SIM SALA BIM! - “FITTIZIO FITTIZIO” O “PIPPO PIPPO” ERANO SOLO ALCUNI DEI FINTI INTESTATARI DELLE OLTRE 100 MILA SCHEDE SIM FANTASMA CHE LA TELECOM AVREBBE “FATTURATO” ILLEGALMENTE TRA IL 2007 E IL 2009 INCASSANDO QUASI 430 MLN € - L’AZIENDA PRENDE LE DISTANZE SOSPENDENDO I DIPENDENTI INDAGATI MA LA PROCURA IPOTIZZA LA “CULPA IN VIGILANDO” - BANCOMAT: “UN'AZIENDA DIRETTA DA IMPIEGATI ONNIPOTENTI GRAZIE ALL'ACCIDIA DEI MANAGER”…

1 - SIM «FANTASMA»: INDAGATA TELECOM I PM: 227 MILIONI DI VANTAGGIO NEL 2008 PER LA SOCIETÀ GUIDATA DA BERNABÈ
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"

«Devi andare a cercare ogni negro che ha in tasca la sim e fargli fare la prima telefonata». Più schede di telefonini si attivavano nel "canale etnico" (cioè nel mercato per la clientela straniera) e più incentivi si incassavano: le pressioni dei quadri di Telecom per raggiungere a tutti i costi gli obiettivi prefissati affiorano dalle mail aziendali sequestrate dai carabinieri di Busto Arsizio.

Mail esplicite quanto la fantasmagorica fittizietà di intestatari di sim quali Napoleone Bonaparte, James Bond, Albert Einstein o Silvio Berlusconi (foto e dati dell'ex premier, ma nome Piersilvio, e passaporto indiano rilasciato in teoria a Nuova Delhi), fino ai beffardi Polo Nord e Harry Potter, Fittizio Fittizio o Pippo Pippo.

Anche grazie a questa montagna di schede intestate a nomi di fantasia o a inconsapevoli clienti, attivate con documenti di identità falsi o «rubati» a persone vere, e in migliaia di casi vendute sottobanco da complici negozi a «fantasmi» così sottrattisi alle intercettazioni, Telecom ha «tratto un vantaggio stimato» dal consulente dei pm, il professor Nicola Pecchiari, «in circa 227 milioni e 136.000 euro per l'esercizio 2008», nonché «di poco superiore ai 200 milioni di euro» anche nel 2006 e 2007.

Ecco perché ora, alla fine dell'inchiesta sul «canale etnico», «Telecom Italia spa» non viene più riconosciuta dai pm come ancora ieri si propone, e cioè come «parte lesa» dalla condotta di infedeli manager: al contrario, come società viene indagata dai pm Francesco Cajani e Massimiliano Carducci in relazione all'«associazione a delinquere» che 3 suoi dirigenti «apicali» e 11 dipendenti di 9 sedi, in concorso con 66 distributori complici in tutta Italia, sono accusati di aver creato «tra il marzo 2007 e il marzo 2009» per «ricettazioni di documenti d'identità, falsi materiali, falsi informatici e violazioni del Codice della privacy degli utenti», reati serviti ad attivare fraudolentemente almeno «109.697» schede.

Stando all'atto dei pm indirizzato ieri a «Franco Bernabè quale legale rappresentante» dell'indagata persona giuridica Telecom (impegnato a Roma, al suo posto l'ha ricevuto l'a.d. Marco Patuano), la società è «responsabile dell'illecito amministrativo» previsto dalla legge 231/2001 per i reati commessi dai dirigenti nell'interesse aziendale, per «non aver adottato ed efficacemente attuato modelli organizzativi idonei a prevenire i reati» addebitati a tre ex capi del «canale etnico» (il responsabile sino al 2007 Lucio Cattaneo, il capo dei venditori al nord Fabio Sommaruga e quello al sud Michele Formisano); inoltre, «non osservando gli obblighi di direzione e vigilanza, ha reso possibile» i reati attribuiti agli 11 impiegati.

Mentre la Procura accende analoghi fari su Wind e Vodafone, Telecom rimarca di aver chiuso il «canale etnico» dal quale lamenta truffe informatiche per «50 milioni», sospendendo gli indagati, presentando «10 esposti contro circa 1.000 dealers», e «annullando 2,9 milioni di sim oltre a regolarizzarne 760.000».

Le memorie degli avvocati Maria Teresa Ferraro e Luca Santa Maria nei mesi scorsi valorizzavano soprattutto il fatto che Bernabè, in carica dal 3 dicembre 2007, il 9 maggio 2008 avesse «emesso un'apposita direttiva» con «indicazioni stringenti volte a sanzionare e prevenire» il fenomeno: a cominciare da «un'accurata revisione delle procedure di attivazione», dalla «sospensione cautelare dei bonus ai dealer sospettati», e dalla costituzione di «un gruppo di lavoro sulla scorta dei risultati dell'audit a fine giugno 2008».

Ma gli inquirenti non hanno rintracciato la circolare di Bernabè nei computer dei dipendenti indagati. E Formisano, interrogato il 3 aprile 2099, al pm ha deposto: «Non ho mai avuto conoscenza di questa direttiva, non la troverà sui miei computer, non ricordo Cattaneo me ne abbia mai parlato».

Sulle sim-fantasma, peraltro, a Milano ci sono tre inchieste in tre pool diversi. Questa del pool reati informatici del procuratore aggiunto Alberto Nobili sul «canale etnico» si è giovata il 25 gennaio del travaso di parte di una perizia svolta dal collega del pool reati contro la pubblica amministrazione Alfredo Robledo, che sinora sta indagando per ostacolo alle Autorità di vigilanza l'attuale direttore generale Luca Luciani e l'ex amministratore delegato (fino al 2007) Riccardo Ruggiero.

Dal pool reati societari dell'aggiunto Francesco Greco e del pm Laura Pedio è invece arrivata copia del rapporto che la Guardia di Finanza di Vicenza trasmise il 16 marzo 2010 a Milano suggerendo di «verificare profili di manipolazione del mercato ex legge 231» nelle comunicazioni al pubblico del numero «gonfiato» di schede dichiarate: scenario che, in un fascicolo tuttora pendente a modello 44 (cioè contro ignoti) per l'ipotesi di aggiotaggio, il pool non ha poi ritenuto tecnicamente sostenibile.

2- UN'AZIENDA DIRETTA DA IMPIEGATI ONNIPOTENTI GRAZIE ALL'ACCIDIA DEI MANAGER
Bankomat per Dagospia

La legge 231 ha dei contenuti di opinabile coerenza con i sacri principi del diritto penale europeo. Come il concorso esterno in associazione mafiosa. L'una introduce una novità che non e' tanto la responsabilità oggettiva, perché dalla legge in questione per responsabilità oggettiva si e' indagati e con idonee organizzazioni oggettive ci si difende, quanto piuttosto la responsabilità penale di una persona giuridica e quindi dei suoi legali rappresentanti.

L'altra, il concorso esterno in associazione mafiosa, come anche i giovani al primo corso di diritto penale sanno, e' un assurdo giuridico, ma molto meno assurdo e comunque molto utile quando si parla di mafia.

Assurdo giuridico possono essere entrambe le leggi quando ad applicarle male sono magistrati e giornalisti totalmente ignoranti della vita reale di questo Paese. E sul mondo delle imprese, per cultura veltronesca prevalente (non ce ne voglia, e' una metafora culturale) molto si ignora. Politici, magistrati e giornalisti parlano spesso di un'Italia "pizza Armani cinema e mandolino", dove l'unica azienda che conoscono e' la Ferrari, convinti sia una industria.

Allora, in questa Italia sempre un po' anti industriale, sembra quasi apprezzabile la polemica di MF contro la legge 231, che questa mattina si nutre della notizia di ieri sulle indagine per milioni di schede SIM false che vede al centro Telecom. Con contorno di presunti profitti gonfiati per oltre duecento milioni e avviso di garanzia "ex legge 231" anche all'amministratore delegato. MF considera Telecom vittima della Legge.

Il tema - spiace per MF - e' totalmente un altro. Se, come appare, l'amministratore delegato attuale di Telecom era estraneo a Telecom stessa all'epoca dei fatti, grane per la 231 ne avrà assai poche. In galera non ci andra' mai e l' accostamento che Mf propone con il caso Fastweb e' specioso.

Ma se, come e' probabile, una serie di top manager e amministratori non vigilavano bene affinché la truffa fosse evitata, qualche grana potrebbero averla.
E va spiegato perché.

In Telecom e in molte altre grandi aziende anche i muri sanno, ma dirlo e' sconveniente forse anche per certe testate molto vicine al grande capitale, che si taroccano i risultati dei budget e dei bonus milionari. E nel caso di Telecom e sue aziende concorrenti, divulgare risultati commerciali di un certo tipo anziché quelli veritieri, non facciamo finta di non saperlo, incide sui corsi azionari, sulla credibilita bancaria, e per l'appunto sui bonus.

La apparentemente sana abitudine di premiare i risultati ha creato mostri. Tutto va bene, tutto e' lecito se porta convenienza a me o ad altri che poi mi ricambiano in altro momento di equivalente assenso. O diplomatica distrazione.

E come un importante esponente di un'Authority italiana ben osservava a Bankomat tempo fa, ne ammazza piu' l'accidia della truffa. Ovvero: al catechismo ci insegnavano che l'accidia e' un peccato grave, perché e' la cotenna spessa e dura che ci rende insensibili al bene ed al male, ai problemi degli altri, alle questioni di principio.

Che l'accidia sia di per se' un reato (legge 231) non saprei dire. Ma che troppi top manager si facciano pagare cifre astronomiche per poi riversarne una parte ai loro avvocati e sostenere con faccia tosta che non potevano sapere, che non decidevano loro, che non vedevano, la cosa e' nota e un pochino puzza di zolfo.

La Telecom, ammettiamolo, in tema di accidia si guadagna premi alla carriera. Negli anni scorsi abbiamo avuto un Presidente super operativo e pagatissimo che ignorava le malefatte del suo addetto alla sicurezza. E se fosse successo il caso Tavaroli in Mediaset, Confalonieri era a SanVittore da tempo. Va detto pure questo.

Altri amministratori di Telecom, come riivelato in corposi esposti pubblici alla Magistratura, con lui Presidentissimo ignoravano quanto potesse valere il patrimonio immobiliare del gruppo, lo conferivano ad un valore x in cambio del 49 per cento di una società veicolo e poi la stessa lo rivendeva in pochi mesi per molto di piu a società immobiliari terze. Peccato fossero Parti Correlate del Presidente. Non stiamo attribuendo reati, plachi pure suoi legali il dott.Tronchetti, stiamo parlando di accidia dei vertici. Sono mere osservazioni culturali.

L'Onorevole Scajola e' il monumento all' accidia. Ignora, gira la testa, non coglie. L'ex Presidente di Capitalia Rag. Geronzi guadagnava compensi per non decidere nulla. Era solo il Presidente. lo ripetono in ogni Tribunale i suoi legali.

Gli amministratori di SaiFondiaria pagavano decine di milioni di consulenze al loro padrone e Presidente onorario Salvatore Ligresti, senza porsi il problema se la cosa fosse sensata, corretta o iniqua e ridicola, aldilà di eventuali profili di reato che non ci permettiamo assolutamente di contestare.

MF questa nostra polemica moralista forse non la condivide. E titola a tutta pagina "Telecom di nuovo vittima della 231". Per qualcuno pertanto non val la pena indagare se e come i top manager organizzino bene le aziende al fine di non commettere reati.
Certo che Telecom e' vittima, ma non lo sono molti suoi dirigenti. Ed e' ridicolo osservare come fa Telecom che non ci sono dirigenti indagati. Appunto: un'azienda diretta da impiegati onnipotenti grazie all'accidia dei manager. Che organizzazione!

 

 

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