LUCI AL COTRONEON - SVESTITI I PANNI DEL DIRETTORE DELLA SCUOLA DI GIORNALISMO LUISS, ROBERTO COTRONEO È PRONTO A RITUFFARSI NELLA TRINCEA DELLA STAMPA CHE CONTA - DA MARCELLO SORGI A ANDREA VIANELLO, DA MARINO SINIBALDI (RIBATTEZZATO ‘SINIBALDO’) A PIER LUIGI CELLI FINO A FRANCA LEOSINI: ECCO CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE ROMANA DEL SUO MEMOIR “NIENTE DI PERSONALE”
roberto cotroneo marino sinibaldi
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Dagonews
Luci al Cotroneon sulla Capitale. Anche se non è più la Roma da bere degli anni ’80 raccontata nelle pagine del settimanale ‘L’Espresso’ e nel suo memoir ‘Niente di Personale’, l’altra sera alla “Red”-Feltrinelli di via Tomacelli Roberto Cotroneo è riuscito a radunare pezzi importanti di classe dirigente e star del piccolo schermo: da Marcello Sorgi a Andrea Vianello, da Marino Sinibaldi (ribattezzato ‘Sinibaldo’) a Pier Luigi Celli fino a Franca Leosini. Il ruolo dell’intellettuale in crisi, l’angoscia per quello che siamo diventati, le furie indistinte di un mondo piccolo, le molteplici riflessioni sollevate dal romanzo finiscono affogate tra spritz e pissi-pissi. Tra inquietudini e dubbi, una certezza. Svestiti i panni del direttore della scuola di giornalismo Luiss, Cotroneo è pronto a rituffarsi nella trincea della stampa che conta…
roberto cotroneo firma le copie del suo libro
ROBERTO COTRONEO, NIENTE DI PERSONALE (LA NAVE DI TESEO, pp. 378 - 19,00 euro).
Roberto Petroni per www.ansa.it
Negli anni Ottanta anche Roma era un po' da bere, centro di quel vitalismo che ''fu il sale, l'essenza di questo paese. Quel vitalismo che ti dà la forza di vivere e, va da sé, di rischiare, di guardare lontano, di migliorarsi, di amare (...) Il vitalismo è il principe di Salina... La politica, il sesso, il giornalismo, la storia sono roba vitalistica. E là ci sono tutti, uno a uno, uniti da una forza ancestrale, da un'insensatezza spavalda''.
Bisogna partire da qui per capire come nasce e cosa ci vuol dire questo romanzo-memoire di Roberto Cotroneo, in cui parte dalla storia propria e della propria famiglia per riflettere sul passato e il presente, sul lento, trentennale degrado di una società in cui ''i manager hanno preso il sopravvento perché gli intellettuali non si son fatti classe dirigente'' e la gente compra tecnologia, ''uno schermino, una pila, processori miniaturizzati.
roberto cotroneo gaetano savatteri
Ben fatti certo, ma vuoti'' perchè tutto quello che li rende operativi, i contenuti, i server, le fibre, ecc., sono di proprietà e gestiti da qualcun altro di cui sappiamo poco o nulla e tutti non fanno che scrivere e guardare senza in realtà più vedere e sentire niente, grazie a quello che definisce il ''più potente sistema di cancellazione delle coscienze'' (e l'incontro con l'amico Andrea, pioniere della Silicon Valley, è tutto da leggere).
Detto questo il libro, forse eccessivo in alcune visioni negative, non è una lamentazione. E' anche in parte una lamentazione indignata, ma, indagando come per un'inchiesta, raccogliendo dati umani e scientifici, ricordando e riflettendo, è più un cercar di capire e fare il punto guidati da una certa nostalgia malinconica per quel che è stato e si è vissuto, e c'è la ragione, con un filo d'ironia amara, che tiene a bada la rabbia, per non rischiare di perdere la capacità, per esempio, di fare elenchi di ''scorie culturali... capaci di nasconderci il mondo e la vita nella maniera più efficace''.
roberto cotroneo eliana miglio
Un viaggio nella Roma di Moravia e Fellini, dalla redazione de ''L'espresso'', dove contano ''valori e priorità'' e Cotroneo entra come giornalista nel 1984 e dove si cerca di capire la realtà per denunciarla e modificarla, a quello della passività tecnologica, che con la realtà vera non ha quasi più rapporti. E anche una mail che sbaglia destinatario, rivelando cose che mettono in crisi una famiglia, fa parte del sistema che coinvolge la sostanza stessa dei sentimenti e dei rapporti umani, su cui queste pagine fanno riflettere, rievocando la desolazione della miseria nella Calabria inizio Novecento, le due nonne che si chiamavano tutte e due Fortunata, i tanti figli morti durante la Grande guerra o l'epidemia di Spagnola.
franca leosini roberto cotroneo
Si salva uno zio, che emigra in America da dove manderà soldi per far studiare l'ultimo fratello nato nel 1921, il padre dell'autore che da sarto di paese diverrà un medico e si trasferirà al Nord, a Alessandria, mettendo in piedi anche una solida famiglia. Un'Italia in bianco e nero o del seppia di certe foto di gruppo, vite fatte di pudori e pochissime parole, arrivata alla tv e al cinema, all'esibito tutto in technicolor.
Un'Italia certo non ideale, democristiana come il padre, che lo porta a conoscere un Andreotti in maniche di camicia e assai poco clericale, ma in cui si ha un senso delle cose e esiste un'industria culturale con personalità, contenuti e valori, con la letteratura popolare che serve a reggere quella alta, senza confusioni.
''Questo romanzo è un tappeto di fili che formano un disegno che non so più leggere'' confessa l'autore in chiusura di una narrazione dal ritmo a momenti ipnotico e che pare scritta velocemente, quasi senza respirare, uno sfogo lucido che probabilmente, però, lo ha aiutato a riuscire a sfuggire a quella cosa tremenda che è l'essere ''prigionieri dell'inconoscibile, senza vie d'uscita, non in grado di scendere dalla nave'', come il Kurtz della ''Linea d'ombra'' di Conrad (e ''Apocalypse now'' di Coppola). Per aver un futuro serve allora anche ricostruire e far chiarezza sul passato, magari tentando di capire qualcosa del matrimonio dei propri genitori, che lo hanno tenuto come nascosto, mai festeggiato e di cui non esiste nemmeno una foto, tanto che i figli non ne conoscevano pure la data, fino a quando Cotroneo non è andato a rovistare nei vecchi registri di una parrocchia.
roberto cotroneo andrea vianello
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