SAPETE COSA HA RISCHIATO DI MANDARE A GAMBE ALL’ARIA CREDIT SUISSE? BASTA LEGGE IL RAPPORTO DI UNA COMMISSIONE DEL PARLAMENTO DI BERNA, DAL QUALE EMERGE CHE I VERTICI, INCURANTI DELLA DIFFICILE SITUAZIONE DELL’ISTITUTO, TRA IL 2010 E IL 2022 SI SONO VERSATI 38,9 MILIARDI DI FRANCHI DI BONUS. UNA CIFRA MONSTRE, SUPERIORE ALLE PERDITE DI CREDIT SUISSE, QUANTIFICATE IN 33,7 MILIARDI – OVVIAMENTE NESSUNO DEI MANAGER HA PAGATO IN ALCUN MODO. MA A EVITARE IL FALLIMENTO CI HA DOVUTO PENSARE LA…
Estratto dell’articolo di Stefano Zantonelli per www.repubblica.it
assemblea degli azionisti di credit suisse
La festa del papà del 2023 stava per trasformarsi, per la Svizzera, in una tragedia finanziaria di proporzioni epocali. Se quella domenica, in serata, Governo, Banca Nazionale e Finma, la Consob elvetica, non fossero riuscite a convincere Ubs di farsi carico di Credit Suisse, evitando il fallimento del secondo istituto elvetico per importanza, di lì a poche ore, alla riapertura dei mercati, sarebbe successo un cataclisma.
Sugli elementi che hanno portato a quella situazione, costringendo l’istituto di emissione svizzero e il Governo di Berna, a mettere a disposizione la cifra iperbolica di 257miliardi di franchi, ha tentato di far luce una commissione del parlamento di Berna, guidata dalla aenatrice del Centro (ex-Dc), Isabelle Chassot.
Il suo rapporto, contenuto in 600 pagine, è stato reso pubblico venerdì 20 dicembre e individua, soprattutto, tra le cause del dissesto della banca, gravi responsabilità gestionali dei suoi vertici. I quali, incuranti della difficile situazione dell’istituto, tra il 2010 e il 2022 si sono versati 38,9 miliardi di franchi di bonus. Superiori alle perdite di Credit Suisse, quantificate in 33,7 miliardi. Nessuno di loro ha pagato in alcun modo questo vero e proprio saccheggio.
MEME SUL CROLLO IN BORSA DI CREDIT SUISSE
Secondo la commissione parlamentare l’andazzo negativo si è manifestato senza che l’autorità politica ne fosse a conoscenza, di modo che non le viene attribuita alcuna colpa. Non la pensa così Natalia Ferrara, direttrice dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca, secondo cui “tutti vedevano che ci si stava schiantando contro un muro e nessuno ha fatto nulla”. Anzi, nel novembre del 2022, quando da Credit Suisse uscivano capitali a fiumi di clienti preoccupati, l’allora Ministro delle Finanze, Ueli Maurer, ha evitato di informare i suoi colleghi di Governo del rischio di un tracollo. Di più: il 4 novembre Maurer aveva indetto una riunione straordinaria del Consiglio Federale, l’esecutivo elvetico, in vista della preparazione di un public liquidity backstop, un meccanismo pubblico di garanzia di liquidità. La riunione venne però annullata, mentre già Ubs stava pianificando, 4 mesi prima del crack, il salvataggio della rivale.
Che, il 19 marzo del 2023, mise in pratica, con Governo e Banca Nazionale imploranti, pagandola 76 centesimi di franchi per azione, cioè 3 miliardi di franchi. Stando a indiscrezioni avrebbe, comunque, tentato di rilevarla a un prezzo addirittura nettamente inferiore, a poco più di 40 centesimi per azione, praticamente alla metà. Per intenderci, va rilevato che il 31 ottobre del 2022 Credit Suisse procedette ad un aumento di capitale, facendo pagare ogni titolo 3,82 franchi. Ma è storia del passato, da allora si è voltato pagina e il rapporto della commissione parlamentare d’inchiesta arriva, forse non a caso, mentre l’opinione pubblica è distratta dal Natale alle porte. […]