COME FANNO A ESSERCI 700 OPERATORI SANITARI POSITIVI AL CORONAVIRUS IN LOMBARDIA? PROVA A SPIEGARLO CESARE FALDINI, ORTOPEDICO DI BOLOGNA: ''LA 'DISTANZA DI SICUREZZA' IN OSPEDALE NON ESISTE. CI SONO PRECAUZIONI E PROCEDURE, È VERO, MA OGNI PAZIENTE VA AIUTATO A SPOGLIARSI, VISITATO, GLI VA FATTA UNA RADIOGRAFIA, MESSO A LETTO. SE HA UNA FRATTURA HA BISOGNO DI ASSISTENZA, ANCHE PER BERE UN BICCHIERE D’ACQUA O FARE LA PIPÌ. LE PROCEDURE SONO EFFICACI? I DISPOSITIVI SUFFICIENTI? NON ABBIAMO DATI. DA UOMO DI SCIENZA DICO…''
Approfondire se gli operatori sanitari si sono infettati al lavoro? In risposta al Dr. D’Ancona, Istituto Superiore di Sanità.
Caro Dr. D’Ancona, ascoltare questa frase “Operatori contagiati? Dobbiamo approfondire se l’esposizione (al covid NDR) è avvenuta professionalmente o al di fuori dell’ambiente di lavoro....” qualunque sia stato il suo scopo, credo abbia fatto male a tutti gli operatori sanitari in servizio in questi giorni in ospedale.
Approfondiamo: mentre tutti sono a casa per mantenere la “distanza di sicurezza” e ridurre i rischi di contagio, un esercito di operatori fa girare gli ospedali. La “distanza di sicurezza” in Ospedale non esiste. Ci sono precauzioni e procedure, è vero, ma ogni paziente che arriva va aiutato a spogliarsi, visitato, gli va fatta una radiografia, se va ricoverato va messo a letto. Se ha una frattura non è autonomo ha bisogno di assistenza, anche per bere un bicchiere d’acqua o fare la pipì: se è COVID negativo, a rischio COVID o positivo, non importa, troverà la stessa mano, che lo aiuterà. La mano di un operatore che agisce secondo procedure che riducono, non annullano il rischio.
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Approfondiamo: le procedure sono efficaci? I dispositivi sufficienti? Non abbiamo dati a riguardo. Da uomo di scienza dico gli epidemiologi a emergenza finita diranno se i dispositivi indossati dal personale sono stati efficaci sul rischio di contagio. Per ora vale il buon senso, correndo il rischio. Ciascun operatore agisce con competenza, nessuno si sente al sicuro: “auto-isolati”, tornando a casa non abbracciamo i figli per non propagare il rischio, mangiamo un boccone in solitudine, dormiamo sul divano, una doccia, e si torna in servizio. È domenica, sono fuori turno in ospedale: do una mano e non espongo la famiglia. All’operatore che affronta i suoi rischi professionali con serenità perché fa parte del suo lavoro, si deve riconoscere l’importanza di quello che fa: dalle Sue parole non traspare.
Approfondiamo anche il patto sociale tra la comunità e chi corre rischi: vale per le forze dell’ordine, vale per i magistrati, ma questa emergenza deve insegnare che anche gli operatori della sanità sono esposti in prima linea (e non solo da oggi...).
Approfondiamo che gli operatori sanitari peggio pagati d’Europa (controllare gli stipendi di ausiliari, infermieri fisioterapisti e medici) oggi sono un modello di azione per i nostri vicini di casa Francesi e Tedeschi, riconosciamogli anche solo per questo la gratitudine che meritano: costa meno di un adeguamento di stipendio, ma è ugualmente efficace a tener su il morale.
Approfondiamo infine come stanno i nostri colleghi a casa infettati da COVID, non sono pochi... a noi interessa che la tosse passi, che la febbre vada via, e che tornino presto al lavoro perché abbiamo bisogno di loro; a voi il compito di approfondire come se la sono presa, noi lo sappiamo già.
Cesare Faldini
Direttore Clinica Ortopedica Universita di Bologna
Istituto Ortopedico Rizzoli