APOCALISSE BATTERIOLOGICA - UNO STUDIO INGLESE RIVELA: NEL 2050 DIECI MILIONI DI PERSONE POTREBBERO MORIRE PER INFEZIONI PER LE QUALI NON CI SARANNO FARMACI ADEGUATI (PIU’ DEL CANCRO). LA RICERCA SUI NUOVI ANTIBIOTICI E’ FERMA: NON SONO ABBASTANZA REDDITIZI
Elena Dusi per “la Repubblica”
I batteri diventano sempre più resistenti ai nostri antibiotici. E nel 2050, avverte un rapporto britannico, le infezioni per le quali non avremo farmaci a disposizione potrebbero uccidere 10 milioni di persone: una ogni tre secondi. Ancora più del cancro, per il quale si prevedono 8 milioni di vittime all’anno.
A lanciare l’allarme da Londra è il rapporto Review on Antimicrobial Resistance,
chiesto dal premier David Cameron a metà del 2014. Da quando il progetto è partito, un milione di persone sono morte per la mancanza di un farmaco adatto alla loro infezione.
Lo studio è stato affidato alla fondazione Wellcome Trust per l’aspetto medico e scientifico, ma a coordinare il progetto è stato l’economista Jim O’Neill.
Che, accanto agli allarmi, ha pensato di inserire possibili misure finanziarie per affrontare il problema. «Se non lo faremo entreremo in un nuovo Medioevo, che costerà la vita a molti», ha detto. «Stiamo affrontando un nemico che diventa sempre più potente con un arsenale sempre più scarso». La resistenza agli antibiotici è «una minaccia per la nostra sicurezza e per la nostra economia».
Nel 2050, spiega Lord O’Neill, si calcola che la resistenza agli antibiotici costerà al mondo 100mila miliardi di dollari (inclusi i costi indiretti di mancata produttività dei malati). La ricerca scientifica di base dovrebbe dunque essere finanziata, e subito, con 2 miliardi di dollari, raccolti anche tassando le case farmaceutiche che non fanno ricerca per sviluppare nuovi farmaci (idea già respinta da molte aziende, che l’hanno definita «punitiva»).
«Chiederò agli altri ministri di studiare un approccio comune con medici e industrie », ha aggiunto il ministro dell’Economia inglese, George Osborne. Per ogni nuovo antibiotico scoperto, le case farmaceutiche andrebbero premiate con un miliardo di dollari, suggerisce ancora Lord O’Neill.
Incentivi simili faciliteranno la diffusione di test per capire chi ha effettivamente bisogno di questi farmaci, riducendo le prescrizioni improprie per febbri o raffreddori causati da virus (contro i quali gli antibiotici sono completamente inefficaci). Laddove un’infezione possa essere combattuta con un vaccino, questa strada dovrebbe poi essere incentivata.
L’uso di antibiotici nell’allevamento, secondo il rapporto, dovrebbe essere regolamentato, con il divieto assoluto di usare per gli animali gli antibiotici definiti «essenziali» per la salute umana. Spesso infatti questi farmaci vengono usati più per far aumentare il peso di mucche e maiali che per curarne le malattie.
Negli Stati Uniti, il 70% degli antibiotici smerciati è usato per l’allevamento, e una delle soluzioni suggerite è che sulle etichette della carne venga indicata la quantità di antibiotici somministrata agli animali.
Più gli antibiotici vengono usati, più la selezione genetica “premia” i batteri capaci di sopravvivergli. Dall’altra parte, la ricerca farmaceutica fatica a trovare nuovi prodotti e dagli anni ’80 a oggi non si è fatto alcun progresso sostanziale. «Sono decenni che non vediamo una nuova classe di antibiotici», lamenta O’Neill. «È compito dei politici fare qualcosa».
Gli antibiotici sono considerati difficili da sviluppare e non particolarmente redditizi. I ricavi ammontano a 4,7 miliardi di dollari all’anno nel mondo. L’equivalente, fa notare lo studio, di uno solo dei farmaci anti-cancro più diffusi.
In un eventuale “nuovo Medioevo” della medicina, ogni piccolo intervento chirurgico o la chemioterapia farebbero rischiare un’infezione letale. «Le infezioni oggi — ha spiegato Sally Davies, “medico in capo” della Gran Bretagna — causano il 7% dei decessi. Senza antibiotici, questa percentuale potrebbe raggiungere il 40%».
Le raccomandazioni di un solo paese come la Gran Bretagna difficilmente potranno fare la differenza. Per questo O’Neill ha chiesto a G7, G20 e Nazioni Unite di «agire davvero, già da quest’anno».