1. PANCIERA GIALLA! FUNERAL PARTY PER BONCOMPAGNI CON LA MUSICA DI JAMES BROWN, I VIDEO, LE FOTO E I RICORDI DEGLI AMICI (VIDEO INEDITI: ARBORE, AMBRA, GHERGO, DAGO) 2. LO STUDIO DI VIA ASIAGO 10, DOVE NEL 1965 DEBUTTO' "BANDIERA GIALLA", TRASFORMATO IN CAMERA ARDENTE (MAI SUCCESSO PRIMA IN CASA RAI) CON BARA, FIORI, NEON E SCHERMI TV 3. E TUTTI HANNO RESO OMAGGIO AL GRANDE BONCO: RAFFAELLA CARRA', CLAUDIA GERINI, ISABELLA FERRARI, SABRINA IMPACCIATORE, ALBA PARIETTI, ENRICA BONACCORTI, VESPA E MENTANA, FRASSICA E FERRINI, LAURITO E VELTRONI, PALOMBELLI E GIOVANNINO BENINCASA
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Foto Lapresse
Funeral Boncompagni: Dago
1. PANCIERA GIALLA, I MIGLIORI GIANNI DELLA NOSTRA VITA
Roberto D’Agostino per Dagospia
sabrina impacciatore claudia gerini foto di luciano di bacco
Ricordo il mio “battesimo”: avvenne mercoledì 13 ottobre 1965, in un bellissimo studio ligneo di radioRai in via Asiago, con il vocione di Rocky Roberts che rimbombava “T-Bird” (sigla) e un annunciatore che professionale annunciava la minaccia: ‘’A tutti i maggiori degli anni 18, a tutti i maggiori degli anni 18, questo programma è rigorosamente riservato ai giovanissimi...’’
Era lo slogan di apertura di ”Bandiera Gialla”, che andava in onda tre giorni dopo la registrazione, il sabato pomeriggio. Tutti i “pischelli” del Piper Club (aperto qualche mese prima, febbraio ’65, e diventato subito il nostro “oratorio laico”) premevano sul portone di via Asiago, con l’aria di partecipare a un party non a un programma di mamma Rai.
Funeral Boncompagni: Magalli
Infatti, mentre Bonco lanciava i dischi e Arbore si aggirava alle spalle, si ballava come a una festa casalinga. In “pista”, le cosce interminabili di Loredana Bertè, la minigonna di Mita Medici, le tutine elastiche di Renato Fiacchini (non ancora Zero, nickname inventato poi da Gianni). Io e Paolone Zaccagnini, troppo imbranati davanti a tanto “beat” (Arbore lo chiamava così), non abbiamo mai trovato il fiato per lanciare fianchi e gambe.
Ero un fan di Bonco che era riuscito nel miracolo di trasformare l’italiano, lingua perfetta per la melodia di “O sole mio”, ma carente di tronche per il rock, e sono rimasto suo fan per tutta la vita. Aveva 16 anni più di me, di cui 10 trascorsi in Svezia, come disc jockey e accompagnatore di turisti italici, in compagnia di Mario Marenco, futuro eroe di di “Alto Gradimento”, e dove riuscì pure a sposarsi realizzando tre pupe.
Lo vedevo così sicuro e tranchant, proprietario di un fraseggio e di un motteggio surreal-cinico, attivamente toscano, propriamente “antipatico” rispetto alla dolcezza meridionale di Renzo, uno stile che spiazzava tutti che accumunava in tutto quello che faceva l’abnorme e il quotidiano: e l’abnormità è un po’ il biberon del comico. Come del tragico.
raffaella carra foto di luciano di bacco
Lo ha ben dimostrato inventando anche programmi come “Pronto, Raffaella”, “Domenica In”, “Non è la Rai”, “Macao”, etc, dove la cornice (la scenografia) fa il quadro (la trasmissione). La sua mente era come un registratore con un solo tasto: ‘’cancella’’. Perché la velocità tecnologica, oggi, impone di cancellare la sera e di ripartire ogni mattina: fare surf sulla realtà, la superficie come massimo della profondità, perchè una volta che ritorni a galla scoprirai che la “verità” scovata non è giusta o sbagliata, semplicemente non serve più.
Boncompagni ha codificato una televisione iperrealista dai colori accecanti, superpop, alla Warhol, più grande del reale, quel primissimo piano dello sguardo della Carrà perché il televisore è piccolo e tutto deve essere evidenziato, rendendola chiassosamente popolare, invadente, pronta ad essere cancellata perché quello che sta arrivando è ancora più eccitante e invadente.
Funeral Boncompagni: Ghergo
Alle sue indigeribili cene al termine di “Domenica In”, a base di surgelati e “quattro bombe epatiche in padella”, diceva a noi poveri ruminanti: “Odio il cibo genuino: congelo anche l’acqua, è più fresca”. Il genio di Bonco oggi strariconosciuto post mortem (ha inventato la radio moderna e anticipato il reality e il talent show) è stato sempre svillaneggiato come un “riempitore di vuoto televisivo”, “inventore del trash catodico”, “militante del guardonismo senile”, eccetera. Invece, più semplicemente, Gianni è quasi l’unico che si è sempre ricordato che il pubblico esiste.
mita medici foto di luciano di bacco
Diceva: “La televisione è uno strumento di massa, e così deve essere”. Aggiungeva: “Hanno detto che “Domenica In” è il peggio del nazional popolare? Giusta osservazione. Il contenitore classico si rivolge non dico a diseredati, ma sicuramente a quelle persone costrette a stare a casa, magari di una certa età, magari sole… E su queste lunghezze, tra Bach e Julio Iglesias, vince Iglesias. Mi dispiace, ma è così”. E poi arrivava il toscanaccio sfottente e strafottente: “Anzi neppure mi dispiace: non ho mai pensato di fare programmi intelligenti. Sono consapevole di produrre stronzate, da buttare dopo l’uso”.
La sua arte era un commento assurdo, chiassoso, ironico, di molti nodi cruciali di quel particolare consumismo chiamato ‘arti visive’: il rapporto fra caldo e freddo, alto e basso, fra chincaglieria ed estro; la conciliazione fra merce e manifestazione artistica.
Il nostro Warhol televisivo non si è mai dato arie. Non ha mai chiesto un’intervista, un articolo, una foto in copertina. Era un “ingegnere televisivo” che aveva in comune con Arbore il primo comandamento dell’umorismo: solo chi è preparato ha la possibilità di improvvisare. La prima puntata di “Domenica In” 1986, durata 6 ore, aveva una pagina e mezza di copione.
Funeral Boncompagni: Ambra
Aborriva quel mondo di personaggini che avevano bisogno del “gobbo” per dire “signori, buonasera”. Detestava le “markette” (un libro, un disco, un film da presentare). Conduceva Banfi che aveva fatto un cine-panettone con Cristian De Sica. Malgrado l’avviso, Banfi intervista Cristian sul loro film. Immediatamente parte l’ordine di Bonco ai cameramen di puntare gli obiettivi verso il soffitto dello studio. Banfi cercò di uccidere Gianni che si salvò solo grazie alla porta di regia chiusa a chiave.
Funeral Boncompagni: Arbore
ADDIO A GIANNI BONCOMPAGNI, RAFFAELLA CARRÀ: "MI PORTERÒ DIETRO L'UOMO"
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A varcare la soglia della camera ardente allestita nella sede Rai di via Asiago per dare l'ultimo saluto a Gianni Boncompagni le prime sono state Raffaella Carrà e Ambra Angiolini, le donne più "importanti" del padre della Radio e della tv. "Il sodalizio artistico va bene, sono contenta dei complimenti che gli hanno fatto, ma io ho potuto vivere con lui e godermi Gianni in casa sua con le sue tre figliole. Mi porterò dietro l'uomo", ha detto in lacrime la Carrà.
"Gianni se n'è andato piano piano - ha proseguito - ha avuto un coraggio da leone, è stato molto sereno. Abbiamo potuto ancora ridere e scherzare, abbracciarlo e dargli tanti bacini fino all'ultimo prima di lasciarlo andare".
"Oggi è una giornata tristissima", ha detto Renzo Arbore tra i primi ad arrivare con Marisa Laurito, Benedicta e Brigitta Boccoli, Alba Parietti, Riccardo Rossi, e Nino Frassica. "Gianni Boncompagni rappresenta un pezzo della mia vita, una storia d'amore romantica - è il pensiero di Isabella Ferrari - E' stato un genio anticonformista che ho avuto il privilegio di incontrare, a 17 anni (per il programma tv Sotto le stelle, ndr): a quell'età, se si incontra una personalità di tale portata, si può solo crescere dal punto di vista professionale. E' stato un uomo di grande genialità che ha fatto la storia di radio e televisione".
Barbara Boncompagni, una delle tre figlie, fermandosi brevemente con i giornalisti ha ricordato: "Oggi papà è tornato a casa, non ci poteva essere luogo più perfetto di questo per salutarlo".
marco molendini michele mirabella foto di luciano di bacco
"Che ci avessi preparato un ottimo scherzo per Pasqua non c'erano dubbi: solo tu potevi rubare la scena a Cristo. Grazie nonno, per tutto quello che ci hai insegnato, per averci dato nostra madre, tua figlia, e soprattutto per averci insegnato a scherzare". "Per me sei stato un idolo, un re. Ti voglio bene e rimarrai sempre nella mia anima". Così Mattia e Brando, nipoti di Gianni Boncompagni, nel corso della cerimonia funebre.
I due giovani sono stati preceduti dal commosso intervento di Renzo Arbore, amico e compagno di tante scorribande televisive e radiofoniche di Boncompagni. "Ho chiamato Mario Marenco che vive all'estero per avvertirlo della scomparsa di Gianni - ha rivelato Arbore - ma lui mi ha freddato dicendomi subito: 'quando lo raggiungiamo tutti e quattro?'".
"Per me e' difficile piangere un amico - ha detto Roberto D'Agostino - anche se io per Gianni provavo davvero soggezione: ti poteva fulminare in tre secondi con una battuta. Quando lo vidi la prima volta stavano registrando Bandiera Gialla. Avevo 17 anni e lui 15 anni più di me. Entrai in quello studio e la mia vita cambiò per sempre". "Gianni aveva una sua capacità - ha proseguito D'Agostino - di vedere il mondo. Ad esempio odiava le 'marchette'.
Un giorno a Domenica In doveva essere presentato un cinepanettone con De Sica e Banfi. Lui ordinò dalla camera di regia a tutti i cameraman di puntare le telecamere sul soffitto dello studio invece che sui due attori. Banfi s'infuriò e cominciò a girare per la Dear arrabbiatissimo. Gianni si salvò dalla sua ira solo perché si era chiuso in cabina di regia". Infine, "il ricordo piu' forte che ho di Gianni - ha concluso D'Agostino - sono le sue cene di surgelati che io chiamavo 'bombe epatiche': aveva riempito la casa di frigoriferi e congelava pure l'acqua".
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