1. POLITICA S-PIAZZATA: LA TRISTEZZA PRE-ELETTORALE DEI CANDIDATI AL CAMPIDOGLIO 2. IERI A ROMA, NELLE QUATTRO PIAZZE DEI CANDIDATI AL CAMPIDOGLIO, È ANDATA IN SCENA LA MESTA, DESOLANTE TRISTEZZA DELLA POLITICA ATTUALE: SENZA IDEE NE’ IDEALI 3. MARINO E ALE-DANNO, PIAZZE SEMIVUOTE PER STANCHI CLICHÉ E FINTA ROMANITÀ 4. LE MIGLIORI ERANO QUELLE DI CHI NON VINCERÀ: MARCHINI (CON VENDITTI) E DE VITO
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Mattia Feltri per "La Stampa"
Se ci si mettono gli dèi e gli uomini insieme, sanno combinare danni inenarrabili. Quattro piazze malinconiche ma adeguatamente blindate, il solito sciopero dei mezzi pubblici, due moldavi che litigano in metropolitana e cascano sui binari bloccando la linea A, fin lì miracolosamente funzionante. Poi un vento novembrino che ha abbattuto gli alberi e ostruito alcune strade.
Qualora i fantastici quattro - Ignazio Marino del Pd, Gianni Alemanno del Pdl, Marcello De Vito del M5S e Alfio Marchini di sé stesso - sperassero di conquistare gli indecisi con le rispettive adunate, competitive nella simultaneità , dovranno riconsiderare le loro strategie.
Intanto perché il problema immediato pare piuttosto di contare i decisi, pochini a vedere l'affluenza. Il dato di ieri - oltre alla solita giornataccia della viabilità - è la tristezza infinita delle festicciole, in realtà convocazioni raccogliticce e stanche.
Al Colosseo, sotto l'arco di Costantino, ad ascoltare Alemanno e il suo grande sponsor, Silvio Berlusconi, erano in duemila a essere molto buoni. Pareva la rappresentazione in miniatura della folla oceanica, il presepe del popolo dell'amore, e a dare un minimo di scossa - diciamo così - gli altoparlanti che squassavano la sacralità delle pietre con «Meno male che Silvio c'è».
Come possono i romani avere voglia dell'eterno replay, ancora adesso, tre mesi dopo le Politiche, al centomillesimo appuntamento con le urne che arriva per di più al termine della campagna elettorale più moscia, banale e malinconica del ventennio?
A San Giovanni c'era giusto un po' più di vita grazie ai cantanti sul palco, i cui numeri di telefono stanno tutti nell'agendina di Goffredo Bettini, l'inesauribile totem della sinistra e del Pd romano. Ma anche lì le presenze erano quelle che erano. Senz'altro più che dai rivali di centrodestra sotto il Palatino, e sui quali gli speaker di Marino invocavano la pioggia. Un cliché raggelante e globale.
Le band delle periferie della Capitale salivano sul palco con programmatica spettinatura, barbette pensose, pashmine come divise. Anche bravini, simpatici. Uno cantava così: «Ho avuto tanti uomini...». La perfezione assoluta di stampo equo solidale, insomma. Sul palco si alternavano ragazzi che parlavano il linguaggio dei segni per i sordomuti (in piazza?).
C'era il gonfiabile per i bambini. L'artista che dipingeva il murale. E poi il terrificante recupero della romanità - forse per le polemiche sul genovese Marino - con la profusione dei «daje», dei «famose senti'», dei «nun se ne po' più». Naturalmente gli immancabili stand con le t-shrit sopravvissute a tutto, quelle della guerrilla, del Che, quando dentro alle sedi del Pd gli under cinquanta vanno cercati con la lente. Ma San Giovanni, per come si era abituati, stringeva il cuore.
Intanto al Colosseo arrivava Berlusconi. Svogliato. Con quattro gatti sotto gli occhi. Non ha rinunciato alla piacioneria ganassa, le ragazze belle, oh quanto erano belle, guardate qui, sapete come sono fatto io. Non ha rinunciato nemmeno al tocco evangelico-manageriale: «Andate e convertite le genti».
Troppo facile per Marchini, trainato dal suo campione Antonello Venditti (e delle migliaia di fan del cantautore) rendere il suo parco Schuster, a San Paolo fuori le Mura, più convincente e persino più pop, altro che glamour. Altro che la romanità pretesa di Marino, o la romanità adottiva di Alemanno: lì c'era la romanità der Cupolone di Venditti. E troppo facile vincere per Beppe Grillo, che ha un seguito giovane e ancora incuriosito.
Piazza del Popolo a cinque stelle aveva spazi vuoti, ma mancava un'ora e mezzo alle 21, orario previsto dell'arrivo del comico, e già sotto il palco si accalcavano numerosi in quell'ansia di farsi raccontare un mondo che non s'è mai sentito. Un tipetto piccolo e brioso, una specie di sosia di Paolo Rossi (non il bomber, l'umorista) interrogava quelli sotto sulla velocità della terra. Cioè, sapete voi a che velocità viaggia il nostro pianeta? No che non lo sapevano. Non lo sa nessuno.
Non che non sia interessante ma che c'entra? C'entra, diceva il tipetto, perché la terra si muove a 104 mila chilometri orari e la nozione dovrebbe colmarci di meraviglia per la bellezza del cosmo e la bellezza del nostro corpo, e sarebbe folle lasciare queste bellezze alla gestione della casta. Di tutte le caste. Ecco, i soliti squinternati, verrebbe voglia di dire, ma anche lì, come nel popolo di Marchini, si sentiva sangue scorrere nelle vene. E però le acclamazioni raccontano soltanto una piccola verità , come sempre. Al ballottaggio, dicono i sondaggi (se per una volta ci pigliano) ci vanno Alemanno e Marino con le loro piazze vuote.