AMORI E BOLLORI DI CLARISSA BURT: "DOPO LA FINE DELLA NOSTRA STORIA FRANCESCO NUTI NON MI PARLÒ MAI PIÙ. MASSIMO TROISI MI CONQUISTO' CON DELLA LEGNA E MI PROPOSE DI SPOSARLO, RIFIUTAI. QUALCHE MESE PRIMA AVEVO SCOPERTO UN TRADIMENTO. LUI NEGÒ: “TU SÌ PAZZ ”. NON ERA STATA L’UNICA SCAPPATELLA. MI DICEVANO: “DAI CLARISSA, CHIUDI UN OCCHIO”. MA AVREI DOVUTO CHIUDERE ANCHE LE ORECCHIE, LA BOCCA, IL CUORE” – E POI BAUDO, LA CARRA’ LA CANDIDATURA NEL 2004 ALLE EUROPEE CON AN, IL RITORNO IN AMERICA E LE REGOLE SALVAVITA DI OGNI TOP MODEL: “AVERE GRANDE PADRONANZA DEI MUSCOLI ADDOMINALI E DELLA SCHIENA E..”
Giovanna Cavalli per il “Corriere della Sera” - Estratti
Fu subito “battezzata”.
«Era il 1983. Arrivata a Milano da poche settimane. Dividevo un appartamento con altre modelle. Una sera andammo in discoteca. Portai con me una borsettina con le chiavi e tutti i soldi che avevo, più o meno 500 mila lire. Mi alzai per andare a ballare e la lasciai sul tavolino, con due ragazzi appena conosciuti, simpatici. Quando tornai non trovai più né loro né la borsa».
Ecco là.
«Mi era rimasto solo il biglietto di ritorno per gli Stati Uniti. Mamma mi disse: “Vieni a casa”».
Invece Clarissa Burt da Philadelphia restò qui.
«Avevo 24 anni, era il mio sogno».
In italiano sapeva dire solo “ciao” e “arrivederci”.
«Subito dopo, come tutti, ho imparato le parolacce. Giravo per la città a piedi, con la piantina in mano e le scarpe da ginnastica. Il mio look funzionò. Pochi mesi dopo ero sulle passerelle di Milano, Parigi, New York».
Le regole salvavita di ogni top model .
«Avere grande padronanza dei muscoli addominali e della schiena. Per non scivolare in passerella, grattare le suole. Dentro le scarpe attaccare una striscia di scotch biadesivo, per tenerle più aderenti al piede».
Da cosa nasce cosa, si ritrovò in televisione con Raffaella Carrà.
«Mi ospitò a Il principe azzurro, su Canale 5. Mi fecero cavalcare un toro meccanico, fui l’unica a non cadere. Qualche mese dopo mi richiamò per Ricomincio da due , sulla Rai. Cantavo, io che prima di allora al massimo canticchiavo sotto la doccia. Un giorno ci fu un allarme bomba in diretta. Il pubblico fu fatto allontanare. Raffaella rimase in studio. E io con lei. Non potevo lasciarla da sola, non sarebbe stato un gesto nobile».
Poi con Pippo Baudo
«Mi annunciò come “una delle donne più belle del mondo”. Mentre scendevo le scale, mi chiedevo ansiosa: “Sarà vero? Lo penseranno anche i telespettatori?”. Capirai, in platea c’era Ornella Muti».
La figuraccia
«A Serata d’onore, con Jerry Calà ed Elisabetta Gardini. Mancavano cinque minuti al mio ingresso, andai a fare la pipì. Ma l’esibizione prima della mia saltò. Ero in bagno quando sentii partire la musica del mio numero. Panico. Il ballerino, poveraccio, cominciò senza di me. Arrivai in scena col fiatone».
Qui in Italia trovò lavoro e pure l’amore.
«Ho avuto un padre violento, da cui sono fuggita. Per reazione ho cercato uomini brillanti, che mi facessero ridere, di successo. Dolci, di buon carattere».
Come Francesco Nuti
«Lo conobbi a Roma, a una cena di amici, con Christian De Sica che suonava il piano.
Mi riaccompagnò a casa. Siamo stati insieme un anno e quattro mesi. Un gran lavoratore, un animo profondo».
La volle per il suo «Caruso Pascoski».
«Non ero la prima scelta. Aveva cercato altre attrici, compresa Debra Winger. Alla fine prese me ed è andata bene. Ogni due settimane mi portava a Prato da sua madre che stava sempre in cucina e parlava calabrese stretto, non capivo una parola».
Per la prima del film però pagò il biglietto.
«Ci eravamo lasciati ad agosto. Decisione mia. A dicembre Francesco non mi invitò alla proiezione. Non l’aveva presa bene. Ma tra noi si era rotto qualcosa. Andai al cinema Barberini e comprai il posto a sedere. Non l’ho più visto né sentito, mi hanno telefonato quando è morto. Mi dispiace tanto per quello che gli è successo».
Massimo Troisi la conquistò con della legna
«Lo avevo incontrato sempre a una cena. Da poco era finita con Francesco. Vivevo in un residence. Chiacchierando con lui mi lamentai che faceva un freddo tremendo. In una stanza c’era un camino. Gli chiesi: “Dove posso trovare qualcosa per accendere il fuoco?”. Due giorni dopo mi arrivò un camion carico di ciocchi di legna con un biglietto: “Così starai al caldo”».
Cosa le piaceva di lui?
«La dolcezza. Non alzava mai la voce, tranquillo, mi dava grande sicurezza».
(...)
clarissa burt massimo troisi 59
Due tipi casalinghi.
«La sera guardavamo la tv. Io cucinavo torte, gli piaceva quella al cioccolato».
Voleva sposarla.
«Me lo chiese la sera di Natale del 1990. Proprio quel giorno era morto mio nonno.
Volevo partire, ma non c’erano voli. Andai in Vaticano a pregare per lui davanti al presepe. Quando siamo tornati a casa, sotto l’albero c’era una scatolina blu con l’anello».
E lei?
«Gli ho detto di no».
Perché?
«Non me la sono sentita. Venivamo da un periodo difficile. Qualche mese prima avevo scoperto quello che non avrei mai voluto scoprire».
Un tradimento.
«Sì. L’ho saputo dai rotocalchi. In mia assenza si era visto con un’altra, c’erano le fotografie. Ci rimasi malissimo, mi spezzò il cuore. Pensai: “Per lui evidentemente non sono abbastanza”».
Massimo confessò?
«Negò: “ Tu sì pazz ”. Tipico. Quando un uomo ti risponde così vuole dire che l’hai beccato. In seguito ho saputo che quella non era stata l’unica scappatella».
E lei che fece?
«Me ne andai di casa. Poi sono tornata e ci abbiamo riprovato, ma la fiducia in lui non c’era più. Per questo non ho voluto sposarlo».
L’anello glielo ha ridato?
«Mi ha chiesto di tenerlo “come pegno d’amore”. Era un solitario molto bello, ce l’ho ancora. Comunque è stata una grande storia d’amore, gli ho voluto bene lo stesso.
Una volta Enzo Decaro raccontò: “L’unica donna che Massimo ha amato davvero è stata Clarissa Burt”. Mi ha fatto tanto piacere».
Si è mai pentita di quel no?
«Mai. Mi dicevano: “Dai Clarissa, chiudi un occhio”. Ma avrei dovuto chiudere anche le orecchie, la bocca, il cuore”. Non a caso ho scritto un libro sull’autostima».
Nel 2003 diventò cittadina italiana in diretta a «La Talpa» su Raidue.
«Scoppiai a piangere. Ci tenevo tantissimo».
Nel 2004 si candidò alle europee con An. Non eletta.
«Mi avevano assegnato i quattro collegi più rossi d’Italia. Mi chiamò Daniela Santanchè, servivano donne da mettere in lista».
L’anno dopo tornò in Usa
«Mamma stava male, mia sorella era divorziata, avevano bisogno di me. E io qui avevo già fatto tutto, senza avere padroni, presidenti o papi».
Da allora vive a Phoenix, in Arizona. Che fa?
«Scrivo libri. Ho aperto una piattaforma multimediale per aiutare le donne, promuovo una linea di skincare non tossica e una di parrucche per chi ha perso i capelli dopo una malattia. Ho ideato un format per la tv. E sto partecipando al Grande Fratello, in studio ».
Anni fa compilò una lista di sogni da realizzare. Vediamo com’è andata. Una villa.
«Ho una bella casa a Phoenix, non proprio una villa però mi va bene».
(…)
È felice?
«Tanto. Non sono più una bambina, a quasi 66 anni ho imparato a gestire tutto. Ho sofferto e pianto, sono forte e fragile. Ogni giorno ho almeno dieci cose per cui ringraziare l’universo».
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