare poi, in totale autonomia, la congruità della proposta, che sarà eminentemente industriale, con una parte economica sulla quale le posizioni sono molto distanti. Il primo azionista di Tim, la francese Vivendi, sembra orientata su una cifra di 30 miliardi.

 

È probabile che ci si fermi, almeno inizialmente, tra i 15 e i 18 miliardi come enterprise value, cioè compreso il debito che è attualmente di 19,3 miliardi, mentre quello con i costi di leasing è 24,6. In crescita. Un macigno che schiaccia l'ex monopolista delle telecomunicazioni. Con prospettive incerte in un mercato con margini sempre più ristretti e costi crescenti per un gruppo peraltro energivoro, con 40 mila dipendenti di cui forse 20 mila di troppo. Ovvero due o tre volte l'Alitalia.

 

vincent bollore

L'ultimo report di Mediobanca sul settore delle telecomunicazioni ( A call to action , il momento di agire) segnala le difficoltà ad aggiustare le tariffe con l'inflazione e un serio problema di redditività complessiva.

 

Qui si potrebbe dire, per paradosso, che nelle telecomunicazioni, a differenza di altri settori, di concorrenza ce n'è fin troppa, al punto da "impoverire" tutti gli attori, specie dopo l'ingresso nel mercato di Iliad (quasi dieci milioni di abbonati sul mobile). Un consolidamento è inevitabile.

 

PIETRO LABRIOLA

Non c'è posto per tutti. Anche Of non sta troppo bene, oberata anch' essa dai debiti, pur avendo a disposizione una linea di credito di 10 miliardi, senza alcun covenant, fino al 2026. La rete unica servirà ad assicurare a entrambe un futuro meno precario e garantire soprattutto gli investimenti nella fibra fondamentali per la competitività del Paese? I dubbi non sono pochi. Ma ormai di tempo se n'è perso troppo.

 

Come il valore distrutto in tanti anni di tormentata gestione. In dieci anni Tim ha perso quattro quinti del suo valore. Il debito non è stato abbattuto nonostante siano state cedute, nel frattempo, molte attività, tra cui la controllata argentina, una parte di Of. Le buonuscite degli ultimi cinque amministratori delegati sono costate in totale 70 milioni.

I DATI DI ITA AIRWAYS

 

L'ipotesi di un'Opa (Offerta pubblica d'acquisto) della Cdp su Tim, che piace alla Uil e anche a Fratelli d'Italia, richiederebbe una quantità di capitali (quale sarebbe il premio?) che probabilmente imporrebbe di ricapitalizzare la stessa Cassa con il rischio di diluire le fondazioni. Per non parlare del consolidamento del debito.

 

Nel 2018, la Cdp aveva un free capital di 4 miliardi, poi sceso a 300 milioni nel 2021, oggi è intorno a 1,4 miliardi. L'unica soluzione, dunque è quella di un'offerta congrua sulla rete unica. Accettabile anche da Vivendi (che ha perso il 70 per cento del proprio investimento). Il tempo non c'è più.

 

NEI CIELI

E non solo per Tim ma anche per esempio per un altro storico dossier, quello di Ita Airways, presieduta da Alfredo Altavilla con Fabio Lazzerini amministratore delegato. Nonostante le dichiarazioni sull'italianità della compagnia di bandiera - costata 14,5 miliardi dal 1974 a oggi ai contribuenti e agli azionisti - non sembra che il centrodestra sia orientato, nel caso di vittoria il 25 settembre, a rimettere tutto in discussione.

ITA AIRWAYS

 

La scelta di una trattativa in esclusiva con il fondo Certares, legato a Delta ed Air France-Klm, preferito all'altra cordata Msc-Lufthansa, si basa sull'ipotesi che l'azionista pubblico rimanga al 49,99 per cento con discreti poteri di governance (l'attuale direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, potrebbe avere la presidenza). Il negoziato dovrebbe terminare entro la fine dell'anno. Lo sconfitto Msc è un gruppo di proprietà italiana (Gianluigi Aponte) e forse qualche spiegazione in più sulla scelta tra le due offerte sarebbe stata più opportuna, non essendo mancate vedute differenti. Delta potrebbe incrementare le rotte più redditizie, cioè quelle con il Nord America.

 

patrizia grieco

Rimettere tutto in discussione comporterebbe insormontabili problemi con Bruxelles, che ha appena autorizzato la corresponsione, entro l'anno, della prima tranche (400 milioni) dell'aumento di capitale. E poi Ita, occupando ormai 3 mila e 500 persone, non è più come un tempo un grande bacino elettorale romano.

 

CREDITO DIFFICILE

Come non lo è più nemmeno il Monte Paschi, l'altro grande malato bancario, di cui il Mef, il ministero dell'Economia, possiede il 64,2 per cento. L'assemblea degli azionisti, presieduta dalla presidente Patrizia Grieco, ha approvato l'aumento di capitale di 2,5 miliardi. Il Tesoro è pronto a fare la propria parte, ma l'aumento deve essere di mercato, come impone la Bce.

 

LUIGI LOVAGLIO

E vanno convinti i privati. In questi anni sono stati perduti 20 miliardi. Un cambio repentino di rotta metterebbe a repentaglio l'opera dell'amministratore delegato Luigi Lovaglio. Le uscite agevolate sono 3 mila e 500, con uno «scivolo» di sette anni (modello Altalia). Mps potrebbe essere parte di un terzo polo bancario di cui il Paese, per avere un mercato del credito più evoluto e competitivo, ha bisogno. La Spagna ne ha tre, la Francia quattro (con ampia propaggine italiana)

Ultimi Dagoreport

bergoglio papa francesco salma

QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? È SUCCESSO ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO DEL PONTEFICE UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - IN TALE IPOTESI, NON DOVREBBE MERAVIGLIARE IL RISERBO DELLA SANTA SEDE: I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...

jd vance papa francesco bergoglio

PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO IDEA SOLO DOPO L’INCONTRO DEL NUMERO DUE DI TRUMP CON IL SEGRETARIO DI STATO: VANCE SI È MOSTRATO RICETTIVO DI FRONTE AL LUNGO ELENCO DI DOSSIER SU CUI LA CHIESA È AGLI ANTIPODI DELL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA, E HA PROMESSO DI COINVOLGERE IL TYCOON. A QUEL PUNTO IL PONTEFICE SI È CONVINTO E HA ACCONSENTITO AL BREVE FACCIA A FACCIA – SUI SOCIAL SI SPRECANO POST E MEME SULLA COINCIDENZA TRA LA VISITA E LA MORTE DEL PAPA: “È SOPRAVVISSUTO A UNA POLMONITE BILATERALE, MA NON È RIUSCITO A SOPRAVVIVERE AL FETORE DELL’AUTORITARISMO TEOCRATICO” – I MEME

jd vance roma giorgia meloni

DAGOREPORT – LA VISITA DEL SUPER CAFONE VANCE A ROMA HA VISTO UN SISTEMA DI SICUREZZA CHE IN CITTÀ NON VENIVA ATTUATO DAI TEMPI DEL RAPIMENTO MORO. MOLTO PIÙ STRINGENTE DI QUANTO È ACCADUTO PER LE VISITE DI BUSH, OBAMA O BIDEN. CON EPISODI AL LIMITE DELLA LEGGE (O OLTRE), COME QUELLO DEGLI ABITANTI DI VIA DELLE TRE MADONNE (ATTACCATA A VILLA TAVERNA, DOVE HA SOGGIORNATO IL BUZZURRO), DOVE VIVONO DA CALTAGIRONE AD ALFANO FINO AD ABETE, LETTERALMENTE “SEQUESTRATI” PER QUATTRO GIORNI – MA PERCHÉ TUTTO QUESTO? FORSE LA SORA “GEORGIA” VOLEVA FAR VEDERE AGLI AMICI AMERICANI QUANTO È TOSTA? AH, SAPERLO...

giovanbattista fazzolari giorgia meloni donald trump emmanuel macron pedro sanz merz tusk ursula von der leyen

SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN AMICO IMMOBILIARISTA, STEVE WITKOFF, DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO, MELONI AVEVA GIÀ ANTICIPATO IL CALIGOLA DAZISTA CON LA NOMINA DI FAZZOLARI: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO (2018) CHE GESTISCE A PALAZZO CHIGI SUPERPOTERI MA SEMPRE LONTANO DALLA VANITÀ MEDIATICA. FINO A IERI: RINGALLUZZITO DAL FATTO CHE LA “GABBIANELLA” DI COLLE OPPIO SIA RITORNATA DA WASHINGTON SENZA GLI OCCHI NERI (COME ZELENSKY) E UN DITO AL CULO (COME NETANYAHU), L’EMINENZA NERA DELLA FIAMMA È ARRIVATO A PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, L’IMBELLE ANTONIO TAJANI: “IL VERTICE UE-USA POTREBBE TENERSI A ROMA, A MAGGIO, CHE DOVREBBE ESSERE ALLARGATO ANCHE AGLI ALTRI 27 LEADER DEGLI STATI UE’’ – PURTROPPO, UN VERTICE A ROMA CONVINCE DAVVERO POCO FRANCIA, GERMANIA, POLONIA E SPAGNA. PER DI PIÙ L’IDEA CHE SIA LA MELONI, OSSIA LA PIÙ TRUMPIANA DEI LEADER EUROPEI, A GESTIRE L’EVENTO NON LI PERSUADE AFFATTO…

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)