1. A TORMENTARE I SOGNI DI BERGOGLIO NON C’È SOLO LO IOR: CI SI METTE ANCHE L’APSA 2. E’ LA “CASSAFORTE DI DIO” CHE AMMINISTRA I PATRIMONI MOBILIARI E IMMOBILIARI “DESTINATI A FORNIRE FONDI NECESSARI ALL'ADEMPIMENTO DELLE FUNZIONI DELLA CURIA” 3. COME? NON SOLO ATTRAVERSO LO IOR MA SOPRATTUTTO CON BANCHE, SOCIETÀ PROPRIE, FINANZIARIE E FIDUCIARIE AFFIDATE A UNA RETE DI PROFESSIONISTI “AMICI” 4. UOMO CHIAVE DELL'APSA È PAOLO MENNINI, UN MONSIGNORE CHE GESTISCE LA LIQUIDITA' DEL VATICANO E VIENE RICEVUTO IN POMPA MAGNA ANCHE DALLA REGINA ELISABETTA. 5. MONS. SCARANO HA SVELATO AI GIUDICI I RAPPORTI FRA L'APSA E IL POTENTE BANCHIERE NATTINO

1 - RAGIONIERI DI DIO
Gianfrancesco Turano per "l'Espresso"

Il Vaticano non cavalca le mode. Non lo fa nell'etica. Nella finanza men che meno. Trentuno anni dopo avere versato 242 milioni di dollari di risarcimento ai liquidatori del Banco Ambrosiano per le malversazioni dell'Istituto per le Opere di Religione (Ior), i metodi di gestione dei beni terreni sono rimasti opachi e disinvolti. Anche gli uomini di fiducia, soprattutto nei ranghi dello staff laico che garantisce l'operatività a livello internazionale, sono gli stessi o portano cognomi ricorrenti. Non tanto allo Ior.

Dai tempi della presidenza di monsignor Paul Casimir Marcinkus fino all'estromissione il 1 luglio scorso del direttore e del vicedirettore generale dell'Istituto, la banca è sotto osservazione speciale per la sua ritrosia a conformarsi alle norme della finanza globale. È vero che ha accumulato scandali su scandali da Michele Sindona a Roberto Calvi. È vero che ha ospitato la maxitangente Enimont del piduista Luigi Bisignani, che ha garantito l'appoggio alle scalate Bnl e Antonveneta e che consente di mantenere conti sostanzialmente anonimi a potenziali riciclatori ed evasori. Ma oggi non può sfuggire alla pressione dei regolatori internazionali.

La vera ricchezza della Chiesa cattolica sta dove nessun profano potrà ficcare il naso e dove forse neppure papa Francesco ha sufficiente voce in capitolo per sciogliere cordate irrobustite dai decenni.

L'arresto di monsignor Nunzio Scarano il 28 giugno può avere effetti dirompenti perché porta l'attenzione dei magistrati sull'Apsa, dove il prelato salernitano era addetto contabile. L'Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, l'Apsa appunto, creata nel 1967 da Paolo VI insieme alla Prefettura affari economici della Santa Sede, è la cassaforte degli asset mobiliari e immobiliari «destinati a fornire fondi necessari all'adempimento delle funzioni della Curia romana», come scrivono i documenti ufficiali del Vaticano.

L'Apsa opera attraverso lo Ior e attraverso le banche corrispondenti dello Ior. Ma spesso agisce direttamente con società proprie, con banche, finanziarie e fiduciarie affidate a una rete di professionisti di fiducia.

Sapere che cosa c'è nell'Apsa significa avere un quadro esatto dei beni pontifici che, a tutt'oggi, sono valutati in mezzo miliardo di euro di immobili, una cifra sottostimata in modo sfrontato per prevenire aggravi fiscali.

Monsignor Scarano è, tutto sommato, una piccola ruota dell'ingranaggio. Il presidente dell'Apsa è il cardinale Domenico Calcagno, membro anche della commissione sullo Ior per designazione del segretario di Stato Tarcisio Bertone. Calcagno ha spodestato il porporato varesino Attilio Nicora, spedito a fare il poliziotto cattivo all'Aif, l'autorità vaticana antiriciclaggio istituita da papa Ratzinger nel 2010.

Nicora che, nelle guerre fra clan, aveva il torto di essere legato al gruppo Cultura etica e finanza di Camillo Ruini e di Angelo Caloia, numero uno dello Ior fino al 2009, è anche concittadino e amico di monsignor Carlo Maria Viganò, moralizzatore del governatorato vaticano rimosso e promosso nunzio a Washington.

Ma l'uomo chiave all'Apsa è un laico, Paolo Mennini. È lui l'amministratore della sezione straordinaria, quella che contiene i beni mobili, ossia la liquidità della Santa Sede, di valore imprecisato. La sezione straordinaria ha ereditato le funzioni dell'amministrazione speciale, creata nel 1929 all'indomani dei patti Lateranensi per gestire i fondi versati dallo Stato italiano. Tre anni prima, nel 1926, è stata costituita a Losanna la Profima, una delle holding estere storiche, usata dalla Chiesa per portare al sicuro l'equivalente attuale di parecchie centinaia di milioni di euro sul finire del regime fascista.

Profima è amministrata da Paolo Mennini, da Roberto Carulli, romano che ha lavorato come manager del fondo scozzese Aegon asset management (oltre 500 milioni di sterline di patrimonio), dal fiscalista ginevrino Gilles Crettol e dall'immobiliarista parigino Antoine Chappuis, protagonista in Francia di una vicenda di affitti e vendite a prezzi di favore di proprietà vaticane. Come con le case romane di Propaganda Fide, a beneficiare dei prezzi vantaggiosi sono stati politici come l'ex presidente della Repubblica François Mitterrand o il fondatore di Medici senza frontiere ed ex ministro Bernard Kouchner.

Altre immobiliari collegate a Profima e ai suoi amministratori (Florimont B, Collonges) si intrecciano con società specializzate nelle gestioni, come Patrimony 1873 del gruppo Bsi (Banca della svizzera italiana). Ma è molto difficile scalfire il riserbo delle cassaforti elvetiche. Tutto sommato, le relazioni fra i manager di queste ricchezze sono ancora più significative delle singole operazioni.

E le relazioni vanno molto indietro nel tempo.
Paolo Mennini dell'Apsa è uno degli 11 figli di Luigi Mennini, morto nel 1997 dopo una vita passata allo Ior. Una vita avventurosa, con un arresto per il crac Sindona (febbraio 1981), una condanna a sette anni e un'imputazione per il crac dell'Ambrosiano, entrambe cancellate dalla Cassazione che sancì il difetto di giurisdizione dei tribunali italiani anche per Marcinkus e per un altro dirigente Ior, Pellegrino de Strobel. Ha invece incassato la condanna il figlio di Mennini, Alessandro, fratello di Paolo ed ex condirettore centrale dell'Ambrosiano.

La passione per la finanza ha portato in carcere anche il figlio di Alessandro, Luigi Maria, classe 1966, finito a Rebibbia perché si presentava nelle sedi delle banche europee chiedendo finanziamenti a fronte di obbligazioni false o rubate per centinaia di milioni di euro che sarebbero state custodite da istituti come Citibank.

Fra i figli di Mennini senior, alcuni hanno preferito la via della religione come suor Marcella, citata nella trattativa per i documenti segreti della borsa di Calvi. In questo campo, la carriera più brillante è quella di don Antonello Mennini, studi dai gesuiti del collegio Massimo e diploma con la classe del 1947, la stessa di Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo. Monsignor Mennini è nunzio a Londra dal dicembre 2010. In precedenza ha svolto incarichi diplomatici in Turchia, Bulgaria, Russia e Uzbekistan.

Missioni delicate per un sacerdote che ha avuto il suo battesimo del fuoco giovanissimo. A 20 anni, da vice della parrocchia romana di Santa Lucia, è stato il confessore di Aldo Moro prima che il politico democristiano fosse assassinato dalle Brigate rosse. Monsignor Mennini si è avvalso del suo status per non testimoniare in Commissione stragi. Ha invece accettato la nomina a commendatore e a grand'ufficiale della Repubblica.

La terza generazione dei Mennini ha conosciuto anche successi in ambito finanziario. Il figlio di Paolo, Luigi, omonimo del nonno, è uno dei principali dirigenti del gruppo Banca Finnat di Giampietro Nattino. Luigi junior, nato a Londra nel 1978, ha iniziato alla Merrill Lynch con Bob McCann, uomo chiave della finanza vaticana negli Usa e in Irlanda, passato a Ubs nel 2009 per pacificare i rapporti fra gli ispettori del fisco americano e il colosso creditizio elvetico. Il giovane Mennini è amministratore delegato di Finnat fiduciaria, presieduta fino a maggio da Fabio Virgilii, citato da monsignor Scarano come manager degli armatori salernitani D'Amico.

Altro incarico importante è in Finnat gestioni, con sede a Lugano. Fra gli amministratori della controllata svizzera c'è Agostino Ferrazzini, consigliere di Patrimony 1873. Presidente di Finnat gestioni è stato Marco Merati Foscarini, anche lui passato dalla Bsi. I patiti delle genealogie bancarie non dimenticheranno che Bsi, comprata dalle Assicurazioni generali nel 1998, dieci anni dopo ha acquisito a sua volta la Banca del Gottardo, un tempo controllata dall'Ambrosiano di Calvi e usata come istituto di appoggio per i conti più delicati dello Ior.

Monsignor Scarano, che di contabilità se ne intende, ha parlato ai giudici dei contatti fra l'Apsa e Giampietro Nattino. Il fondatore del gruppo Finnat è un uomo elegante che porta benissimo i suoi 78 anni e che è stato consultore della Prefettura affari economici su chiamata del cardinale Sergio Sebastiani.

Nattino dice a "l'Espresso" che non ha mai conosciuto monsignor Scarano e aggiunge che il suo mandato, una sorta di magistratura contabile, è scaduto da tre o quattro anni. I pm, però, hanno qualche dubbio e dopo l'interrogatorio fatto a Scarano hanno deciso di chiedere una rogatoria al Vaticano per indagare sui conti dello stesso Nattino. In realtà, la sua conoscenza di meccanismi vaticani risale al 1958, quando a 23 anni per la prima volta fu inserito nell'annuario pontificio come addetto all'anticamera di Sua Santità.

Il banchiere romano, cresciuto sotto l'ombrello di Andreotti e partner di tanti gruppi imprenditoriali romani, italiani ed esteri (Biagiotti, Toti, Sorgente group, Hassler, San Pellegrino, Caltagirone), sostiene che il Vaticano è un cliente come tutti gli altri ma che Finnat da qualche anno non ha rapporti con lo Ior, dopo che la banca vaticana è stata prima investita dalle ispezioni antiriciclaggio di Moneyval e adesso dal tentato repulisti del nuovo presidente, Ernst von Freyberg.

Del resto, la maggior parte delle banche italiane ha preso le distanze. Ma non è detto che questo valga anche per le sedi estere delle banche italiane o per le società collegate di fatto alle finanze della Santa Sede attraverso gli uomini dell'Apsa. Sulla loquacità degli interessati c'è poco da fare affidamento. In finanza la discrezione è d'obbligo.

Viene in mente quello che scrisse il giudice istruttore del crac Sindona, Bruno Apicella, dopo il primo interrogatorio a Mennini senior appena arrestato: «L'impressione che si è avuta nel corso degli interrogatori è che, se avesse potuto, Mennini avrebbe negato perfino di chiamarsi Luigi Mennini».

Gli anni sembrano passati invano. Pierluigi Dell'Osso, oggi alla Superprocura antimafia e pm nel processo Ambrosiano (33 condanne definitive), commenta: «Se si fosse fatto buon governo di quanto avevamo detto, non sarebbe accaduto di nuovo». Perseverare diabolicum.

2 - MA I CONTI NON TORNANO
Da "l'Espresso"


Il caos premeditato delle finanze vaticane è agevolato da una struttura patrimoniale e contabile frammentata in tanti capitoli di cui nessuno conosce il valore complessivo.
Nell'ultimo conto economico del Vaticano, presentato come d'uso a luglio, la somma delle quattro realtà principali (Curia, Carità, Città del Vaticano e Santa Sede Pastorale) vale un aggregato di poco inferiore ai 900 milioni di euro in termini di ricavi. Questo include le donazioni dell'Obolo di San Pietro, i pellegrinaggi, i musei e le gestioni immobiliari e finanziarie. Eppure, soltanto dall'8 per mille nel 2013 è arrivato oltre un miliardo di euro con riferimento ai redditi del 2010 (1,15 miliardi nel 2012). Ma l'8 per mille è deconsolidato perché spetta alla Cei, cioè ai vescovi italiani.

Anche lo Ior, si è sempre detto, è una realtà a parte. I paladini più accesi dell'istituto hanno persino negato che lo Ior fosse davvero una banca. Eppure la consistenza complessiva dei depositi su oltre 30 mila conti è stimata in circa otto miliardi di dollari. Quanto allo stato patrimoniale del Soglio, la tenebra si è infittita da quando si pretende che gli immobili ecclesiastici non destinati al culto paghino l'Imu.

Dieci anni fa, il cardinale statunitense Edmund Szoka, che al tempo presiedeva il governatorato dello Stato vaticano dopo avere guidato la Prefettura affari economici, si era avventurato in una valutazione autocertificata di cinque miliardi di dollari, ma la modestia è virtù cristiana per eccellenza e gli asset della Santa Sede, pur intaccati dai risarcimenti miliardari ai processi per pedofilia, sembrano di molto superiori. Ma è più facile che lo Ior passi dalla cruna dell'antiriciclaggio che si arrivi mai a un consolidato del patrimonio pontificio. Gesù pagava le tasse (Matteo, 17, 24). La Chiesa, se può, allontana l'amaro calice.

 

 

PAPA JORGE BERGOGLIO SEDE DELLO IOR CARDINALE DOMENICO CALCAGNO Marcinkus MONSIGNOR ANTONIO MENNINI E LA REGINA ELISABETTA Luigi Bisignani Michele Sindona jpegRoberto Calvi nunzio scarano vescovo CARDINALE DOMENICO CALCAGNOCARDINALE TARCISIO BERTONE CARLO MARIA VIGANO Bernard KouchnerGiampiero Nattino e Signora PAPA BERGOGLIO A RIO DE JANEIRO PAPA BERGOGLIO A LAMPEDUSA Giampietro Nattino Giampietro Nattino

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