IL CINEMA DEI GIUSTI - HO TROVATO “WICKED - PARTE 1”, SORTA DI PREQUEL POLITICO DI "IL MAGO DI OZ", UN PO’ LENTO NELLA PRIMA PARTE, ANCHE SE DOPO LA STORIA SI SEGUE VOLENTIERI, MA FORSE NON SONO LO SPETTATORE IDEALE - IL FILM FUNZIONA NELLA COSTRUZIONE DEL RAPPORTO FRA LA BIONDA ARIANA GRANDE E LA NERA ANGLO-NIGERIANA CYNTHIA ERIVO. E’ ATTRAVERSO QUESTO RAPPORTO CHE I DISCORSI SULL’INTEGRAZIONE, SULLA DIVERSITÀ, SULL’USO DELLA PROPAGANDA PER MANTENERE IL POTERE, CHE CON LA VITTORIA DI TRUMP E DEL SUO PERSONALE MAGO DI OZ, ELON MUSK, DIVENTANO TRAGICAMENTE ATTUALI, PRENDONO VITA… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
«Toto, ho l'impressione che non siamo più nel Kansas!». Beh. Per noi vecchi spettatori che siamo cresciuti con “Il mago di Oz”, quello originale del 1939 diretto da Victor Fleming e da King Vidor, con Judy Garland come Dorothy che non si separa dal suo cane Toto e “Over the Rainbow”, assolutamente pazzi della strega dell’Ovest di Margaret Hamilton forse più che della Glinda della favolosa Billie Burke, ancora fresca vedova di Florenz Ziegfeld jr., morto nel 1932,
“Wicked - Parte 1”, musical kolossal da 145 milioni di dollari e da 160 minuti tratto dall’opera del 2003 di Winnie Holzman e di Stephen Schwartz, autore di tutte le musiche, a sua volta tratto dal romanzo di Gregory Maguire, sorta di prequel politico del capolavoro per l’infanzia di Frank L. Baum, almeno cinematograficamente non ci insegna granché. Certo.
Le due protagoniste, la bionda Ariana Grande come Galinda/Glinda che diventerà la Strega del Nord e la nera anglo-nigeriana Cynthia Erivo come la verde Elphaba, che diventerà la Strega dell’Ovest, sono fantastiche. Pur rifacendosi, soprattutto la Grande, ai modelli delle protagoniste del musical, Kristin Chenoweth e Idina Menzel, portano al film una freschezza, una forza che non potevamo immaginare visto che Ariana Grande è soprattutto una cantante e la Erivo un’attrice inglese non certo di commedia (“Harriet”, “Widows”).
Dove il film funziona anche per me, insomma, è nella costruzione del rapporto fra le due ragazze amiche/nemiche così diverse per tutta la vita. E’ attraverso questo rapporto che qualsiasi discorso, già del musical, sull’integrazione, sulla diversità, sull’uso della propaganda per mantenere il potere, che all’epoca si legavano alla campagna di Bush contro Al Gore e oggi si possono vedere come a quella di Trump&Musk contro Kamala Harris, prendono vita.
Come ha ben spiegato David Rooney su “The Hollywood Reporter”, però “Se hai trovato la versione teatrale di Wicked troppo femminile o schiumoso per i tuoi gusti, o troppo enfatico nel suo messaggio sulla diversità come un bersaglio facile per l'ascesa del fascismo, probabilmente proverai lo stesso per il film”. Perché il film, che ci arriva diviso in due parti, la prima adesso, pronta per la campagna degli Oscar, e vedrete quante nomination avrà, e la seconda il 25 novembre del 2025, non cambia una virgola, leggo, rispetto al musical.
E le canzoni, che in America conoscono a memoria, sono rispettate nella loro integralità. Al regista, il giovane cino-americano Jon M. Chu, che ricorderete per “Crazy Rich Asians” e “In the Heights”, che ha preso il posto dell’inglese Stephen Daldry che preparò il film prima dello scoppio del Covid nel 2019, bastano in fondo questi due elementi per fare del film un successo. Rispetto del musical e la costruzione del rapporto tra i due personaggi principali. Questo è bastato ai critici americani per salutarlo come un grande film americano.
Mettiamoci la chiave politica, che con la vittoria di Trump e del suo personale mago di Oz, Elon Musk, diventa tragicamente attuale, e il quadro è completo. Poco importa la nostra nostalgia per i musical fantasy della MGM di Vincente Minnelli come “Brigadoon”, o le coreografie di Bob Fosse. Ho trovato “Wicked” un po’ lento nella prima parte, anche se dopo la storia si segue volentieri, ma soprattutto mi è sembrato una sorta di vetrina alla Harrod visivamente. Senza profondità. Ma forse non sono lo spettatore ideale del film.
Non conosco neanche le canzoni di Stephen Schwartz, un signore che ha già vinto tre Oscar, responsabile di grandi successi della Disney come “Il gobbo di Notre Dame”, “Pocahontas”, ma anche della miniserie “Fosse/Vernon”. Ieri in sala ho visto una marea di ragazzine (e qualche maschio poco macho) che impazzivano per il film e per i due personaggi principali. Perché è tra le due streghette così diverse, la bionda barbie di Ariana Grande e la verde Erivo, unite dall’amore per lo stesso ragazzo, il Fiyero di Jonathan Bailey, che si gioca il musical.
Pensate solo a come sono inutili i personaggi degli adulti, anche la direttrice della scuola di magia Michelle Yeoh o l’Oz di Jeff Goldblum. Ai vecchi fan del Mago di Oz non resterà che aspettare la Parte II dove tutto dovrà coincidere con la storia di Dorothy e dove capiremo cosa e chi c’è dietro l’Omino di Latta, il Leone, lo Spaventapasseri. Anche se, lo sappiamo bene, quello che conta sono i trucchi e i vestiti delle ragazze. Alla fine appare chiaro che i 160 minuti del film servono a Glinda per costruire l’outfit da Witch of the West di Elphaba. In sala.
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