ALIERTA, LA SERPE IN SENO – LA PARTITA A POKER DI CÉSAR ALIERTA PER VINCERE LA SFIDA CON SLIM, FERMARE TELECOM ITALIA E CHIUDERE LA GUERRA CON L’ANTITRUST BRASILIANO

Antonella Olivieri per il “Sole 24 Ore

Carlos SlimCarlos Slim


Con l'audace mossa su Gvt, Cesar Alierta rientra alla grande in partita sul Brasile, dove Telefonica sembrava essere stata messa nell'angolo dal Cade (l'antitrust locale) e dal tentativo della partecipata Telecom Italia di ritrovare un autonomo cammino di crescita nel Paese. Una partita, sulla quale Alierta si gioca la carriera, che riapre nel contempo la sfida per la leadership in America Latina con l'acerrimo rivale di sempre, il messicano Carlos Slim.


Per Telefonica il Brasile è core, un mercato che contribuisce a un quarto dei suoi ricavi. In Brasile Telefonica è già il numero uno: dai tempi della privatizzazione si è aggiudicata la parte più ricca dell'ex monopolista, la rete fissa dell'area di SanPaolo – Telesp – e nella telefonia mobile controlla il 100% del primo operatore, Vivo, dopo aver sciolto la joint venture con Portugal Telecom rilevandone la quota del 50%.

 

SLIMSLIM

Con il boom economico del Paese, il mercato brasiliano ha assicurato nell'ultimo decennio crescita e prosperità a tutti gli operatori del settore nell'ambito di un contesto liberalizzato e concorrenziale. Ma ora il mercato della telefonia tradizionale è avviato alla saturazione e la crescita sta rallentando per tutti. In questo quadro il consolidamento dell'industria diventa un'opzione strategica irrinunciabile in vista dell'inevitabile selezione naturale dove a sopravvivere saranno solo i più forti.


A dare il via alle danze è stato anzitempo il "campione nazionale" Oi: per consentirne la fusione con Telemar, altro troncone dell'ex monopolista, era stata cambiata persino la legge della privatizzazione. Così Oi è diventata numero uno nel fisso, a parimerito con Telefonica, anche se non con lo stesso livello di soddisfazione economica. L'uscita di Portugal Telecom da Vivo ha gettato poi le basi per l'ulteriore giro di valzer: i lusitani hanno reinvestito in Oi che, passo logico successivo, ha avviato la fusione con Pt.

 

Vincent BollorèVincent Bollorè

Nel contempo Telefonica, con i nuovi accordi stipulati con Telco a settembre, si era prenotata il ruolo di nuovo azionista di riferimento di Telecom Italia. Ruolo chiaramente incompatibile con gli accordi presi a suo tempo con le autorità locali che avevano dato il via libera all'ingresso degli spagnoli in Telco a patto di ingessare lo status quo e di assicurare una genuina concorrenza tra i due gruppi europei in Brasile. Gli spagnoli avevano preparato il terreno alla soluzione: Telecom avrebbe dovuto cedere Tim Brasil e tutti i tasselli sarebbero andati a posto.
 

Ma non tutto è filato liscio. Lo scorso autunno il Cade si è messo di mezzo, intimando a Telefonica di scegliere se uscire da Telco-Telecom o rivendere il 50% di Vivo a un terzo operatore, tornando in condominio. Il ricorso inoltrato da Telefonica è stato respinto e nel frattempo è fallito anche il tentativo – al quale stava lavorando la banca d'affari brasiliana Btg Pactual – di presentare un'offerta per Tim Brasil che sarebbe stata smembrata tra gli operatori su piazza, con la parte del leone chiaramente destinata a Oi che, seppure prima nel fisso, è solo quarta nella telefonia mobile e con questa operazione avrebbe scalato le graduatorie, anche qui, per dimensioni, raggiungendo sulla vetta Telefonica.

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Btg Pactual non era riuscita a confezionare una proposta che superasse i 6 miliardi, troppo poco per convincere Telecom a concentrarsi solo sul problematico mercato domestico. Ma il colpo di grazia – e per ora la pietra tombale sull'ipotesi spezzatino – è arrivato con i problemi ricaduti su Portugal Telecom per i suoi rapporti con l'azionista Banco Espirito Santo. La fusione va avanti, ma la conseguenza è stata che la quota di Pt nel merger è stata rettificata dal 39,6% iniziale al 25,6% e, soprattutto, che i debiti dell'entità combinata sono saliti a livello di guardia – con un rapporto net debt/Ebitda schizzato sopra le 4 volte – col rating di Oi precipitato a junk, "spazzatura". Improponibile in queste condizioni azzardare l'acquisizione di buona parte di Tim.


Nel frattempo qualcosa è cambiato anche sul fronte Slim. A maggio AT&T è entrata in Brasile sul mercato delle pay tv, rilevando il gruppo Usa Directv che in America latina conta 18 milioni di abbonati. Di conseguenza AT&T dovrà cedere l'8% di America Movil dello storico alleato Slim. Alierta non ha perso tempo.

 

VIVENDI TVVIVENDI TV

Approfittando della liberalizzazione del settore avviata dal Governo messicano ha puntato a fondersi con il terzo operatore del Paese, Iusacell, portando la sfida direttamente sul terreno di casa di Slim che domina con una quota di mercato del 70%. E con la mossa di ieri su Gvt, da una parte ha cercato di impedire che si rafforzasse in Brasile Telecom Italia, contendendole la possibile fidanzata, e dall'altra – se l'offerta sarà accettata da Vivendi – risolverà anche la diatriba col Cade, sbarazzandosi dell'ormai inutile partecipazione tricolore. Ma i giochi non sono ancora chiusi. 

 

2 - TELECOM, IL FRONTE FRANCESE - GELO DA VIVENDI: «NON È IN VENDITA»

Marco Moussanet per il “Sole 24 Ore
 

Vincent Bolloré non parla, ma fonti vicine al presidente di Vivendi (il cui titolo è salito ieri del 3,6%) buttano acqua sul fuoco: l'offerta di Telefonica non è stata sollecitata, non ci sono stati contatti precedenti ed è abbastanza improbabile che il consiglio di amministrazione del gruppo francese la accetti.


Nel comunicato diffuso ieri mattina, Vivendi si limita a ricordare che «nessuna delle sue controllate è in vendita» e che «la sua strategia consiste nella creazione di un gruppo industriale focalizzato sulla crescita organica delle diverse attività e sul sostegno al loro sviluppo». Pur annunciando che «nella sua prossima riunione il Cda valuterà l'offerta e deciderà quale seguito darle, nell'interesse degli azionisti e dei dipendenti di Gvt».

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Al di là delle parole ufficiali, va però sottolineato che con l'arrivo di Bolloré alla guida di Vivendi (lo scorso 24 giugno, forte del 5% che ne fa il primo azionista), lo scenario è un po' cambiato. Con il predecessore Jean-René Fourtou, la strategia - dal giugno 2012 - era quella di una forte concentrazione sui media, a scapito delle attività nelle telecomunicazioni, frutto della diversificazione precedente. E in questa prospettiva si sono inserite le cessioni della quota di controllo (53%) in Maroc Telecom e quella, che verrà perfezionata entro fine anno, di Sfr (uno dei quattro operatori francesi di telefonia mobile) a Numericable.


Bolloré, entrato nel capitale di Vivendi attraverso l'apporto delle sue televisioni, ritiene invece che tra il mondo dei media - in particolare per quanto riguarda la produzione di contenuti - e quello delle telecomunicazioni vi siano importanti sinergie da realizzare. 
Una visione in cui proprio Gvt (Global Village Telecom) può giocare un ruolo centrale.

 

Forte della sua rete di fibra ottica, la società brasiliana è un attore di primo piano nell'internet a banda larga e nella telefonia fissa. Ma soprattutto, dal 2012, è un protagonista della pay tv (715mila abbonati a fine marzo, il 13% del suo fatturato) in un mercato in forte espansione. E Vivendi - che con Canal+ è ancora il numero uno francese della pay tv - possiede Studiocanal, peso massimo europeo nella produzione e distribuzione di film e serie tv, e Universal Music, numero uno mondiale del settore.

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Non solo Vivendi non ha quindi bisogno di vendere Gvt ma non è neppure scontato che lo voglia fare. Così com'è tutt'altro che scontato che venda a breve la quota del 20% che avrà nel futuro gruppo Sfr/Numericable. Ecco perché i collaboratori di Bolloré invitano alla prudenza e lasciano immaginare che il Cda del 28 agosto potrebbe respingere al mittente l'offerta di Telefonica (valida fino al 3 settembre) o comunque prendere tempo (magari in vista di una corsa al rialzo dalla quale potrebbe spuntare un prezzo ben più alto).


Quanto alla prospettiva di acquisire la partecipazione dell'8,3% in Telecom Italia, le fonti vicine a Bolloré (che detiene il 7% di Mediobanca e dovrebbe salire all'8%) sono ancora più scettiche: per Telefonica è un modo di disfarsi della quota e se Vivendi ha un potenziale interesse per il mercato italiano delle telecomunicazioni non è invece interessata a uno strapuntino in Telecom.

 

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