CRESCITA TRISTE – GLI STATI UNITI HANNO UN PIL CHE CORRE (+3,5%) E LA DISOCCUPAZIONE AL 5,8%, ROBA CHE L’EUROPA SE LA SOGNA, MA NON MANCANO I PROBLEMI – IL DEFICIT FEDERALE RESTA ALTO E L’AUMENTO DELLA SPESA MILITARE È UN DATO PASSEGGERO

Adriana Castagnoli per “Il Sole 24 Ore

 

barack obama 2008:2014barack obama 2008:2014

L'economia Usa cresce ma l'americano medio non si sente più ottimista e ne ha motivo. I dati del Bureau of Economic Analysis evidenziano aspetti contradditori. Per quanto il Pil sia aumentato oltre le aspettative nel III trimestre (+3,5%), il rallentamento rispetto al periodo precedente (+4,6%) rivela un sottofondo meno brillante. Spesa pubblica federale e quella della difesa, con la riduzione dell'import, compensano la debolezza degli altri indicatori. Restano da sciogliere i nodi del deficit federale. Tuttavia le spese militari, balzate del 16%, sono ritenute volatili.

 

GoogleGoogle

La criticità della situazione dipende dalle profonde trasformazioni strutturali nella difesa, con la cessione ai privati di importanti attività che rischiano di indebolire la tradizionale supremazia tecnologica militare. Oggi il «complesso militare industriale», evocato negli anni 50 dal presidente Dwight Eisenhower, è ridotto a poche imprese. Nel 2012, più di 1/3 di ciò che il Pentagono spendeva in approvvigionamenti e servizi è andato a società non tradizionali dell'industria della difesa come Apple e Dell. Con la proprietà si sposta nelle mani dei giganti della tecnologia anche una quota di potere: Google, nel 2013, ha acquistato Boston Dynamics che sino ad allora aveva assicurato al Pentagono la frontiera tecnologica nella produzione di robot. Se Google non intende più procedere con la ricerca militare, la Difesa americana potrebbe perdere il primato nella robotica.

 

La riduzione dell'import è un segnale incoraggiante per la produzione interna. La creazione di posti di lavoro nel privato è stata straordinaria. Il punto è che la produttività media per lavoratore si è ridotta dal 2007 e in un anno è cresciuta appena dello 0,9%. E ciò malgrado le ore lavorate siano aumentate in modo impressionante sia per l'espansione dell'occupazione (oltre 1,4 milioni di posti di lavoro negli ultimi sei mesi) sia per l'allungamento della settimana lavorativa (ai livelli di 60 anni fa).

 

marines marines

Così, con la disoccupazione al 5,8%, un traguardo invidiabile per gli europei, i salari ristagnano e la partecipazione alla forza lavoro si è ridotta al livello del 1978. Questa fiacchezza può dipendere dal tipo di occupazione in crescita: con contratti a termine, nei settori dei servizi alla salute e della ristorazione. Manifattura e costruzioni sono cresciute poco, anche se lo shale gas sembra aver invertito il processo di declino industriale. È pur vero che gli importanti progressi nell'innovazione richiedono tempo per sviluppare benefici.

 

 Ma vi sono imprese che sono scoraggiate dall'investire in Information Technology. Perché anche negli Usa la polarizzazione politica su questioni cruciali per il lavoro, come la legge sull'immigrazione, nonché le elevate tasse sui redditi d'impresa (39,1%, almeno sulla carta) hanno finito per rallentare l'industria. Come ha sottolineato Janet Yellen, preoccupa la contrazione nel numero di nuove imprese, tradizionale segno di vitalità. Né si vede un significativo slancio nella ripresa dei consumi. Pertanto, alle elezioni del 4 novembre, gli americani hanno bocciato innanzitutto la politica economica del presidente Obama. E per questo i repubblicani hanno promesso di assicurare il loro appoggio a una rapida conclusione della Trans-Pacific Partnership.

 

janet yellen janet yellen

Si prevede che la Federal Reserve aumenterà i tassi di interesse nella prima metà del 2015. Ciò stimolerà la domanda per azioni, bond e nel settore immobiliare ma non si tradurrà in migliori condizioni di vita per molti americani. Anzi, tenderà ad acuire i già alti livelli di ineguaglianza perché la proprietà degli asset è concentrata nelle mani dei più ricchi, e premierà lo strapotere della finanza. Ma lo scenario globale è molto più complesso, e gli Usa rischiano di soffrire anche la recessione dei partner commerciali come l'Europa che resta tuttora senza leadership né visione. 

Ultimi Dagoreport

putin musk zelensky von der leyen donald trump netanyahu

DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA ESTERA POTREBBE CHIUDERE LE GUERRE IN UCRAINA E MEDIORIENTE (COSTRINGENDO PUTIN E ZELENSKY ALLA TRATTATIVA E RISPOLVERANDO GLI ACCORDI DI ABRAMO TRA NETANYAHU E IL SAUDITA BIN SALMAN) – I VERI GUAI PER TRUMPONE SARANNO QUELLI "DOMESTICI”: IL DEBITO PUBBLICO VOLA A 33MILA MILIARDI$, E IL TAGLIO DELLE TASSE NON AIUTERÀ A CONTENERLO. ANCORA: ELON MUSK, PRIMA O POI, SI RIVELERÀ UN INGOMBRANTE ALLEATO ALLA KETAMINA CHE CREA SOLO ROGNE. LA MAXI-SFORBICIATA AI DIPENDENTI PUBBLICI IMMAGINATA DAL “DOGE” POTREBBE ERODERE IL CONSENSO DEL TYCOON, GIÀ MESSO A RISCHIO DAL PIANO DI DEPORTAZIONE DEI MIGRANTI (GLI IMPRENDITORI VOGLIONO LAVORATORI A BASSO COSTO) – I GUAI PER L’EUROPA SUI DAZI: TRUMP TRATTERÀ CON I SINGOLI PAESI. A QUEL PUNTO GIORGIA MELONI CHE FA: TRATTA CON "THE DONALD" IN SEPARATA SEDE O RESTERÀ "FEDELE" ALL'UE?

simona agnes gianni letta giorgia meloni rai viale mazzini

DAGOREPORT – TOH! S’È APPANNATA L’EMINENZA AZZURRINA - IL VENTO DEL POTERE E' CAMBIATO PER GIANNI LETTA: L’EX RICHELIEU DI BERLUSCONI NON RIESCE A FAR OTTENERE A MALAGÒ IL QUARTO MANDATO AL CONI. MA SOPRATTUTO FINO AD ORA SONO FALLITI I SUOI VARI TENTATIVI DI FAR NOMINARE QUEL CARTONATO DI SIMONA AGNES ALLA PRESIDENZA DELLA RAI A SCOMBINARE I PIANI DI LETTA È STATO CONTE CHE SE NE FREGA DEL TG3. E L'INCIUCIO CON FRANCESCO BOCCIA L'HA STOPPATO ELLY SCHLEIN – PARALISI PER TELE-MELONI: O LA AGNES SI DIMETTE E SI TROVA UN NUOVO CANDIDATO O IL LEGHISTA MARANO, SGRADITO DA FDI, RESTA ALLA PRESIDENZA "FACENTE FUNZIONI"...

paolo gentiloni francesco rutelli romano prodi ernesto maria ruffini elly schlein

DAGOREPORT – AVANTI, MIEI PRODI: CHI SARÀ IL FEDERATORE DEL CENTRO? IL “MORTADELLA” SI STA DANDO UN GRAN DA FARE, MA GUARDANDOSI INTORNO NON VEDE STATISTI: NUTRE DUBBI SUL CARISMA DI GENTILONI, È SCETTICO SULL'APPEAL MEDIATICO DI RUFFINI, E ANCHE RUTELLI NON LO CONVINCE – NON SOLO: SECONDO IL PROF NON SERVE DAR VITA A UN NUOVO PARTITO MA, COME IL SUO ULIVO, OCCORRE FEDERARE LE VARIE ANIME A DESTRA DEL PD - NON BASTA: IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE CHE DOVRA' SFIDARE IL REGIME MELONI, SECONDO PRODI, NON DOVRÀ ESSERE IL SEGRETARIO DI UN PARTITO (SALUTAME ‘A ELLY)…

giorgia meloni romano prodi elon musk donald trump ursula von der leyen giovanbattista fazzolari

COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA PIAGA: “L’ESTABLISHMENT AMERICANO ADORA LA MELONI PERCHÉ OBBEDISCE” - OBBEDIENTE A CHI? AI VERI ‘’POTERI FORTI’’, QUEI FONDI INTERNAZIONALI, DA BLACKSTONE A KKR, CHE FINO A IERI LO STATALISMO DI MELONI-FAZZOLARI VEDEVA COME IL FUMO AGLI OCCHI, ED OGGI HANNO IN MANO RETE UNICA, AUTOSTRADE, BANCHE E GRAN PARTE DEL SISTEMA ITALIA - E QUANDO SI RITROVA L’INATTESO RITORNO AL POTERE DI TRUMP, ECCOLA SCODINZOLARE TRA LE BRACCIA DI ELON MUSK, PRONTA A SROTOLARE LA GUIDA ROSSA AI SATELLITI DI STARLINK - LA FORZA MEDIATICA DI “IO SO’ GIORGIA” VA OLTRE QUELLA DI BERLUSCONI. MA QUANDO I NODI ARRIVERANNO AL PETTINE, CHE FARÀ? DA CAMALEONTICA VOLTAGABBANA TRATTERÀ I DAZI CON TRUMP O RESTERÀ IN EUROPA? - MA C’È ANCHE UN ALTRO MOTIVO DI RODIMENTO VERSO PRODI…