UN TASSO IN AVANTI VERSO IL BARATRO – IL DATO CHOC SULL’INFLAZIONE AMERICANA RENDE SEMPRE PIÙ PROBABILE L’IPOTESI DI UNA STRETTA SUI TASSI DI INTERESSE, DA PARTE DELLA FED – E LA LAGARDE CHE FARÀ? IL SENTIERO PER CHRISTINE È SEMPRE PIÙ STRETTO, ANCOR PIÙ ORA, CON LA CRISI DI GOVERNO IN ITALIA. UN SEGNALE ANDRÀ MANDATO, IL PUNTO È CAPIRE QUAL È LA MISURA GIUSTA…
1 - INFLAZIONE LA TEMPESTA USA
Alberto Simoni per “la Stampa”
Il primo comunicato che diffonde la Casa Bianca da Israele riguarda l'inflazione. A testimoniare che sono i problemi interni - economici e sui diritti - che Biden fatica a lasciarsi alle spalle.
Il presidente Usa è sbarcato all'aeroporto di Tel Aviv da pochi minuti quando il Bureau of Labor Statistic diffonde i dati del mese di giugno: l'inflazione tocca +9,1% rispetto allo scorso anno, segna un +1,3% rispetto a maggio e fissa un altro record, mai da 40 anni l'incremento era stato così forte.
Tutti i comparti sono toccati, gli alimentari sono saliti del 10,4% in un anno, il costo di una cena fuori è cresciuto del 7,7% e gli affitti segnano un più 0,8% rispetto al mese di maggio. È una doccia gelata per il presidente e lo si capisce dal tenore delle parole del comunicato.
Biden definisce "inaccettabilmente alta" l'inflazione e quasi piccato sottolinea però che i dati non sono aggiornati. Il presidente si riferisce alla voce energia: da metà giugno i prezzi alla pompa hanno subito un rallentamento e ieri un gallone costava 4,63 dollari mediamente.
Eppure, il report governativo attribuisce proprio all'energy index la colpa di aver spinto all'insù il costo della vita. Rispetto al mese di maggio, infatti, ha registrato +7,5%. Rispetto al 2021 invece siamo a oltre +41%, prezzi record dall'aprile del 1980. A preoccupare sono anche i dati del "core index inflation", ovvero l'indice che esclude i beni volatili. Non c'è stata l'attesa frenata.
Non appena i dati dell'inflazione Usa sono stati pubblicati, l'euro, quasi annusando le prossime mosse restrittive della Federal Reserve in materia di tassi, ha accusato il colpo ed è scivolato al ribasso. Per la prima volta da 20 anni il dollaro e la moneta europea hanno lo stesso valore.
Nel 2008 l'euro valeva 1,60 dollari, a inizio di quest' anno era quotato a 1,13 e ieri, 13 luglio giornata a suo modo storica, la parità. Che spingerà l'import americano limitandone invece l'export. La parità però imporrà riflessioni all'Eurotower. Anche la Fed sarebbe stata spiazzata dall'ultimo bollettino dell'inflazione. Un balzo così netto non era ritenuto prevedibile.
A questo punto l'ipotesi di una stretta sui tassi già in luglio è assai concreta. Ieri il governatore della Banca centrale di Atlanta, Raphael Rostic, ha addirittura paventato un rialzo dell'1%. L'obiettivo è congelare le spese, rallentare la marcia dell'economia e dei prezzi. Con la convinzione però che la recessione dal 2023 è più che un'ipotesi. Il Beige Book (il report mensile della Fed) ieri ha parlato di «attività economiche modeste» nel mese di giugno e delineato «rischi sempre maggiori di recessione».
È uno scenario complesso sia per la Fed - che deve fare i conti anche con l'indice al ribasso della fiducia dei consumatori - e la Casa Bianca. Biden ha ribadito che la lotta all'inflazione è la priorità numero uno della sua Amministrazione e che introdurrà tutti gli strumenti necessari per contenerla.
Ha detto di voler dare tutto lo spazio di manovra necessario alla Fed e ieri ha invitato in modo secco le compagnie energetiche a "fare la loro parte" per aiutare il contenimento dei prezzi. Quindi ha ribadito l'impegno per imporre un tetto al prezzo del petrolio russo in collaborazione con gli alleati europei.
Continuerà ad attingere alle riserve strategiche. Sono mosse che finora non hanno sortito l'effetto sperato. Per questo il presidente si è rivolto al Congresso affinché approvi il pacchetto di leggi per ridurre i costi delle bollette, dei medicinali e degli affitti per le famiglie. Il suo consigliere economico Jared Bernstein ha invitato i repubblicani a dare un impulso a queste norme.
2 - LA STRADA PER LAGARDE È SEMPRE PIÙ IN SALITA
Stefano Lepri per “la Stampa”
Sempre più difficile per la Banca centrale europea: sulle scelte da compiere nel consiglio di giovedì 21 si sono aggravati ieri i condizionamenti esterni che rischiano di farle apparire poco energiche; di contro, l'economia del nostro continente, più fragile, più esposta al ricatto russo, potrebbe anche essere danneggiata da una stretta monetaria più brusca.
Il sentiero si fa davvero stretto, e anche l'instabilità politica dell'Italia ci mette del suo.
L'euro è sceso sotto la parità con il dollaro, l'inflazione americana di nuovo sorprende al rialzo, la Banca del Canada alza i tassi di 100 punti base, dando spazio all'ipotesi che il 26-27 la Federal Reserve Usa la imiti, andando oltre i 75 punti finora attesi dal mercato. Finora la Bce i tassi non li ha toccati, e il percorso annunciato - 25 punti giovedì prossimo, probabilmente 50 a settembre - resta più cauto rispetto alle banche centrali di oltre Atlantico, della Gran Bretagna e dell'Australia.
Di sicuro i tassi sull'euro devono salire, perché sono i più bassi del mondo Giappone escluso. Un segnale contro l'inflazione, di denaro meno facile, occorre darlo. Ma quale sia la misura giusta è ampiamente controverso, forse oggi come mai prima. In alcuni Paesi euro una spinta all'insù dei salari già si avverte, in altri no; è differente dall'uno all'altro il peso maggior costo del gas e ancor più sarebbero differenti i danni di un eventuale taglio delle forniture.
In Europa già qualche segno di indebolimento dell'attività economica si vede, seppur in un quadro ineguale, con la produzione industriale di maggio negativa in Italia e Spagna, ferma in Francia e Germania, ancora vivace altrove. L'euro debole (ma sono deboli anche la sterlina e lo yen), come ha ricordato ieri il governatore della Banca di Francia François Villeroy de Galhau, da una parte sorregge, aiutando l'export, dall'altra alimenta l'inflazione.
christine lagarde con mario draghi
Fino all'anno scorso sembrava che nulla riuscisse a far salire i prezzi, ora si teme che occorra molta durezza per fermarne la corsa; le banche centrali che i tassi hanno cominciato ad alzarli per tempo ancora non vedono risultati. La Federal Reserve si è mossa tardi. La Bce no: ha scelto una prudenza che per l'Europa era appropriata, e dichiara con onestà che naviga a vista. Tuttavia potrebbe arrivare un momento in cui il rischio di sbagliare per eccesso apparirà meno grave rispetto a tutti gli altri.