VALORI PERDE VALORE - DA COLLEZIONISTA DI POLTRONE, POTREBBE PERDERNE UNA: QUELLA DI PRESIDENTE DI CENTRALE FINANZIARIA GENERALE IN ROSSO PER 9 MILIONI - BANCHIERI, INDUSTRIALI E P2 NELLA SUA STORIA
Margherita Barbero per “Il Fatto quotidiano”
Sono tempi di grandi cambiamenti. Complice una crisi senza precedenti, crollano come castelli di carta i salotti finanziari messi faticosamente in piedi negli ultimi 50-60 anni e un tempo persino definiti “buoni”, si rompono rapporti consolidati, si allontanano mani che soltanto fino a pochi anni fa sembravano fatte per stringersi e aiutarsi, così come da migliore tradizione degli affari all’italiana.
E poi succede addirittura che si metta a vacillare la Centrale Finanziaria Generale presieduta da Giancarlo Elio Valori, classe 1940, uno che ai tempi della Prima Repubblica aveva in mano un potere pervasivo che si trasferiva senza troppi problemi dalla finanza alla politica e che ancora oggi gode di ottime relazioni, italiane e internazionali, grande conoscitore di quegli ambienti romani in cui si incrociano le strade di servizi segreti, faccendieri e finanzieri.
Come riportava ieri il Sole 24 Ore, i soci della Centrale, due giorni fa riuniti in assemblea, hanno pensato bene di bocciare i conti del 2013 della finanziaria, non approvandone il bilancio. Il quotidiano di Confindustria parla di ricavi finanziari pari ad appena 1,06 milioni e di una perdita di esercizio di 9,45 milioni, mentre a livello consolidato il rosso si riduce a 5,5 milioni. I conti in negativo sono soprattutto la conseguenza di due crediti da circa 4 milioni l’uno che risultano al momento inesigibili. In altri termini, soldi all’orizzonte non se ne vedono.
Uno dei due debitori della Centrale presieduta da Valori è l’uomo d’affari saudita Adnan Khashoggi, 78enne che all’inizio degli anni Ottanta, forte di un patrimonio stimato di 40 miliardi di dollari, era annoverato tra gli uomini più ricchi del mondo. Ma da allora deve esserne passata di acqua sotto i ponti (insieme con alcune brutte storie di riciclaggio e traffico d’armi che lo hanno toccato) se adesso Khashoggi non sembra essere nemmeno in grado di restituire quattro milioni a Valori.
Quest’ultimo, però, ancora all’assemblea degli azionisti di due giorni fa, si è mostrato fiducioso e ha fatto sapere che l’uomo d’affari saudita “procederà al saldo entro quattro-sei mesi, secondo la propria capacità di pagamento”. Del resto, Valori, in passato già ai vertici dell’Iri, di Autostrade e di altre grandi imprese di Stato, è abituato a intrattenere rapporti internazionali (ancora ieri, cercato dal Fatto, risultava all’estero per motivi di lavoro) di un certo livello. Basti pensare a quando, nel 1988, grazie anche ai suoi buoni uffici con il presidente nordcoreano Kim II Sung, contribuì alla liberazione di tre ostaggi francesi rapiti nel 1985 in Iran da alcuni estremisti islamici.
Pochi anni prima, invece, nel 1981, il nome di Valori era finito agli onori delle cronache poiché contenuto nella lista della loggia P2 di Licio Gelli, sia pure come “membro espulso”. Dal 1998 a Gerusalemme, nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto, c’è un ulivo dedicato alla mamma Emilia – con cui Giancarlo ha sempre vissuto – visto che durante il Fascismo aveva molte famiglie di ebrei.
Questa volta, la sua fitta rete di contatti italiani e internazionali non è servita a evitare che gli azionisti della Centrale Finanziaria Generale bocciassero la sua gestione della società e dunque, in un certo qual modo, ne sconfessassero l’operato. Mettendo così in pericolo la stabilità di una boutique finanziaria nata addirittura nel lontano 1925, come società per il finanziamento di imprese elettriche con l’obiettivo di sostenere gli interessi delle famiglie Orlando e Pirelli.
Sul finire degli anni Sessanta, poi, entrarono nell’azionariato della Centrale le assicurazioni Ras, la Banca d’America e d’Italia e la famiglia Bonomi Bolchini (di cui è erede il finanziere ex azionista e presidente di Popolare di Milano, Andrea Bonomi), mentre nel 1971 la fase “oscura”, con il controllo che passò in mano all’inglese Hambros Bank, per conto del banchiere di mafia e Vaticano (e mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli), Michele Sindona.
Nel 1985 la finanziaria venne fusa nel Nuovo Banco Ambrosiano, mentre nel 2008 sono entrate nell’azionariato le Generali e i tedeschi di Allianz. Che all’assemblea che ha bocciato il bilancio non si sono nemmeno presentati. Così come non si è fatto vivo il vice di Valori, Tarak Ben Ammar, l’imprenditore franco tunisino da sempre vicino all’ex premier Silvio Berlusconi.
Chi invece è corso all’appuntamento per votare contro il bilancio targato Valori è stata la famiglia del gruppo dell’acciaio Valbruna Amenduni, che partecipa la finanziaria al 18 per cento e tra le altre cose è socia delle Generali alleata con Palladio, più alcuni piccoli soci. Una situazione che denota una certa tensione ai vertici. E che non fa certo scommettere sulla solidità della poltrona di Valori.