ULTIME DA TIM - ENTRO FINE ANNO ELLIOTT VUOLE USCIRE CON PLUSVALENZA E IL COMPITO DEL PRESIDENTE FULVIO CONTI SARÀ QUELLO DI MEDIARE CON LA CDP LA CESSIONE DELLA RETE (IL TITOLO SALE IL FONDO USA VENDE), PER FONDERLA CON OPEN FIBER - LATO SCONFITTI: I PIANI DI BOLLORÉ E LE FERITE DI BERNABÉ, RIMASTO FERMO AL PATTO DEL NAZARENO…
DAGONEWS
Ultime da Tim. Il fondo Elliott ha definito i target price per l’uscita, che vorrebbe realizzare nell’arco di 6-12 mesi. Sarà un’operazione graduale, a seconda delle plusvalenze sui singoli pacchetti di azioni: quelle comprate a 0,60 andranno vendute almeno a 0,80, quelle a 0,9 almeno a 1,05, e così via.
Il momento dell’uscita dipende dall’operazione principale dei prossimi mesi, ovvero la separazione della rete. Il presidente Fulvio Conti (ex Enel) è stato scelto proprio per questo: mediare con la Cassa depositi e prestiti la vendita della Rete (il titolo sakirebbe e il fondo Usa venderebbe con plusvalenza la sua quota).
Conflitto di interessi: CDP è allo stesso tempo azionista Tim e principale rivale con la sua partecipata Open Fiber, dove Enel è l’azionista più importante. Sarà ovviamente Cdp a doversi far carico della rete, fondendola poi con Open Fiber e inserendola nella stessa società che già controlla le reti del gas e dell’elettricità.
A quale prezzo Tim riuscirà a massimizzare con l’infrastruttura? Questo è il grande arcano. L’amministratore delegato Amos Genish e i suoi collaboratori hanno tempo fino alla fine dell’anno per capire come venderla e a che prezzo.
Bolloré e Vivendi si stanno leccando le ferite e anche loro stanno prendendo tempo: i 4 miliardi investiti in Tim vanno recuperati, in tutto o in massima parte, e pure lui osserverà con molta attenzione i corsi borsistici del titolo: semmai tornerà sui livelli redditizi, potrebbe rapidamente mollare la compagnia telefonica.
In tal caso, il bretone sarebbe tentato di smobilitare tutte le sue attività italiane, da Mediaset a Mediobanca: da queste parti gli restano pochi amici e pochissime coperture politiche, e si è stufato di prendere schiaffi, spendere milioni in avvocati e vedere i suoi asset minacciati da authority e politici ostili.
L’altro sconfitto, Franco Bernabè, era rimasto fermo al patto del Nazareno. In grande spolvero quando faceva da tramite tra Renzi e Gianni Letta, con la sconfitta di Pd e Forza Italia alle elezioni del 4 marzo ha visto le sue quotazioni deteriorarsi in poche settimane.