“DI FRONTE ALLA SIMPATIA, L’ITALIANO È COME IPNOTIZZATO. NEL CASO CONTRARIO SI È FOTTUTI” – ANTONELLO PIROSO SCRIVE A DAGOSPIA: “AVENDO APPENA LETTO LA NOTIZIA DEL LIBRO DELL'AVVOCATO RAFFAELE DELLA VALLE, DIFENSORE DI ENZO TORTORA CHE NE RICORDA LA VICENDA, E QUELLA RELATIVA AL PREMIO SIMPATIA, ASSEGNATO A UNA GALLERIA DI PERSONAGGI E PERSONAGGETTI TUTTI SIMPATICI, MI PERMETTO DI RICHIAMARE QUI COSA DICEVA PROPRIO TORTORA SUI SIMPATICI E GLI ANTIPATICI DEL RUTILANTE MONDO DELLO SPETTACOLO…”
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Roberto,
avendo appena letto sul tuo sito la notizia del libro dell'avvocato Raffaele della Valle, difensore di Enzo Tortora che ne ricorda la vicenda, e quella relativa al Premio Simpatia, simpaticamente assegnato a una galleria di personaggi e personaggetti tutti simpatici (e non ho motivo di dubitarne), mi permetto di richiamare qui cosa diceva proprio Tortora sui simpatici e gli antipatici del rutilante mondo dello spettacolo.
Passaggio che richiamerò - scusa se approfitto, ma la causa è giusta (l'ingresso è gratuito, si prenota on line) - il 16 giugno prossimo al teatro Gustavo Modena di Genova, quando racconterò il calvario giudiziario di Tortora a 40 anni esatti da quell'arresto che ancora oggi grida vendetta, avvenuto il 17 giugno 1983.
Scriveva Tortora:
enzo tortora raffaele della valle cover
"In un solo caso, in Italia, si è portati a perdonare tutto, e dico tutto. Si può essere matricidi antropofagi, dilapidatori del denaro pubblico, cocainomani in proprio e per conto terzi, stupratori di vergini, ma a un patto: occorre essere SIMPATICI.
Di fronte alla "simpatia", l'italiano è come ipnotizzato. Ma se per un drammatico, fatale opposto, si dà il caso contrario (cioè, l'uomo in questione non risponde a quei canoni che per certi italiani sono sacri: dare del tu a tutti, avere certe amicizie a corte, scodinzolare di fronte a chiunque, possedere una verità privata e una pubblica, inchinarsi agli eminentissimi, accettare i soprusi, quando vengono dall'alto, con devota rassegnazione, essere beceri e triviali quel tanto che basta), allora nella terra di Giustiniano si è fottuti.
La sera del mio arresto un altissimo dirigente comunista che banchettava a Napoli per non so quale convegno salutò l'evento con questo testuale commento: "Finalmente ce lo siamo levato dai coglioni".
Gli ero "antipatico", evidentemente. Non avevo una mia morale, accanitamente perseguita in tutta la mia vita. No, io ero un "moralista".
Perchè da noi questo succede. Abituati a misurare gli altri con il metro di se stessi, i delinquenti reputano impossibile che uno faccia o dica semplicemente le cose in cui crede.
No: ci deve essere sempre un risvolto, un interesse, una vena di ipocrisia. Ed ecco nascere la mia "leggenda nera", la broda della mia biografia immaginaria e immonda".
Ciao.
Antonello Piroso
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