1. SIETE CURIOSI DELLA POLITICA POLITICANTE? SMANIATE DI FICCANASARE IN QUEL MIX DI “SANGUE E MERDA” (COPY FORMICA) CHE SBANCHETTA TRA CAMERA E SENATO, TRA SEDI PARTITO E AULE GIUDIZIARIE? CORRETE A LEGGERE UN AVVINCENTE ROMANZO SUL POTERE, “IL CIELO È DEI POTENTI” DI ALESSANDRA FIORI, FIGLIA DELL’ANDREOTTIANO PUBLIO, CHE RACCONTA L’EPOPEA DI UN POVERO DEMOCRISTO TRA L’AMBIZIONE “CHE AFFAMA PIÙ DELLA MISERIA” E L’IDEA ANDREOTTA CHE “PER RIPULIRE LE FOGNE BISOGNA SPORCARSI” 2. DIETRO I COGNOMI CONTRAFFATTI SPUNTANO EVANGELISTI, SBARDELLA, PETRUCCI E IL DIVO ANDREOTTI, IN UNA STORIA ARCITALIANA CHE SI CONCLUDE CON UNA SORTA DI TESTAMENTO POLITICO DAVANTI ALLE LUMINARIE DI UN COMIZIO BERLUSCONIANO. CHIUDI LIBRO E TI ASSALE IL DUBBIO: “MA NON È CHE, ALLA FINE, ERANO MEGLIO I COMPARI DELLA PRIMA REPUBBLICA?”

VIDEO-CAFONAL FIOR DI CARTA


Foto Luciano Di Bacco
Francesco Persili per Dagospia

«In lontananza un grande fuoco, le cui lingue evaporavano in fumi e scintille croccanti. Sopra, arrostivano due capretti. Era così che avevo sempre immaginato il West, solo che stavamo a Borgata Finocchio».

La voce di Barbara Alberti rilegge nello spazio Fandango Incontro di via dei Prefetti la storia di un povero democristo dannato all' «anticamera sempre all'ombra del più forte, del più scaltro, del più potente» al tempo di una «politica fatta di odori, e, più spesso, di puzze».

Caciotte e correnti. Pranzi pantagruelici e riunioni per vesciche di ferro. Fagottari di partito e quell'ambizione «che affama più della miseria» sono raccontate da Alessandra Fiori, figlia dell'ex deputato dc, Publio Fiori, nel suo secondo libro, ‘'Il cielo dei potenti'' (edizioni e/o).

A sfidare la pazienza del parterre che comprende, tra gli altri, l'ex dg Rai, Agostino Saccà, oggi a capo di una società di fiction, in trattativa per acquisire i diritti del libro, e l'anarco-situazionista Freccero, la piddina Marianna Madia e il direttore dell'Espresso, Bruno Manfellotto, Marco Giusti e Alessandra Mammì, ci pensa l'inviato de L'Espresso Tommaso Cerno, per istituire una lisergica classificazione tra "romanzi di terra" e "romanzi di mare".

Non male per un libro che ha il cielo nel titolo ma che per il vispo Cerno resta una via di mezzo tra "I Malavoglia della Prima Repubblica" e "un romanzo di Svevo". Sarà, forse, la coscienza di Cerno?

In filigrana resta il mistero di una politica ridotta a «strumento di promozione sociale», piegata al «sogno di mettersi in mezzo, e, soprattutto, in proprio» di Claudio Bucci, «partito da Fiano Romano a cavallo di un somaro e destinato al Parlamento...»

Un «borghesuccio» piccolo piccolo, un prete mancato che vede «il nuovo pulpito nel palco» tra le luci e le ombre di una storia che intreccia immaginazione e memorie d'infanzia. Alessandra Fiori ricorda «quella politica che entrava anche dentro casa», i comizi in Ciociaria, le campagne elettorali estenuanti, quando «nel rush finale mia madre si stabiliva in ufficio da mio padre e io ero lì, con loro, da imbucata...».

E sembra di rivederle lì, sul tavolo, le lettere con dentro i santini elettorali, le fumose sezioni di periferia, e, poi, le scorribande sul litorale, nei paesini e nelle borgate a caccia di voti. «Da bambina, la politica mi sembrava ancora una cosa bella ma, poi, crescendo, ho scelto di fare altro. Non ho mai pensato che fosse quella la mia strada...».

Eppure vita e letteratura sanno tenersi insieme e, magari, ritrovarsi nelle pieghe della stessa storia. Scrive l'autrice nella pagina dei ringraziamenti che il padre, «senza mai perdere il sorriso e spesso con autentico divertimento, ha visto trasformarsi completamente alcuni suoi ricordi dentro un'opera di fantasia», che è prima di tutto, rimarca Fiori, «un romanzo sul potere».

Come in un «gangster-movie», Bucci capisce che deve imparare ad accettare bugie e compromessi. Se vuoi fare parte del gioco, ci devi stare dentro. «Armarsi, conquistare, resistere, allearsi, possibilmente. E, poi da capo, un passo alla volta, sempre in avanti». La liturgia del comando all'ombra del Biancofiore.

Dietro i nomi dei vari personaggi, il gioco è quello di ritrovare i volti dei potentoni diccì. Nel ruzzle dello Scudocrociato, Sergio Serafini, detto lo Sguincio, rivela tratti e caratteri di Franco Evangelisti, evocato nel libro al pari di Emilio Colombo, dell'ex sindaco di Roma, Amerigo Petrucci e dello squalo Sbardella.

Fin troppo facile, poi, scorgere nella figura del De Santis, «che non si poteva fottere», il Divo Giulio: «Alla base c'è il consenso, e se la società è merda, per ripulire le fogne bisogna sporcarsi». Andreottismo puro.

Gli «undici colpi d'odio» che feriscono il protagonista del romanzo rimandano all'agguato brigatista di cui rimase vittima nel 1977 Publio Fiori. Ma non è un saggio politologico, piuttosto una «Chanson de geste» (copy Barbara Alberti) della Balena Bianca.

Il potere obliquo e diffuso. Il legame con il territorio e con gli elettori. Le giornate del reduce e gli imbussolamenti, le urne scambiate nelle sezioni, le clientele e le mazzette. Il partito di chi sposa le regole ma non disdegna di andare a letto con le eccezioni. Comandare è meglio che fottere ma perché scegliere tra la moglie e l'amante? Meglio la via di mezzo, i vizi privati e le pubbliche virtù, la morale con il doppiofondo. Pacche sulle spalle e favori reciproci. "Occupare tutto ciò che era possibile occupare ma non spingersi oltre il limite" (secondo la lectio demitiana). Affari e benefici. «Arrivano i comunisti. Come facciamo? Assumiamo...».

Posti di lavoro e furberie, varianti e questuanti. "E lì, chi conosciamo?". Ecco, la comparitudine. Un sistema di vita. Una categoria di interpretazione del reale, la costruzione del consenso dettata da un'agenda affollata di battesimi, comunioni, cresime e matrimoni. Tavolate e feste. Tessere e padrini. Quel «prendersi sottobraccio che fa il discorso» tra destrezze felpate, veti incrociati e le geometrie variabili di alleanze che ridefiniscono continuamente i rapporti di forza interni.

«Quando eravamo ragazzi - rammenta lo scrittore caro a Nanni Moretti e prossimo autore sanremino Francesco Piccolo - ci chiedevamo come facessero i giovani ad iscriversi alla Dc. Sarebbe anche troppo facile parlare di Andreotti...Ma cosa aveva la Dc? Niente, era un partito che rappresentava soltanto il potere».

E, allora, come si spiega l'eterno ritorno al mito della Balena Bianca e il continuo vagheggiare di una nuova Dc? «Il pensiero più diffuso oggi è il nostalgismo, un modo di fare chiacchiera in società ma rivelatore di un'idea passatista del mondo», scandisce lo sceneggiatore caro a Nanni Moretti e a Fabio Fazio: «non dimentichiamo che la Dc, dagli anni '70 in poi, è stato un partito che ha offerto di sé un'immagine non sempre bella da vedere...».

Ma era il partito, tra gli altri, anche di Aldo Moro. «Un politico di razza che intuì la parabola discendente della Dc e avviò la politica di apertura al Pci, la stagione del compromesso storico, non solo per una questione di ideali ma perché comprese che il passaggio fondamentale per conservare il potere sarebbe stato quello di allearsi con gli avversari».

Il romanzo racconta il gioco del potere tra accordi mediazioni rinunce e attraversa 30 anni di storia. Dai Sessanta, «quando tutto sembrava potesse cambiare nel giro di niente» ai Novanta. Dall'epica dei Piccoli, Storti, Malfatti e Malvestiti ai cieli azzurri e al sorriso dell'uomo nuovo: «mentre noi che eravamo stati così brutti, unti, grassi, con le nostre giacche a quadri e le camicie stropicciate, noi eravamo già incredibilmente lontani...»

«Rispetto ai politici di oggi, questi erano umani», incalza Barbara Alberti. «Non discutevano di spread ma avevano fisicità, carnalità. Sembravano ignobili, eppure erano terribilmente veri. E, poi, sono stato gli ultimi che hanno studiato, conoscevano la politica. Oggi siamo alla farsa, alla disfatta dei comici. Panem et circenses. Anzi, peggio. Il panem non c'è più, sono rimasti solo i circenses«. Un esempio? «Berlusconi da Santoro: uno spettacolo di quart'ordine. Santoro ha sbagliato, avrebbe dovuto opporre al Cavaliere un campione del suo livello: Roberto Benigni o Geppy Cucciari...»

L'avvelenata della scrittrice prosegue: «Ho sperato in Vendola ma oggi mi sembra troppo imbersanito, per questo ho deciso di votare Grillo...Poi, per fortuna, ci restano i romanzi, come questo, il quale miscelando registri diversi, aiuta a comprendere, a fondo, ciò che è accaduto mentre per capire il contemporaneo non c'è niente meglio del Super-Cafonal».

«I democristiani erano politici seri non facevano venire mica i guru americani», attacca Freccero, con riferimento all'arruolamento di Axelrod da parte di Monti come stratega della campagna elettorale. «Ma come si può pensare di applicare format legati all'esperienza Usa in una realtà diversa e molto complessa come quella italiana?», si chiede il direttore di Rai 4 a proposito del Professore «che commette il solito errore di credere che basti l'intervento risolutivo di un tecnico o di qualche esperto per aggiustare le cose».

Sulla campagna elettorale, «dopo l'avvio bruciante con Santoro», Freccero registra una flessione. «Tutti i programmi tradizionali sono mortuari, funziona solo l'incidente, lo shock comunicativo». Ieri lo show del Cav da Santoro, oggi la vicenda Mps, domani il faccia a faccia tra i candidati leader. «Prevale ancora - forse per l'ultima volta - un modello televisivo che riflette l'immagine di un Paese vecchio e stanco in cui lo spettatore è passivo e poco informato».

Nello spettacolo televisivo della politica, «il programma più riuscito resta quello di Santoro» mentre «la novità è rappresentata da Beppe Grillo e dalla sua campagna» che unisce Internet e porta a porta. La virtualità del web e il comizio di piazza. E Bersani? «Meno si occupa di propaganda, meglio è....»

Sipario, titoli di coda. Dopo aver visto passare anche la Seconda Repubblica resta, comunque, il dubbio o un residuo di passatismo tardo-democristiano: «Ma non è che, alla fine, erano meglio i compari?».
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Spazio Fandango Sara Iannone Pubblico Pietro Valsecchi e Salvo Nastasi Piccolo Francesco Marianna Madia Pietro Valsecchi Marco Giusti Malcom Pagani e Carlo Freccero Irene Ghergo Maria Teresa Francesco Piccolo Francesco Piccolo e Alessandra Fiori I gemelli Panimolle Fotografa con I Pad

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