BIG PHARMA DIVENTA GIANT PHARMA - STEFANO PESSINA (BOOTS-WALGREENS) VUOLE RILEVARE IL BIG DELLA DISTRIBUZIONE DEI FARMACI ALL’INGROSSO (AMERISOURCE) PER DIFENDERSI DALL’ATTACCO DI AMAZON, CHE CON JPMORGAN E WARREN BUFFETT HA MESSO IL DITONE NEL MERCATO DELLA SALUTE - IL RISIKO DEL SETTORE È SOLO ALL’INIZIO: CONSOLIDAZIONE IN VISTA
Alberto Flores d' Arcais per Affari&Finanza – la Repubblica
stefano pessina ornella barra boots
Per chi abita negli Stati Uniti, Walgreens è un marchio familiare, la seconda più grande catena di pharmacy degli Usa: veri e propri supermercati (spesso aperti 24 ore) dove - accanto alle classiche medicine (sia da banco che acquistabili solo con le ricette del medico) - si può trovare un po' di tutto: dallo shampoo ai dentifrici, dai prodotti di bellezza alla cartoleria, dalla Coca-Cola al reparto "pronta stampa" di foto e documenti, fino a prodotti che con la salute e la tradizionale farmacia non hanno nulla a che fare (sigarette, cibi congelati, patatine fritte, junk food).
Chiunque, almeno una volta, ha messo piede in uno degli oltre 8mila negozi di Walgreens disseminati in ogni angolo d' America, anche se pochi sanno che dietro alla crescita e agli ultimi successi di questo brand secolare (il primo negozio venne fondato a Chicago 117 anni fa) ci sia una mano italiana, quella di Stefano Pessina.
Il 2018 sarà un anno decisivo per le grandi pharmacy Usa (e non solo).
Con il ventilato ingresso del gigante Amazon - ancora tutto da decifrare il mercato dei medicinali rischia di essere rapidamente rivoluzionato. Dopo avere messo in crisi il settore delle vendite al dettaglio tradizionali e quello dei supermercati (con l' acquisto di Whole Foods), Jeff Bezos è pronto alla nuova sfida sui prodotti farmaceutici.
L' annuncio (scandito con le parole "per quanto sia difficile, vale la pena ridurre il peso della sanità sull' economia e allo stesso tempo migliorare i risultati per dipendenti e rispettive famiglie") di una prima iniziativa, ha scosso Wall Street: l' accordo con la Berkshire Hathaway di Warren Buffett ("i costi enormi della sanità agiscono come un verme solitario affamato sull' economia americana") e la megabanca JP Morgan Chase per tagliare i costi delle cure mediche (sempre più proibitivi) negli Stati Uniti sembra solo il primo passo per un' offensiva a largo raggio.
Quando i media Usa (Cnbc per prima) rivelarono gli incontri (e i possibili accordi) tra i vertici di Amazon e diversi produttori di farmaci generici - l' Americana Mylan e la Sandoz, divisione della svizzera Novartis - Stefano Pessina si mostrò pubblicamente scettico ("credo che Bezos non metterà piede in un' industria così complicata come la nostra, penso che alla fine userà la sua tecnologia in modo diverso"), ma fin da subito iniziò a pensare alle possibili contromosse.
Non solo verso Amazon, anche verso il suo grande 'competitor' nel mercato delle 'pharmacy', il gruppo Cvs Health, che con il mega-acquisto (69 miliardi di dollari) delle assicurazioni sanitarie Aetna ha rafforzato la sua leadership nel settore. La Cvs peraltro è il frutto di una lunga serie di acquisizioni di catene minori negli ultimi anni, dalla Heartland Drug di Boston alla Navarro Discount di Miami, dalla Longs Drug alla Target nel 2015 (1600 farmacie).
Altre grandi catene stanno diversificandosi in settori "cugini": l' anno scorso la Cardinal Health, terza nella classifica americana per fatturato, ha rilevato per 6,4 miliardi una serie di linee produttive di ausilii medici e materiali per sala operatoria dal gigante Medtronics. E l' anno prima aveva comprato dalla Tradex di Cleveland la produzione di guanti in lattice usati anche nell' industria alimentare.
Ecco quindi - notizia di pochi giorni fa anticipata dal Wall Street Journal - che Pessina, vice- presidente e Ceo di Walgreen Boots Alliance, avrebbe deciso l' acquisizione di AmerisourceBergen, che non è una catena di farmacie ma un colosso della distribuzione di medicinali da 135 miliardi di dollari di fatturato. Trattative che sono alle fasi preliminari ma con una più che concreta probabilità di essere portate a termine in modo positivo.
AmerisourceBergen (di cui Walgreens già detiene il 26 per cento) ha una capitalizzazione di mercato di 19,6 miliardi di dollari (quello di Walgreens è di quasi 68 miliardi) e l' acquisizione potrebbe consentire a Pessina non solo di migliorare la redditività del gruppo ma soprattutto di metterlo al riparo dai nuovi rischi di un settore - come quello della sanità - sempre più competitivo. AmerisourceBergen è uno dei maggiori distributori di farmaci negli Stati Uniti e gode di ottima salute; nell' anno fiscale ha avuto profitti per 364,5 milioni di dollari su un giro d' affari di 153,1 miliardi.
Una mossa, quella di Pessina, che sembra aver convinto il mercato e Wall Street. L' imprenditore italiano-monegasco ha del resto dato ampie prove di affidabilità in passato (sia recente che più remoto). Oggi 76enne, l' ingegnere nucleare abruzzese è riuscito a trasformare (grazie anche alla stretta e ormai trentennale collaborazione di Ornella Barra, imprenditrice e manager genovese che oltre ad essere 'co chief operating officer' di Walgreens Boots Alliance è sua compagna di vita) un distributore locale di farmaci in uno dei giganti mondiali del settore.
Anche se negli Stati Uniti il gruppo insegue Cvs, la strategia globale di Pessina ha portato Walgreens Boots Alliance (la fusione tra la società americana e quella leader in Europa è del 2013) ad essere il leader mondiale, con una presenza in undici paesi e l' ingresso in un mercato come quello cinese (nel 2012 l' imprenditore manager italiano ha costituito una partnership strategica con il quinto più grande grossista farmaceutico della Cina, Nanjing Pharmaceutical).
Il primo a credere in se stesso è del resto proprio lui, tanto che il 15 gennaio scorso ha comprato quasi 99mila azioni del suo gruppo per circa sette milioni e mezzo di dollari. Anche questo è un segnale che il rimescolamento del settore non finirà qui, sulla spinta del nuovo trend: gruppi sempre più grossi, con un numero smisurato di farmacie, e alleanze ove possibile con i colossi delle assicurazioni in modo da poter intervenire anche sui prezzi dei farmaci (che in America a differenza dell' Europa non sono fissati da una authority statale bensì suggeriti dalle aziende e poi stabiliti sulla base di un accordo con i distributori con una logica puramente di mercato.
Crescono anche le dimensioni di ogni singolo punto vendita: ormai simili a ipermercati più che a banali farmacie. Capofila in questo campo è stato la Costco, che gestice 17 grandi magazzini ("warehouse") in tutti gli Stati Uniti e un totale di 780 farmacie, cui se ne aggiungono 98 in Canda, 37 in Messico, una quarantina in Gran Bretagna.
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