1- ADDIO BAGAGLINO. UCCISO A 46 ANNI DAL BUNGA BUNGA DI ARCORE E DAL DEGRADO DELLA MALAFEMMINA A SQUILLO DELLA POLITICA, TEMPIO RIDANCIANO, SCOLLACCIATO E QUALUNQUISTA DELLA DESTRA ITALIANA, PONTE TRA LA PRIMA E LA SECONDA REPUBBLICA 2- IL PALCOSCENICO DOVE BERLUSCONI RECITÒ LA SUA PRIMA BARZELLETTA A ROMA, QUELLA DI SILVIO-GESÙ CHE CAMMINA SULLE ACQUE DAVANTI AI COMUNISTI INVIDIOSI CHE NON GLI RICONOSCONO IL MIRACOLO: “GUARDA UN PO´, NON SA NEANCHE NUOTARE” 3- UN PALCO CHE HA VISTO LE TORTE IN FACCIA A DI PIETRO, SCHIFANI, LARUSSA E GASPARRI 4- BASTANO LE FOTO DI RUBY E DELLA BEGAN PER CAPIRE PERCHÉ IL BAGAGLINO È ORMAI UNA NOSTALGIA DA BOROTALCO, COME I VECCHI CALENDARIETTI DEI BARBIERI 5- PINGITORE: “UNA SERA TELEFONARONO DALL’AMBASCIATA AMERICANA PERCHÉ JACKIE KENNEDY VOLEVA VENIRE. LA SEGRETARIA RISPOSE CHE NON C’ERA POSTO...” 6- PORTFOLIO STREPITOSO E DE PROFUNDIS DI PIZZI TESTIMONE DI MILLE BAGAGLINI

Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo

1 - UMBERTO PIZZI SULLA CHIUSURA DEL BAGAGLINO...
Caro Dago, con la fine del Bagaglino, quasi sempre celebrato al salone Margherita, a due passi da piazza di Spagna (solo due volte fu trasferito negli studi De Paolis), è finita l'epoca dei famosi guitti del teatro italiano. Senza dubbio è stato un palcoscenico che ha lanciato grandi attori come Oreste Lionello, Leo Gullotta, Pippo Franco. Senza dimenticare Enrico Montesano, che mosse i suoi primi passi con Pingitore. Per chiudere poi col mondo della grande Gnocca di giovani attrici di poche speranze ma che con il Bagaglino hanno poi fatto la loro fortuna.

Era un teatro, diciamolo pure, che piaceva alla destra goduriosa, tanto amata dal nostro attuale Banana. L'ultima volta che il Berlusconi è andato a vedere il Bagaglino, gli ho chiesto se potevo entrare, lui mi ha risposto "tu no!". Dopo qualche minuto e' entrata una schiera di giovani aspiranti al soglio del Banana, naturalmente giovanissime grandi gnocche.

46 anni di Bagaglino sono un'eternità. Ormai si trascinava per forza d'inerzia, e gli spettacoli che facevano, specialmente sotto le feste natalizie, erano da vergogna. Si ripetevano all'infinito lo stesso copione, senza alcuna novità, si cambiava solo il nome dello spettacolo e null'altro. Era rimasto l'esaltazione del trash e naturalmente di chi lo rappresentava negli ultimi tempi: Silvio Berlusconi.

Un discorso a parte va fatto per il pubblico. Ormai io andavo a vedere la gente, la guardavo mentre lo spettacolo scorreva, e ti assicuro che si capiva con grande facilità il cambiamento antropologico che avveniva nel nostro paese: guardavano come beoti e ridevano anche quando gli attori non dicevano un cazzo. Che tristezza.

Che ci facevano i politici sul palco del Bagaglino? A un certo punto, anch'essi erano diventati parte integrante (e preponderante) dello spettacolo, perfino coloro che hanno poi occupato cariche importanti.

Prendi ad esempio le serate delle torte in faccia. Chi otteneva meno punti dal pubblico veniva condannato a ricevere una torta in faccia. Grandioso e' stato Maurizio Gasparri che, avendo vinto, non doveva ricevere la torta, ma con grande caparbieta' e con grande faccia da culo, se l'è lanciata da solo. Dicendo che non era giusto, che la doveva ricevere solo il suo avversario.

Certo che ci mancheranno. Soprattutto Oreste Lionello che ci ha lasciato, soprattutto ci mancheranno gli spunti per capire che cosa sta avvenendo nel nostro Paese e per preparare gli anticorpi al peggio.
Ad majora
Umberto

2 - CHIUDE IL BAGAGLINO...
Marco Molendini per il Messaggero

Chi è passato da via Due Macelli se ne è già accorto. Gli allusivi manifesti della ditta Pingitore non segnano più la stagione del Salone Margherita. Al posto delle curve che furono, delle procaci silhouette di Valeria Marini, Aida Yespica, Pamela Prati, c'è un ben più sobrio cartellone che annuncia una Traviata in forma orchestrale (con I virtuosi di Roma).

E il segnale è ben più chiassoso del semplice cambio di programma. Perché, la si metta come si vuole, si tenga conto dei tempi che cambiano, della polvere che si è depositata sulla compagnia, della politica che ha superato (a destra e a sinistra) la satira, è proprio un pezzo di storia (romana e non solo) che si chiude (perdono per la retorica).

Il fatto nudo e crudo è questo: il Bagaglino è stato messo a riposo. Da quest'anno, dopo 46 anni ininterrotti di programmazione, di onori e successi (sicuramente in discesa negli ultimi tempi), la ditta è a spasso. E Pier Francesco Pingitore, Ninni per gli amici e per tutti, non può che farsene una ragione, ma senza piangersi addosso. Tanto per cominciare il 4 ottobre ha deciso di celebrare l'addio («vorrei fare un allegro congedo», dice) con una serata ospitata dal locale Elle a via Veneto, occasione di un saluto «a tutti quelli che hanno partecipato alla lunga storia del Bagaglino».

E la lista, al netto di quelli che non ci sono più come Mario Castellacci, socio della prima ora di Pingitore nel varare questa avventura, o come Oreste Lionello, prim'attore storico della compagnia, sarà lunga, anzi lunghissima. Perché si può dire tutto di quel gruppo, della sua comicità, che mira alla pancia, ma non che non abbia lanciato personaggi, da Gabriella Ferri, a Pino Caruso, a Pippo Franco, a Valeria Marini, a Leo Gullotta, più le innumerevoli maschere che negli anni hanno dato vita ai leader politici via via in auge. Dunque gran festa, con un po' di nostalgia e l'inevitabile rammarico, anche se Ninni prova a mascherarlo con aria signorile.

Ma cosa è successo, così all'improvviso? E' successo questo: che i gestori del teatro hanno detto basta. Il motivo è semplicemente commerciale. Il Bagaglino per tanti decenni è stato un motore di successo con ampie ricadute televisive, luogo frequentato dal Palazzo, con i politici seduti in prima fila a celebrare la propria fama. Da qualche tempo non è più cosi.

E Rosa Pol, la signora che gestisce il teatro (le mura sono proprietà della Banca d'Italia) per la società Marino, lo dice senza remore: «C'era bisogno di un rinnovamento, variando il cartellone. Abbiamo avvertito i segni di stanchezza e di ripetitività del Bagaglino. Non potevamo fare altro, specie in un momento di crisi come questo, se volevamo salvare il teatro. A Pingitore glielo avevo detto».

E siccome fra le due parti, gestore e compagnia non c'era alcun contratto, il sodalizio si è dissolto. Resta il dilemma del marchio Bagaglino. Di chi è? «Può darsi che resti al Salone Margherita perché ce l'hanno incollato là sopra. Io non l'ho depositato, anche se dovrebbe essere mio e di Castellacci. Quando lanciammo il progetto di un cabaret capace di fare satira di destra, la prima idea fu di chiamarlo Bragaglino, in onore di Anton Giulio Bragaglia. Ma la famiglia ci diffidò e così Mario Castellacci, che era un genio, propose di togliere una erre», racconta Pingitore.

Sul tema la signora Rosa Pol non ha però dubbi: «Non ci può essere nessun contenzioso: il Salone Margherita e il Bagaglino non sono due entità diverse». E così ecco il nuovo cartellone che cambia strada, dopo La Traviata ci sarà Noi che gli anni migliori, varietà ispirato dal programma televisivo I migliori anni di Carlo Conti (che ne sarà il regista) e poi Dalla foglia alla voglia, dedicato al burlesque. «Se Pingitore avrà una buona idea sarà il benvenuto», concede la signora. Intanto il Salone Margherita dal suo sito si offre anche per eventi e mette in vendita i costumi che hanno fatto la storia del teatro.

Tutto: slip indossati dalla Marini e guanti calzati da Pamela Prati. Da parte sua a Pingitore restano i ricordi incancellabili di una lunga avventura, cominciata nel '65 con Castellacci, ma anche col giornalista del Borghese Luciano Cirri, e con Piero Palumbo e Gianfranco Finaldi dello Specchio: «Eravamo un gruppo di anarchici di destra, prendemmo una cantina in vicolo della Campanella, traversa di via di Panico, con una piccola colletta e un prestito dall'Inpgi», ricorda Ninni. «Pensavamo di avere al massimo venti persone per sera. Ne arrivavano duecento. Tutti volevano esserci. Una sera telefonarono dall'ambasciata americana perché Jackie Kennedy voleva venire. La segretaria rispose che non c'era posto...».

Nel '72 la ditta si ingrandì trasferendosi al Salone Margherita: «L'anno dopo il nostro spettacolo Dove sta Zazà con Gabriella Ferri venne trasmesso dalla Rai, poi seguirono Mazzabubù, Biberon e tutti gli altri». Fino a Bellissima, sospeso da Canale 5 per deficit d'ascolti. «Comunque - assicura Pingitore - non ho la minima intenzione di appendere la penna al chiodo». E dà appuntamento al Teatro Golden, a primavera, con la commedia Amore e corna al tempo di Facebook, protagonista Maurizio Mattioli.


3 - IL BAGAGLINO IL BOROTALCO DELLA DESTRA
Francesco Merlo per "la Repubblica"

Addio Bagaglino. Ucciso dalle feste di Arcore e dal degrado della malafemmina a squillo della politica, chiude il tempio ridanciano, scollacciato e qualunquista della destra italiana, il palcoscenico dove Berlusconi recitò la sua prima barzelletta a Roma, quella di Silvio-Gesù che cammina sulle acque davanti ai comunisti invidiosi che non gli riconoscono il miracolo: «Guarda un po´, non sa neanche nuotare».

Chiamato sul palco da Pierfrancesco Pingitore, detto Ninni, «ecco a voi un amico», il bauscia milanese proponeva nel Salone Margherita, che era stato di Petrolini, quelle gag da guitto da crociera che poi divennero la cifra della sua politica estera; provava il repertorio di corna e cucù che avrebbe presto usato come codice diplomatico, l´intermezzo comico che al Bagaglino era annunziato da raggi colorati e dal ritmo precipitoso dell´orchestra.

E il pubblico si scatenava mentre Silvio si romanizzava tra Pippo Franco e Martufello nel sancta sanctorum del potere in libera uscita dove anche Di Pietro è poi andato a prendersi la torta in faccia che, lesto come uno sbirro, riuscì per la verità a schivare. La presero in pieno Mastella e La Russa.

E la sera, applicando una complicatissima geopolitica di sala, venivano seduti a favore di telecamera Lamberto e Donatella Dini, Gianfranco e Daniela Fini, Gianni Letta, Casini, Rutelli... e fu indimenticabile il senatore Schifani confuso e stordito tra le tette di Aida Yespica. Tutti andavano ad interpretare la stessa sgangherata maschera del politico che paga pegno alla satira accomodante e compiacente.

«Il sosia di Craxi» rievoca Pingitore «fu invitato ad un congresso socialista, e in via del Corso lo salutavano le guardie; persino i corazzieri sbattevano i tacchi». Alla fine il povero signor Zerbinati fu costretto, in aeroporto, a scappare sotto una pioggia di monetine.

Populo flagitante, a richiesta del pubblico, fallisce dunque l´officina delle maggiorate dal corpo mollemente ondulato, occhi grandi e bistrati, bocca rossa, un agguato di lussuria per l´ometto italiano di provincia che non riuscendo a perdersi nella donna perduta prenotava, con la moglie, una serata al Salone Margherita: arrivava a Roma in treno, dormiva in una pensione di via Sistina e rideva felice per la comicità scollacciata e per gli ardimenti acrobatici di Pamela Prati che, nel ruolo della donna serpente, prefigurava già la Nicole Minetti avvinghiata alla pertica nella sala del bunga bunga.

E come in un presagio, la vedette del sogno birichino della "maggioranza silenziosa" era già vestita da infermiera o da poliziotta oppure si agitava davanti ad un´inferriata, con le gambe in una rete di seta nera che faceva un largo ricamo sullo splendore della carni: la lascivia affacciata alle grate del convento.

Davvero sono i calchi su cui Berlusconi ha modellato la sua estetica senile. Come potevano resistere quelle esibizioni tutto sommato spensierate alla drammatica svolta del Berlusconismo che ha sostituito le imperatrici bizantine del Salone Margherita che sapevano ballare, cantare e recitare con le ragazzotte già rifatte giovanissime dal chirurgo ed educate dalla mamma-maitresse a darla via a tariffa? Bastano le foto di Ruby e della Began per capire perché il Bagaglino è ormai una nostalgia da borotalco, come i vecchi calendarietti dei barbieri che pure schiacciarono l´occhio al maschio caprone.

Porte aperte verso il consenso, le imitazioni ruffiane piacevano all´Italia democristiana e socialista, e non solo perché erano spesso eseguite con maestria. La signora Leonida di Leo Gullotta era un capolavoro del travestitismo e al tempo stesso del trasformismo, «cchi omu!, che uomo!» diceva la finta casalinga timorata dinanzi al finto Craxi e poi al finto De Mita e ancora al finto Prodi e ovviamente al finto Berlusconi, ma soprattutto al finto Andreotti che fu il principe e il cerimoniere del Bagaglino preberlusconiano.

«Porto in giro la mia gobba come il Santissimo Sacramento» disse l´Andreotti - Lionello all´Andreotti-Andreotti che, mai in pace con il suo paese, liberava in quel palco la famosa umanità bonaria e cinica che faceva ridere e al tempo stesso inorridire l´Italia. Andreotti mescolava pazienza e cattiveria, tempi e sapienza teatrali e sapeva di non somigliare agli italiani che adoravano le sue battute: «Io - disse al finto Andreotti - in una sola cosa non le somiglio: non sono andreottiano».

Muore dunque per sfinimento, seppellito dalle escort di Stato, il varietà scostumato di Valeria Marini e di Manlio Dovì che, convocato ad Arcore nel ruolo di Sarkozy, ha portato il Bagaglino nel copione dell´epilogo, nelle tristi comiche finali di un avanspettacolo che Berlusconi a poco a poco ha avvelenato sino a renderlo archeologia.

Negli ultimi anni era stato infatti relegato negli anfratti più bui dei palinsesti delle sue tv, tra le pubblicità delle dentiere e degli integratori alimentari, recita da parrocchietta con tanto di pernacchie e parodie sempre più idiote e sempre facendo disperare nell´ombra Pier Francesco Pingitore «e tutti i divertiti fantasmi che mi porto dietro», da Luciano Cirri a Lionello e a quel Mario Castellacci che nel lontano 1965 fu il vero inventore del varietà - risposta della destra romana alla sinistra milanese del Derby: le canzoni di Gabriella Ferri contro quelle di Enzo Jannacci.

Il 4 ottobre Pingitore celebrerà con una festa «senza rancore» il "Bragaglino" poi ridimensionato in Bagaglino perché gli eredi di Bragaglia non vollero saperne di tutti quei fascisti. Castellacci era anche l´autore dell´ultimo inno del fascismo, la triste e disperata canzone «le donne non ci vogliono più bene / perché portiamo la camicia nera». Pingitore dice che non ci sarà un inno del berlusconismo a Salò: «Apicella non vale Castellacci». Ma per l´amico Berlusconi il 4 ottobre farà suonare quell´altra canzone di Castellacci che fu il grande successo di Gabriella Ferri al Bagaglino: «... così certo e così bello / anche tu diventerai / come un vecchio ritornello / che nessuno canta più».

 

TORTE IN FACCIA A DI PIETRO E SCHIFANI AL BAGAGLINO VLADIMIR LUXURIA ED EMILIO FEDE AL BAGAGLINO VITTORIO SGARBI E SABRINA COLLE AL BAGAGLINO TORTA IN FACCIA A GASPARRI BAGAGLINO TORTA IN FACCIA A DI PIETRO E SCHIFANI CON AMMUCCHIATA AL BAGAGLINO TORTA IN FACCIA A LA RUSSA AL BAGAGLINO VALERIA MARINI AL BAGAGLINO SOLANGE E CARMEN RUSSO AL BAGAGLINO TORTA IN FACCIA A DI PIETRO E RENATO SCHIFANI AL BAGAGLINO ROBERTO GERVASO AL BAGAGLINO RENATO SCHIFANI TORTA IN FACCIA AL BAGAGLINO SCHIFANI YESPICA AL BAGAGLINO PIPPO MARRA E PINGITORE RENATO SCHIFANI BALLA CON AIDA YESPICA AL BAGAGLINO CON DI PIETRO CHE OSSERVA PIERSILVIO BERLUSCONI E PAMELA PRATI PINGITORE E BONOLIS AL BAGAGLINO RENATO SCHIFANI MARTA MARZOTTO AL BAGAGLINO PIERSILVIO BERLUSCONI CON LIONELLO E PAMELA PRATI PAOLO GUZZANTI AL BAGALINO PATRIZIA PELLEGRINO E LELE MORA AL BAGAGLINO PAMELA PRATI E ANTONIO DI PIETRO AL BAGAGLINO PAOLA PEREGO LUCIO PRESTA OMBRETTA COLLI AL BAGAGLINO PAMELA PRATI E ANTONIO DI PIETRO AL BAGAGLINO OMBRETTA COLLI BACIA LELE MORA AL BAGAGLINO MAURIZIO GASPARRI TORTA IN FACCIA AL BAGAGLINO

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