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COSA SUCCEDERÀ LUNEDÌ SUI MERCATI DOPO IL DECLASSAMENTO DI MOODY’S? - PER GLI ECONOMISTI DI COMMERZBANK, I MERCATI GIÀ IERI DAVANO PER SCONTATI DUE DECLASSAMENTI: DUNQUE IL FATTO CHE IL DOWNGRADE SIA STATO UNO SOLO CON PROSPETTIVE STABILI POTREBBE ADDIRITTURA DIVENTARE UN’OCCASIONE D’ACQUISTO - NULLA CAMBIERÀ PER LA BCE: PER IMPEDIRLE DI COMPRARE BTP SERVE CHE QUATTRO AGENZIE DI RATING DECLASSINO L’ITALIA A “JUNK”
Morya Longo per https://www.ilsole24ore.com
Osservando la spasmodica attenzione con cui i mercati aspettavano il verdetto delle agenzie di rating, viene da porsi una domanda: perché mai il destino dell’Italia deve essere determinato da valutatori che in passato non hanno sempre azzeccato le previsioni? La risposta è semplice e triste allo stesso tempo: perché l’intero mercato obbligazionario usa il rating come parametro per stabilire chi può comprare certe obbligazioni e chi no.
Piaccia o non piaccia, questa è la realtà: il motivo per cui tutti gli occhi sono puntati su Moody’s e Standard & Poor’s è perché l’Italia rischia prima o poi di essere declassata a «junk». Cioè a livello «spazzatura». O, più correttamente, «speculativo». Per fortuna Moody’s non è arrivata a tanto, ma qualora accadesse una vasta platea di investitori non potrebbe più detenere i BTp italiani in portafoglio. E dato che i numeri sono grandi, anche le vendite rischiano di essere grandi.
L’INCUBO (NON IMMINENTE) DEL «JUNK»
Goldman Sachs stima che qualora l’Italia venisse declassata a «junk», le vendite sui BTp potrebbero arrivare a 100 miliardi. Morgan Stanley calcola che a un tale declassamento del rating italiano sarebbero sensibili investitori nazionali che attualmente detengono 436 miliardi di BTp e internazionali che hanno 405 miliardi.
Commerzbank, limitando l’analisi alle sole società di gestione del risparmio, stima che i BTp siano in mano ai fondi investment grade europei per 250 miliardi e non europei per 80. Per non parlare degli Etf. Il problema è questo: i fondi dedicati ai bond “sicuri” (dunque investment grade) non possono “tradire” i sottoscrittori tenendo in portafoglio titoli «junk». Qualora un Paese o una società venga declassata su questo livello, i fondi hanno solitamente 6-12 mesi di tempo per sbarazzarsene.
Per fortuna questo non è accaduto. Il fatto che l’outlook sia rimasto «stabile» indica che per un po’ non dovrebbe accadere. È vero che ora il mercato aspetta il verdetto di Standard & Poor’s in arrivo venerdì prossimo, ma la decisione di ieri di Moody’s potrebbe essere accolta con sollievo dagli investitori.
Almeno nel breve. Come segnalano gli economisti di Commerzbank, i mercati già ieri davano per scontati due declassamenti: dunque il fatto che il downgrade sia stato uno solo con prospettive stabili potrebbe addirittura diventare un’occasione d’acquisto lunedì.
Altri sostengono invece che il rischio di passare nella Serie B dei rating (che resta attuale in attesa di S&P) costringerà comunque gli investitori a vendere BTp. Una cosa è certa: nulla cambierà per la Bce. Per impedirle di comprare BTp serve che quattro agenzie di rating declassino l’Italia a «junk». Ipotesi ancora lontana dalla realtà.