CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO - 16 MESI PRIMA DEL CROLLO DEL PONTE LA SOCIETÀ AUTOSTRADE SAPEVA CHE I TIRANTI AVREBBERO POTUTO CORRODERSI, TANTO CHE ALMENO DA FINE 2016 STAVA PROGETTANDO UN MAXI-RESTAURO STRAORDINARIO MA RASSICURAVA LA REGIONE LIGURIA SUL FATTO CHE “NON C'ERA ALCUNA PROBLEMATICA STRUTTURALE O INFRASTRUTTURALE” - IGNORATI I DOSSIER DEL POLITECNICO DI MILANO: "PILONI DEFORMI E CAVI OSSIDATI"
1 - "NON C' È PERICOLO" LE RASSICURAZIONI PRIMA DEL DISASTRO
Roberto Sculli e Matteo Indice per “la Stampa”
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
I cav i si stavano ossidando e i piloni cedevano da anni. Autostrade era stata messa in allerta nel 2001 da un dossier universitario, mentre una consulenza del novembre 2017 avrebbe ulteriormente alimentato le preoccupazioni (come spiegato dall' articolo qui sotto). Ma la società preferì rischiare e rassicurò nero su bianco la cittadinanza: nel 2014 e soprattutto nel 2017, con due documenti di cui si può oggi dare conto.
Nel frattempo l'esame dei primi video conferma il cedimento dei tiranti come probabile causa dello scempio, mentre la Procura è pronta a contestare l' omicidio stradale plurimo, oltre al disastro e all' attentato alla sicurezza dei trasporti già formalizzati nelle ultime ore.
Il carteggio più illuminante di ciò che sta dietro l'apocalisse di Genova ha una data precisa, 21 marzo 2017.
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
Otto giorni prima il consigliere regionale d' opposizione Raffaella Paita (Pd), dato il dilatarsi dei tempi nella realizzazione della Gronda - la bretella che permetterebbe di dribblare il nodo genovese-, e il conseguente sovraccarico del ponte Morandi, chiede al presidente del consiglio regionale Roberto Bruzzone (Lega) e all'assessore alla Protezione civile Giacomo Giampedrone (Forza Italia) di ottenere lumi da Autostrade sulle continue ristrutturazioni alle quali è sottoposto il manufatto, «considerato il particolare contesto urbano in cui è collocato, tale da richiedere assoluta garanzia di sicurezza».
Il tema è urgentissimo e Giampedrone si muove, ripresentandosi in aula a poco più d'una settimana: «Ho sentito personalmente - fa mettere a verbale - Stefano Marigliani (ingegnere e direttore di tronco per Autostrade, ndr ), mi ha comunicato che il viadotto al momento non presenta alcun problema di carattere strutturale e quelle attuali sono opere manutentive ordinarie, mentre sono in corso di progettazione due interventi strutturali da realizzarsi nel 2018, che consisteranno nel rifacimento degli stralli (nome tecnico dei tiranti, ndr ) e impalcati per il rafforzamento (sono proprio le parti che hanno ceduto, ndr ).
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
L'ingegner Marigliani mi ha pregato di riportare questa conversazione informale e tutto verrà inoltrato con una risposta scritta» (che in realtà non è mai arrivata, ndr ). In pratica: 16 mesi prima del collasso la società sa che i tiranti potrebbero corrodersi, tanto che almeno da fine 2016 sta progettando un maxi-restauro straordinario «per il 2018», ma rassicura la Regione sul fatto che «non c' è alcuna problematica strutturale o infrastrutturale».
A novembre 2017 riceve una nuova consulenza allarmante dal Politecnico di Milano, ma non fa altro che circoscrivere la procedura del bando organizzando una più snella gara «ristretta», per partire subito dopo l' estate e finire in 784 giorni (quindi nel 2021 e non nel 2018).
Nessun' altra dichiarazione d' emergenza e nessun blocco parziale del transito sul ponte. Pochi anni prima, 27 novembre 2014, era stato invece il dirigente di Autostrade Alberto Selleri a confortare il Comune in una seduta pubblica del consiglio: «Autostrade ha la concessione sul Ponte Morandi fino al 2038 e deve ridare l' opera in perfette condizioni di manutenzione. Questi interventi verranno eseguiti sperando di causare meno problemi possibili al traffico».
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
2 - IGNORATI I DOSSIER DELL' UNIVERSITÀ "PILONI DEFORMI E CAVI OSSIDATI"
Roberto Sculli e Matteo Indice per “la Stampa”
Il Politecnico di Milano, ingaggiato come consulente da Autostrade per l' Italia, a metà novembre 2017 segnalò un' allarmante disparità di tenuta fra i tiranti che martedì hanno con ogni probabilità ceduto: «È probabile - precisavano gli ingegneri e docenti Carmelo Gentile e Antonello Ruccolo, in una relazione riservata consegnata alla società - che le differenze siano riconducibili a una diversa pre-sollecitazione generata, ad esempio, da fenomeni di corrosione nei cavi secondari, difetti di iniezione, ecc... in particolare gli «stralli» (nome tecnico di ciò che in maniera più generica può definirsi «tirante», ndr ) del sistema numero 9 (uno di quelli crollati, ndr ) si presentano con deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali».
Genova, le case di via Walter Fillak, sotto il ponte crollato
Il report ricevuto da Autostrade nove mesi fa chiudeva un cerchio d' inquietanti consulenze universitarie che si era aperto tra il 2001 e il 2003. Quando la facoltà di Architettura di Genova realizzò un particolare approfondimento sempre sulle caratteristiche degli stralli, anima in metallo circondata da calcestruzzo, i bracci che scendono dalla sommità dei piloni a disegnare una "V" rovesciata e dovrebbero reggere il piano su cui corrono i mezzi.
Genova, le case di via Walter Fillak, sotto il ponte crollato
Giovanna Franco, tuttora in servizio all' ateneo del capoluogo ligure, premetteva nel dossier trasmesso pure ad Autostrade che quel tipo di sostegno aveva manifestato da subito (il ponte fu inaugurato nel 1967) «difetti dovuti alla particolare aggressività dell' ambiente esterno, per la presenza di aerosol marino e d' inquinanti gassosi industriali». È vero che per un trentennio si andò avanti con interventi tampone, ma negli Anni 90 ci si rende conto che la guaina in calcestruzzo impedisce di vedere dentro. E ci si concentra in primis sull' ispezione dei tiranti più vicini al centro di Genova (quelli che hanno retto, ndr).
«La mappatura condotta con elettrodi posti sulla superficie dello strallo ha permesso di valutare il probabile stato di corrosione delle armature al suo interno». E quando finalmente si entra, è uno choc (siamo sempre negli Anni 90): «Le esplorazioni con endoscopio hanno messo in luce il grave stato di ossidazione dei cavi interni: numerosi trefoli (le singole "fibre") erano tranciati o fortemente ossidati, altri erano visibilmente rilasciati lasciando supporre una loro rottura a valle».
Vigili del fuoco al lavoro sulle macerie del ponte Morandi crollato a Genova
Si corre ai ripari con un massiccio rinforzo coordinato da un consulente, Francesco Pisani, ingegnere oggi ottantenne che in precedenza aveva partecipato alla progettazione del viadotto: «Mi chiesero d' intervenire solo sulla campata verso levante (quella che ha ceduto è invece tutta a ponente, ndr ), dicendo che le altre due erano in condizioni accettabili e sarebbero state controllate con attenzione».
Crolla il ponte Morandi a Genova
Nessuno ci ha tuttavia guardato dentro, perlomeno di recente, come si fece nel segmento ristrutturato, sebbene il Politecnico di Milano a novembre 2017 studiando solo la risposta alle sollecitazioni, avesse detto che qualcosa non quadrava. Non è bastato per bloccare la circolazione. Ma evidentemente si era materializzato un deterioriamento analogo a ciò che molto prima si era scoperto sui tiranti all' estremità opposta del viadotto.