SALOTTI BUONI. BUONI SOLO PER IL MACERO - SALTA ANCHE IL PATTO PIRELLI, MEDIOBANCA VENDE TUTTO, ELKANN INFILZATO DA DELLA VALLE

Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

L'immagine plastica del disfacimento il "capitalismo di relazione" l'ha offerta ieri mattina all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Bocconi. La prolusione è stata affidata a Vittorio Colao, il manager italiano più affermato al mondo: è il numero uno della multinazionale telefonica Vodafone. Sette anni fa fu cacciato brutalmente dal vertice della Rcs perché fastidiosamente bravo. L'allora presidente della Rcs Cesare Romiti, reso tronfio dalla lungimiranza con cui aveva appena finito di distruggere la Fiat, lo chiamava con disprezzo "il contabile", per rimarcare quanto fosse poco "uomo di mondo".

E dunque ieri Colao ha spiegato la virtù della "public company" anglosassone: azionariato diffuso e un consiglio d'amministrazione fatto da manager e non da azionisti. C'era lì il presidente della Rcs, Angelo Provasoli, che subito ha detto: "Dovremmo seguire il suo suggerimento". Cioè smontare il sistema di potere del Corriere della Sera di cui Provasoli è il garante.

Ma tutto sta cambiando, e Provasoli annusa il vento. Nel 2005 il salotto Rcs resse all'attacco dei lanzichenecchi di Stefano Ricucci. Adesso è in rotta. Il lanzichenecco 2013 è Diego Della Valle che ieri, in un'intervista a Repubblica, ha dato gli otto giorni a quasi tutti. La Fiat a inizio estate aveva rastrellato azioni portandosi al 20 per cento di Rcs.

Con quella quota John Elkann pensava di comandare, perpetuando il sistema caro a suo nonno Gianni Agnelli: una quota significativa in mano al Principe o Principino, e intorno alcuni vassalli ricchi e vanitosi, se non stupidi, pronti ad affiancare il potente con le loro piccole quote azionarie per consentirgli di fare il padrone in casa altrui.

Adesso è finita. Elkann, insieme all'altro grande azionista di Rcs, Giovanni Bazoli di Intesa San-paolo, ha passato l'estate a sollecitare improbabili alleanze e si è beccato una sfilza di no. Il patto di sindacato che governava Rcs è scaduto, e adesso le azioni si contano e non si pesano più come insegnava Enrico Cuccia. Della Valle è minaccioso: se Elkann pensa di fondere Corriere e Stampa, "se ne assumerà la responsabilità anche a livello personale".

Insomma, la Fiat peserà per il suo 20 per cento, Della Valle vuol pesare per il suo 8 per cento. E intima prudenza ai suoi nemici storici, il "ragazzino" Elkann e "l'arzillo vecchietto Bazoli". Della Valle chiede che l'azienda sia gestita per far guadagnare gli azionisti e per dare soddisfazione a chi ci lavora, anziché per solleticare la vanità di uomini di potere vecchi o finti giovani.

Si sfarinano i cosiddetti "salotti buoni" perché la crisi sta imponendo un cambiamento epocale. Alle Assicurazioni Generali l'ad Mario Greco ha detto basta alle "partecipazioni strategiche". In Mediobanca il numero uno Alberto Nagel, erede di Cuccia e Vincenzo Maranghi, sta smontando il loro sistema di potere un pezzo alla volta.

Ha risposto picche a Elkann e ha messo in vendita le azioni di Rcs, da trent'anni protettorato Mediobanca. Pronte ad andare sul mercato anche le azioni Pirelli in portafoglio a Mediobanca (4,6 per cento). Anche lì, come in Rcs, il patto di sindacato si sta sciogliendo. La Camfin di Marco Tronchetti Provera resterà primo azionista con il 26,2 per cento del capitale, ma si sono squagliati gli alleati che storicamente hanno consentito a Tronchetti di comandare con i soldi degli altri: Benetton, Fonsai, Generali e Mediobanca, appunto.

In compenso Tronchetti continua a comandare in Camfin nel solito modo singolare : è il secondo azionista dopo il pacchetto Intesa-Unicredit, intervenute con un bel po' di milioni per difendere Tronchetti dalle insidie del socio Vittorio Malacalza, che comunque adesso ha più azioni Pirelli di lui. Bazoli e il numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, cercano di perpetuarsi come "banche di sistema", principalmente per salvare almeno parte dei crediti a rischio, concessi con troppa generosità in passato agli imprenditori amici.

Lo stesso problema che ha Mediobanca in Fonsai, solo che di problema grosso Mediobanca ha solo quello. Infatti è quasi riuscita a liberarsi della grana Telecom Italia, cedendo il controllo della scatola Telco alla spagnola Telefonica.

Ma anche lì sta finendo l'era dei salotti. Marco Fossati, secondo azionista di Telecom Italia con il 5 per cento (Telco ha il 22,5 per cento) ha chiesto un'assemblea dei soci per contarsi: vuole destituire i consiglieri eletti da Telco perché secondo lui non fanno gli interessi dell'azienda ma del singolo azionista Telefonica. Starebbero cioè violando il codice civile. Gli azionisti stavolta si conteranno: la svolta è già in atto, in Rcs, in Telecom, in Pirelli. Il 20 per cento non basta più per comandare.

 

 

ANGELO PROVASOLI MARIO MONTI E IL CARDINALE TETTAMANZIn cc34 vittorio colaoAngelo Provasoli0rep vittorio colaoAGNELLI EDOARDO E GIANNIJOHN ELKANN E GIANNI AGNELLI Cesare Romiti

Ultimi Dagoreport

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE - IL RUOLO DEL "GARANTE" LA RUSSA…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...) - VIDEO

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E TUTTO SAREBBE FINITO LÌ. INVECE LA MAL-DESTRA HA PRESO IL SOPRAVVENTO BUTTANDOLA IN CACIARA E METTENDO NEL MIRINO IL PROCURATORE LO VOI, MOLTO LONTANO DALLA SINISTRA DELLE “TOGHE ROSSE” - QUELLO CHE COLPISCE DEL PASTICCIACCIO LIBICO È CHE SIA STATO CUCINATO CON I PIEDI, MALGRADO LA PRESENZA A FIANCO DI GIORGIA MELONI DI UN TRUST DI CERVELLONI COMPOSTO DA UN EX MAGISTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (CARLO NORDIO), UN PREFETTO A CAPO DEGLI INTERNI (MATTEO PIANTEDOSI) E DI UN ALTRO EX GIUDICE ALFREDO MANTOVANO, SOTTOSEGRETARIO DI STATO - NELL’INCONTRO AL COLLE, LA DUCETTA HA ILLUSTRATO A MATTARELLA (CHE RICOPRE ANCHE LA CARICA DI PRESIDENTE DEL CSM), COSA AVREBBE TUONATO VIA SOCIAL CONTRO LE “TOGHE ROSSE”? OVVIAMENTE NO… - I VOLI DI STATO PER IL TRASPORTO DI AUTORITÀ, LE MISSIONI E GLI INTERVENTI A FAVORE DI PERSONE COINVOLTE IN “SITUAZIONI DI RISCHIO” (DA CECILIA STRADA AD ALMASRI), VENGONO EFFETTUATI DAI FALCOM 900 DELLA CAI, LA COMPAGNIA AERONAUTICA DI PROPRIETÀ DEI SERVIZI SEGRETI, CHE FA BASE A CIAMPINO