SVALUTELECOM - L’AZIONISTA DI CONTROLLO TELCO DEVE SVALUTARE LA SUA PARTECIPAZIONE: DA 1,5 A 1 € AD AZIONE (IN BORSA NE VALE 0,6) - UNA MINUSVALENZA DA 1,5 MLD, COSì SUDDIVISA: GENERALI -450 MLN, -175 PER MEDIOBANCA E INTESA, -700 PER GLI SPAGNOLI DI TELEFONICA - ORMAI È IMPOSSIBILE IGNORARE IL VALORE CALANTE. E CON 60 MLN DI DIVIDENDO ANNUO, NEANCHE PAGANO GLI INTERESSI SUI DEBITI FATTI PER COMPRARLA (2,75 MLD)…
Laura Galvagni per "Il Sole 24 Ore"
Telco si prepara a svalutare Telecom Italia. Gli azionisti della cassaforte che detiene il 22,4% del gruppo di telecomunicazione avrebbero ormai deciso di ritoccare al ribasso il prezzo di carico delle azioni. Manca da definire il valore al quale aggiornare la partecipazione.
Allo stato attuale le ipotesi sul tavolo sono fondamentalmente due: portare il prezzo da 1,5 euro a titolo a 1,2 euro; oppure ridurlo fino a 1 euro ad azione. La differenza è sensibile ma la scelta finale sarà assunta solo in sede di consiglio di amministrazione, convocato per martedì 19 febbraio, e soprattutto solo alla luce di quanto deciderà di fare Telecom domani quando affronterà il dossier avviamento.
Al cda del gruppo di tlc, infatti, non verrà discusso solo il destino di Ti-media/La7 e i termini del bond ibrido ma anche l'esito dell'impairment test che potrebbe portare a una nuova rettifica dell'avviamento. Il consiglio non darà un valore puntuale ma dovrebbe scaturire quantomeno un range indicativo, tra i 2 e i 4 miliardi di euro.
Telecom, nonostante abbia già rettificato il goodwill per 7,3 miliardi nel 2011, ha ancora 36,8 miliardi di avviamenti che, una volta ritoccati, avranno l'effetto combinato di azzerare l'utile di esercizio 2012 e di liberare riserve per pagare il dividendo già annunciato di 450 milioni.
Per Telco l'indicazione sulla procedura di impairment è cruciale per poter stabilire l'ammontare della svalutazione che dovrà apportare alla propria partecipazione. Come detto alcuni dei soci punterebbero a ridurre il valore di carico fino a 1 euro ad azione contro gli 0,61 euro a cui il titolo quota in Borsa. Si tratterebbe di un taglio piuttosto netto ma abbastanza in linea con le indicazioni espresse dal mercato se si considera che Telco potrebbe riconoscersi un premio di controllo e che il gruppo italiano tratta a sconto rispetto ai competitor.
Il rapporto tra prezzi e utili attesi nel 2013, per esempio, secondo le stime di Deutsche Bank è pari a 5,3 volte contro le 9,9 volte della media di settore. Un valore tra i più bassi in Europa. Stesso ragionamento per il rapporto tra il valore dell'azienda e il margine operativo lordo (Ev/Ebitda): in questo caso, Telecom Italia scambia a 3,5 volte contro le 4,8 volte del settore. In virtù di tutto ciò, 1 euro per azione potrebbe essere considerato da alcuni soci un valore fair, anche in vista di possibili mosse future.
Tuttavia, abbassare così il prezzo di carico potrebbe voler dire registrare nei conti una minusvalenza importante. Numeri alla mano, considerando i tre miliardi di titoli nel portafoglio di Telco, il minor valore da contabilizzare in bilancio nel caso in cui il prezzo di carico venisse portato a 1,2 euro sarebbe nell'ordine di 900 milioni di euro.
Se si decidesse di tagliare fino a 1 euro la minusvalenza sarebbe addirittura di 1,5 miliardi di euro. Una perdita che avrebbe un impatto di circa 175 milioni a testa per Mediobanca e Intesa Sanpaolo, socie all'11,62% di Telco, e di 450 milioni per Generali, a cui fa capo il 30,58% del veicolo.
Per gli spagnoli di Telefonica si arriva quasi a 700 milioni di euro. In pratica, il pacchetto del 22,4% di Telecom Italia in mano a Telco, che sul mercato vale 1,9 miliardi, verrebbe iscritto a 3 miliardi contro gli attuali 4,5 miliardi. Il bilancio dell'avventura tlc, peraltro, è ancora più pesante: quando sono stati rilevati i titoli Telecom Italia dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera l'investimento è stato superiore agli 8 miliardi.
Per giunta, ora, Telco dovrà fare i conti con dividendi più magri rispetto al passato: appena 60 milioni all'anno. Cifra tendenzialmente insufficiente per far fronte agli oneri finanziari legati al debito bancario da 1 miliardo e al prestito obbligazionario da 1,75 miliardi.
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