1. MAXXI BY MELANDRI È UNA RELIQUIA ALLA MERCÈ DI CHIUNQUE SI PRESENTI CON UN ASSEGNO 2. IN CAMBIO DI 150.000 EURO L’INVERECONDA MARCHETTA CAFONAL MESSA IN PIEDI AL FINE DI OMAGGIARE I PITTORI DELL’AZERBAIJAN, A CURA DELLA BURINISSIMA FIRST-GAS-LADY MEHRIBAN ALIYEVA (PER LEI COLLOQUIO PRIVATO ANCHE CON NAPOLITANO E RAVASI) 3. DENARO ANCORA NON SALDATO, MENTRE IL DANNO D’IMMAGINE TRA ASSEMBRAMENTI GNAM-GNAM STILE FESTE DE’ NOANTRI, IMMAGINARI FETISH E UOMINI IN GABBIA INTENTI A DISTRIBUIRE CIOCCOLATINI, GIÀ PRESENTA IN ROSSO ACCESO IL CONTO DELLA CREDIBILITÀ

Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"

Giovanna vuole il direttore "cool", imita il Berlusconi che un tempo seppe zittire in diretta tv: "Avremo un milione di visitatori all'anno" e romba allegri annunci nelle praterie delle progressive sorti: "Per ora il Maxxi è stata una Ferrari con il freno a mano tirato". Da domani si cambia.

Ora alla presidenza c'è lei, Melandri Giovanna, la donna che da ministro andò a trovare Totti in infradito a Coverciano e in metaforiche ciabatte, circondata da tranci di pizza alla mortadella, elettriche giacche in bleu dello stilista Balestra, prosperose donne di governo azere dal conturbante profilo, opere di Baku dalla dubbia fattura e un futuro di grandeur che naufraga nella svendita, è infine tornata.

Espulsa da una politica che le ha trovato uno spinoso paracadute tra specialisti che sanno di cosa parlano. Al comando di un museo magnifico in cui però i precari sono la regola, i debiti una ferita, l'elemosina statale un obbligo e anche lo straccio di un contratto a progetto o di una prestazione occasionale somigliano a un miraggio.

La nuova gestione che strizza l'occhio ai petrodollari

Giovanna si sbatte, ma gira a vuoto. Pesce fuor d'acqua. Marziano a Roma. Quando emigra, è commedia. Viaggia, incontra e stringe mani che una volta in patria rivelano l'effimero. Per l'invereconda marchetta cafonal messa in piedi al fine di omaggiare i pittori dell'Azerbaijan, dirigere qualche petrodollaro in via Reni e vellicare in buona compagnia il mecenatismo della vistosa first-gas-lady Mehriban Aliyeva (per lei colloquio privato anche con Napolitano e Ravasi) Melandri ha garantito al Maxxi 150.000 sudatissimi euro.

Denaro ancora non saldato, mentre il danno d'immagine tra assembramenti gnam-gnam, immaginari fetish e uomini in gabbia intenti a distribuire cioccolatini a un imbarazzato Lamberto Dini, già presenta in rosso acceso il conto della credibilità.

Oggi il Maxxi è la sindone dell'arte contemporanea. Una reliquia alla mercè di chiunque si presenti con un assegno. Un'ipotesi nel guado. Affossata dall'improvvisazione e ora anche dall'assenza del committente di governo.

Impoverita da una gestione a vista che finge di negarsi lo sprofondo erariale (da Pompei agli Uffizi esistono infinite emergenze), dalle fantasiose promesse di fund raising e da una politica dell'annuncio che uccide la speranza di potersi affacciare sul Mediterraneo evadendo dall'insensata competizione con Pompidou e Tate che insieme, ogni anno, si vedono destinare (in gran parte dall'apparato pubblico) più di 300 milioni di euro.

Al Maxxi, costato 200 e 11 anni d'attesa, dal Mibac ne arrivano circa 3. Soldi che servono ad accendere le luci, pulire vetri e pagare almeno parzialmente il personale. Identici problemi ha avuto la precedente gestione poi commissariata di Pio Baldi tanto che la commissaria Recchia, nominata dall'altro Pio, il cattolicissimo Ornaghi, armata di forbici dovette fare terra bruciata di alcune megalomanìe.

Giovanna, impiantata inizialmente sulla sella del Maxxi dall'infatuazione di Monti (in prima fila alla presentazione della sua fondazione benefica) e poi a successivo rischio disarcionamento quando Catricalà e lo stesso premier, spaventati dalla canea dei Gasparri, provarono (nottetempo) a far recedere invano il magnifico rettore dal proposito di nominarla, ora guarda la vetta raggiunta con qualche vertigine.

La rivoluzione politica che allarma i dipendenti

Non c'è una lira in cassa e di salvare il salvabile si dovrà ora occupare una bella signora senza alcuna competenza specifica nell'arte contemporanea.

Al Maxxi sono molto preoccupati. C'è avvilimento per la deviazione dal percorso accademico, preoccupazione per le pubblicazioni del museo desolatamente avvolte dal cellophane nell'ufficio del neo presidente, sgomento per gli improvvisi colpi di fulmine di Giovanna. Per il 25° anniversario dell'associazione Civita (un evocativo triangolo come immagine di fondo, letture di Margherita Buy, Veltroni e Letta ospiti d'onore) al Maxxi erano planati anche due enormi pannelli in specchio piuma. Allargavano lo spazio, rifrangevano i punti di fuga, stravolgevano l'ingresso.

Melandri non ne ha potuto più fare a meno e confondendo l'allestimento da festa con l'installazione d'artista, li ha integrati definitivamente. Al pari di Francesco Spano, l'ex collaboratore cooptato senza alcuna evidenza pubblica nel ruolo di segretario amministrativo da Melandri.

Il cattolico Spano, 72.000 euro lordi l'anno in un organismo in cui anche per i ruoli di responsabilità gli stipendi non superano i 2.000, paradossalmente è la nota lieta. Si è calato con sensibilità nel ruolo e dicono sia: "Un bravo ragazzo". Un po' poco per una Fondazione nata per diffondere l'arte contemporanea in un Paese che per il Maxxi non prevede un fondo stabile e che nonostante gli sforzi intellettuali di un gruppo interno di elevata formazione, annaspa nella mancanza di autonomia e nella logica annettiva del Palazzo. Ora Melandri. Ieri, prima di lei, in Cda, il professor Stefano Zecchi.

Campione di coerenza creativa, in pista a febbraio per la Lista Civica di Albertini in Lombardia e per Fratelli d'Italia al Senato, nello stesso giorno. Nel ruolo lo volle Bondi. Lui reinterpretava la missione arringando i vacanzieri ampezzani sulla presunta utilità del Maxxi medesimo. Contraddizioni. Vuoti di senso di cui al Museo, tra un personalismo e l'altro, stanno facendo il pieno.

Giovanna intanto si è tutelata. Mentre vagheggia assunzioni choc senza paracadute economico per la poltrona di Dg (incaricata di valutare la rosa, la temibile, stimata, non gratuita internazionale di tagliatori di teste Odgers Berndtson) e incassa sgarbati rifiuti in serie sul tema (Christov, Eccher, Todolì, Gioni), rapida, in sole 24 ore, cambia radicalmente lo statuto.

Gli sprechi passati e lo spauracchio chiusura

Accentra le competenze. Redige con inaudita procedura la programmazione culturale. Moltiplica le cariche. Ingrassa i dipartimenti adesso diventati 4 in un Mibac che dal 2002, nell'assoluta stagnazione di assunzioni e concorsi e in piena spending review ha visto passare i suoi direttori generali da 12 a 50.

Giovanna almeno per ora, in attesa che il Miur riconosca il Maxxi come ente di formazione e di ricerca (la procedura corre e avverrà presto, consentendo a Melandri di ottenere un lauto stipendio) lavora gratis. E per ripagarsi, agita le notti dei revisori contabili con frenesia pari all'azzardo: "Bisogna tenere il museo aperto anche di notte", l'hanno sentita flautare.

Una vecchia idea già esplorata da ministro, ora riesumata con diktat sinergico: "Durante la festa del cinema". 25 custodi a serata, 7 biglietti staccati. In tutto. A Panarea, l'organizzatrice di feste in Caro Diario di Moretti, aspettava giuliva aliscafi e vacanzieri: "Helmut Berger ha promesso che viene direttamente in mutande".

Al contrario Melandri, come certi regnanti in visita ligure al G8 del 2001, per l'estetica di base cova un vero cruccio. Deve arrivare Passera in visita? Gli operai impegnati a smontare una struttura dei brasiliani fratelli Campana disturbano il panorama e devono fermarsi. Non si interrompe invece il flusso dei dubbi. Perché proprio lei? Chi in attesa di novità sostanziali ha smesso di attendere Godot, ne chiede le dimissioni e pone apertamente la domanda, ha speso anni di esperienza sul campo.

Raffaele Gavarro ad esempio, curatore, docente casertano, direttore di apprezzate mostre transnazionali e animatore di un blog, Maxxinostri, che a Melandri, con il garbo del caso, chiede di farsi da parte: "Non c'è nulla di personale, ma il Maxxi dovrebbe rappresentare il processo di un'intensa ricerca culturale, non una vetrina in cui esporre merce in grottesco disordine. Manca una figura in grado di determinare scelte operative e gestionali che non credo Melandri possa incarnare".

Gavarro aspetta di dialogare con il futuro ministro: "Se ci sarà", teme per un domani: "di grave incertezza" e si spinge fino all'ipotesi estrema. Una chiusura: "Non così peregrina se solo si guarda alla declinante esperienza della quadriennale di Gawronsky. Mancano i fondi, non sembrano esserci idee nella gestione del contemporaneo e si avverte l'assenza di un ascoltato moloch come Settis, fiero difensore nel recinto dell'arte antica. Roma rischia. Altro che smart city".

Pericolo serrata da evitare a ogni prezzo anche per l'anima del sito Exibart, Adriana Polveroni, studiosa, scrittrice e giornalista che auspica una seria programmazione, anche economica, e non si rassegna a un futuro di retroguardia: "Il problema non è Melandri. Contesto lo sfascismo che getta bambino e acqua sporca. Bisogna stare attenti perché il contemporaneo è di per sé già non popolarissimo e per il Maxxi sono stati spesi soldi della collettività che sprecare sarebbe un delitto". Adesso mancano anche per respirare. Almeno di questo, Giovanna, non sente coscienza.

 

Sonia Raule Pietro Valsecchi Pasticcini per gli ospiti Ornella Muti con il figlio Andrea Opere esposte Opere esposte Opere esposte Opere esposte Opere esposte Opere esposte Opere esposte Lamberto Dini Invitati dell Azerbaijan Invitati alla mostra In fila per la mostra

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